“Il 22% DI IVA SUI PANNOLINI, LE OSIMANE NON CE LA FANNO!”
LA FLAMINI (PD) PALADINA DEGLI ASSORBENTI A COSTO POLITICO

“Il 22% DI IVA SUI PANNOLINI, LE OSIMANE NON CE LA FANNO!” LA FLAMINI (PD) PALADINA DEGLI ASSORBENTI A COSTO POLITICO

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45 minuti di Consiglio comunale per votare, oltretutto solo a maggioranza, il più inutile degli Ordini del giorno: auspicare l’abbassamento dell’imposta sul valore aggiunto al 4%. Per la consigliera dem esisterebbe “una popolazione femminile non in grado di sostenere l’acquisto di questi prodotti!”


Tre quarti d’ora di tempo, per fortuna sotto pagato, buttato nel cesso! Il termine, magari, non risulterà esattamente elegante ma almeno pare in linea con l’argomento discusso, per ben 45 inutili minuti, sabato mattina in Consiglio comunale: l’insopportabile iva al 22% sui pannolini femminili!!!
A parere della consigliera Eliana FLAMINI (Pd), prima firmataria di un ordine del giorno da Guiness dei primati (alla voce inutilità), molte ragazze osimane, marchigiane e italiane davvero non ce la fanno, ogni volta e per almeno 30 anni di fertilità, a sostenere spese mensili (aggravate da un’Iva pari ai beni di lusso) per acquistare pannolini, assorbenti e quant’altro utile a regolamentare il benefico flusso femminile; mestruo che, per pochi spicci spesi in età giovanile, in vecchiaia poi regala alle donne, da sempre, 5/6 anni di vita in più gratis.

La Consigliera del PD Eliana FLAMINI in video conferenza durante il Consiglio Comunale di sabato

Insomma il problema, se non serio, è almeno comico… pari quanto la pretesa che un banale ordine del giorno, votato a maggioranza nella nostra Osimo, possa chissà come giungere a Roma e financo preso a linea guida del Governo Conte per una diversa tassazione Iva al 4%!
Senza contare che il governo a guida Pd conosce già dal 2016 una proposta per ridurre l’imposta sul valore aggiunto a cui ora si appella anche il Pd di casa nostra… Insomma, cari dem, mettetevi d’accordo tra voi; e le osimane faranno meglio e prima.
Comprendere poi quale differenza passi, provando a prendere per un attimo sul serio la questione, contestare l’Iva al 22% per i pannolini mestruali e accettare per normale la stessa percentuale quando il pannolino, anzichè raccogliere sangue deve invece contenere la pipì dei neonati o la popò dei nostri nonni, è esperienza mentale su cui per prudenza non ci avventuriamo, fidandoci ciecamente dell’ordine del giorno della FLAMINI.
Tornando seri, i pannolini femminili sono un prodotto di larghissimo consumo, apparentemente l’unico sul mercato non considerando le coppette mestruali praticamente sconosciute.
Assorbenti e soci, volendone fare in breve la storia, sono nati dalle nosre parti nel 1888 ma rimasti inutilizzati per decenni perché troppo costosi.
I pannolini, come li conoscono le nostre signore oggi, ovvero quelli con la striscia adesiva sul lato esterno, sono comparsi molto più tardi, attorno al 1980 e da allora, per quarant’anni, non si sono evoluti molto. Anche perché non ne hanno avuto la necessità.
Sono cambiati i materiali, le forme, gli spot, ma più per adattarsi al costume e ai dettami delle norme giuridiche che a quelli di un mercato sempre fiorente.
Diamo qualche numero. In Italia sono circa 20 milioni le donne in età mestruale. Ognuna ha il ciclo per più o meno 30 anni, circa 13 volte l’anno. Fanno circa 500 volte in una vita, pari ad oltre 2.000 giorni di mestruazioni.
Per non parlare del mondo dove l’impatto è ancora più impressionante con 3 miliardi di donne potenziali elettrici di Eliana FLAMINI, eroina del pannolino detassato per tutte.
Dicevamo del 1980. Da allora ad oggi gli assorbenti non sono cambiati, perché? Semplice la risposta: la domanda è inesauribile e la concorrenza, in pratica, non esiste!
Ci sarebbe in commercio, anzi c’è, la coppetta mestruale, in vendita giusto dal 1920. Ma alzino la mano le donne, figuriamoci gli uomini, che dopo un secolo hanno idea di cosa parliamo.
Eppure la coppetta, realizzata in silicone o morbido materiale anallergico, è il prodotto ritenuto migliore e moderno per l’igiene intima femminile.
Facile da usare, rispetta l’ambiente e se usata correttamente può durare fino a 15 anni. Costa attorno ai 30 euro, a fronte dei circa 3.000 euro che si spendono per i 12.000 assorbenti usati in media da una donna durante la vita; ciò nonostante il suo utilizzo è ridottissimo.
Purtroppo i pochi acquisti ne fanno un modello di business “debole”. Tanto che i ristretti margini costringono le aziende che le producono a non investire in pubblicità.

Pannolini femminili, questo miraggio…

C’è da dire che il basso consumo è giustificato anche da motivazioni pratiche: l’inserimento manuale nella vagina richiede una familiarità col proprio corpo tutt’altro che banale, soprattutto se si avvicina alla coppetta in età più adulta.
Così, nonostante il bilancio faccia pendere l’ago dal lato della coppetta mestruale (fa bene alle donne e all’ambiente), diffonderne l’uso sinora non è stato di interesse pubblico.
Come mai? Beh, occorre fare i conti proprio con lo Stato italiano a cui la FLAMINI e la maggioranza pugnaloniana si è appellata. Una vera e propria “lobby trasversale degli assorbenti”! Avete idea del business che, solo in Italia, tutti i giorni gira intorno all’acquisto di 200 milioni di assorbenti al mese? Meglio non fare i conti e soprattutto non dirlo a Conte!
Una cifra a molti zeri di cui l’Iva al 22% costituisce un ghiotto ingresso sicuro, tra i pochi gettiti sicuri su cui il nostro povero Paese può contare e che la FLAMINI & PUGNALONI, giusto in tempo di Covid e quanto significa per la povera economia tricolore, vorrebbero mettere in discussione!

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