𝗜𝗹 𝗦𝗶𝗻𝗱𝗮𝗰𝗼, 𝘃𝗶𝘀𝘁𝗮 𝗹𝗮 𝗺𝗮𝗹𝗮 𝗽𝗮𝗿𝗮𝘁𝗮 𝗮𝗻𝗻𝘂𝗻𝗰𝗶𝗮𝘁𝗮 𝗮𝗹𝗹’𝗮𝘃𝘃𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗺𝗮𝘅𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗱𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗯𝗶𝗼𝗺𝗲𝘁𝗮𝗻𝗼 𝗱𝗮 𝗿𝗲𝗳𝗹𝘂𝗶 𝘇𝗼𝗼𝘁𝗲𝗰𝗻𝗶𝗰𝗶, 𝘀𝗰𝗲𝗴𝗹𝗶𝗲 𝗱𝗶 𝗴𝗶𝗼𝗰𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝗰𝗮𝗿𝘁𝗮 𝗺𝘂𝘀𝗰𝗼𝗹𝗮𝗿𝗲; 𝘂𝗻𝗮 𝗽𝗿𝗼𝘃𝗮 𝗱𝗶 𝗳𝗼𝗿𝘇𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗮 𝗮𝗹𝗺𝗲𝗻𝗼 𝗯𝗶𝗹𝗮𝗻𝗰𝗶𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗲 𝗰𝗿𝗶𝘁𝗶𝗰𝗵𝗲 𝗲 𝗮𝘇𝘇𝗲𝗿𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗱𝗶𝘀𝘀𝗲𝗻𝘀𝗼 𝗮𝗹𝗹’𝗶𝗻𝗶𝘇𝗶𝗮𝘁𝗶𝘃𝗮. 𝗔𝗽𝗽𝘂𝗻𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗮𝗹𝗹𝗲 𝟮𝟭 𝗽𝗿𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗶𝗹 𝘀𝗮𝗹𝗼𝗻𝗲 𝗽𝗮𝗿𝗿𝗼𝗰𝗰𝗵𝗶𝗮𝗹𝗲
Sale la tensione per l’incontro di questa sera a San Paterniano, annunciato tutt’altro che amichevole, tra i cittadini della piccola frazione e una sfilza di agricoltori e camionisti convocati sul posto dal passa parola del Sindaco PIRANI.
Una presenza esterna, quella degli agricoltori e dei “padroncini” autoconvocatisi per le ore 21 presso il salone parrocchiale che – agli occhi dell’Amministrazione comunale – sarebbe dovuta fungere da autentica sorpresa a bilanciare il malumore dei pochi confinanti e degli agguerriti residenti, uniti dal terrore di dover sopportare, oltretutto a gratis, miasmi e olezzi di ogni tipo, tanto biologici quanto sgraditi all’olfatto pure di narici bene allenate.
Svanito l’effetto sorpresa (al pari di un sopralluogo pomeridiano, al memento in corso, ai due impianti di via Coppa e via Jesina che il Sindaco avrebbe voluto tenere ben segreto) resta confermata la prova muscolare che, nella idea costruita a tavolino da PIRANI, dovrebbe servire a trasformare le risultanze di una netta sconfitta da 4-0 in una situazione di sostanziale pareggio, tipo 2 a 2 che possa, in qualche modo, fornire l’assist all’Amministrazione comunale per approntare una soluzione che tenga conto delle ragioni degli uni ma anche degli altri.
Sempre che la riunione, altamente a rischio ordine pubblico, non debba degenerare sul piano del confronto fisico, ingarbugliando vieppiù una vicenda affrontata, da ambo le parti, almeno inizialmente, con il desiderio di fregarsi a vicenda.
Nodo del contendere l’avvio di due mega produzioni, distanti l’una dall’altra appena due-tre chilometri, targate SGR (Rimini) ovvero la parte privata largamente maggioritaria di Astea energia, intenzionata a realizzare una doppia centrale di trasformazione di reflui zootecnici in biometano.
Stando all’accesso agli atti già effettuato dai cittadini, il progetto prevede per le due location un ampliamento della capacità di ricevere e trasformare biomasse organiche pari a 52.000 tonnellate per ciascun impianto (non vorremmo aver riportato uno sproposito, ma così è scritto nel documento), ovvero tre volte tanto la capacità teorica attuale di ciascun impianto.
Una autentica marea di biomasse di cui almeno il 40% di origine animale e dato da “pollina” (scarti di allevamenti avicoli intensivi), oltre ad una piccola parte di liquami.
Cosa di sarebbe di strano, puzze a parte, in codesta attività industriale, da preoccupare a mille l’intero abitato di San Paterniano?
Parrebbe non molto, almeno a giudicare dalle “paure” espresse in linea di principio e che verterebbero sul disagio, per i locali, di dover convivere con una lunga teoria di aumentato traffico pesante su strada, dato dalla necessità di trasportare in loco i rifiuti agricoli di mezza provincia o più.
Quali, secondo gli addetti ai lavori neutrali, i pro e i contro dell’operazione?
A favore della produzione di biometano troviamo, in primis, la trasformazione dei rifiuti organici in risorse, risolvendo in parte il problema dello smaltimento dei rifiuti organici; il biometano è inoltre un ottimo alleato alla voce “diversificazione energetica”; ergo favorisce un modello di economia circolare, usando per produrre energia ciò che, altrimenti, sarebbe rimasto un semplice rifiuto; infine il biometano così prodotto, trasformando residui ad oggi in gran parte non utilizzati, arricchisce l’offerta delle cosiddette fonti rinnovabili (inserendosi di diritto nel pacchetto della cosiddetta “transizione ecologica”) garantendo una alta efficienza energetica.
Non sono però solo rose e fuori, presentando la questione situazioni di contorno arginabili con giusti indennizzi e magari progettando alternative viarie più adatte a sopportare un diverso livello di traffico.
Tre, in effetti, gli svantaggi da ben calibrare in fase di avvio di produzione: l’utilizzo di biomasse negli impianti a biometano produce spesso cattivi odori; quando l’impianto, come nel caso di San Paterniano, si trova lontano dal luogo in cui verranno recuperate le biomasse, il loro trasporto contribuirà a rilasciare nell’aria emissioni di anidride carbonica; terzo ed ultimo aspetto (in questo caso non riguardante i due impianti osimani che possono godere di spazi adeguati) la necessità di grandi spazi edificabili, quantificabili in genere in almeno 300 ettari a disposizione.
Insomma parrebbe davvero che la vicenda, se epurata da interessi politici (che anziché contribuire ad appianare la situazione appaiono schierati a bella posta per farsi la guerra), dovrebbe interessare il giusto la popolazione, fatto salvo i vicini ed eventuali situazioni particolari.
Così però non sarà.