𝗠𝘂𝗵𝗮𝗺𝗺𝗲𝗱 𝗔𝗹𝗶 𝗥𝗮𝘇𝗮, 𝗽𝗮𝗸𝗶𝘀𝘁𝗮𝗻𝗼 𝗱𝗮 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲 𝗿𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗮 𝗙𝗶𝗹𝗼𝘁𝘁𝗿𝗮𝗻𝗼 𝗰𝗼𝗻 𝗹𝗮 𝗳𝗮𝗺𝗶𝗴𝗹𝗶𝗮, 𝘀𝗶 𝘁𝗿𝗼𝘃𝗮𝘃𝗮 𝗶𝗻 𝗰𝗮𝗺𝗽𝗲𝗴𝗴𝗶𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝟭° 𝗠𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼 𝗽𝗿𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗶𝗹 𝗽𝗮𝗿𝗰𝗼 𝗻𝗮𝘁𝘂𝗿𝗮𝗹𝗲. 𝗟𝗮 𝘁𝗿𝗮𝗴𝗲𝗱𝗶𝗮 𝗮𝘁𝘁𝗼𝗿𝗻𝗼 𝗺𝗲𝘇𝘇𝗼𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗼 𝗾𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗶𝗹 𝗿𝗮𝗴𝗮𝘇𝘇𝗼 – 𝘂𝗻𝗶𝘃𝗲𝗿𝘀𝗶𝘁𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗮𝗱 𝗨𝗿𝗯𝗶𝗻𝗼 𝗶𝗻 𝗚𝗶𝗼𝗿𝗻𝗮𝗹𝗶𝘀𝗺𝗼 – 𝘀𝗶 𝗲̀ 𝗶𝗺𝗺𝗲𝗿𝘀𝗼 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗴𝗲𝗹𝗶𝗱𝗲 𝗮𝗰𝗾𝘂𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝘁𝗼𝗿𝗿𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗿𝗶𝗺𝗮𝗻𝗲𝗻𝗱𝗼 𝗯𝗲𝗻 𝗽𝗿𝗲𝘀𝘁𝗼 𝘃𝗶𝘁𝘁𝗶𝗺𝗮 𝗱𝗶 𝘂𝗻 𝗴𝗼𝗿𝗴𝗼 𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗳𝗼𝗿𝘁𝗲 𝗰𝗼𝗿𝗿𝗲𝗻𝘁𝗲. 𝗜𝗹 𝗰𝗼𝗿𝗽𝗼 𝘀𝗲𝗻𝘇𝗮 𝘃𝗶𝘁𝗮 𝗿𝗶𝘁𝗿𝗼𝘃𝗮𝘁𝗼 𝘁𝗿𝗲 𝗼𝗿𝗲 𝗱𝗼𝗽𝗼 𝗱𝗮𝗶 𝘀𝗼𝗺𝗺𝗼𝘇𝘇𝗮𝘁𝗼𝗿𝗶 𝗴𝗶𝘂𝗻𝘁𝗶 𝗱𝗮 𝗕𝗼𝗹𝗼𝗴𝗻𝗮. 𝗜𝗹 𝗰𝗼𝗿𝗱𝗼𝗴𝗹𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗦𝗶𝗻𝗱𝗮𝗰𝗼 𝗟𝘂𝗰𝗮 𝗣𝗮𝗼𝗹𝗼𝗿𝗼𝘀𝘀𝗶 𝗽𝗿𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗶𝗹 𝗰𝘂𝗶 𝗹𝗮𝗯𝗼𝗿𝗮𝘁𝗼𝗿𝗶𝗼 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗮𝗻𝗼 𝗱𝗮 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗽𝗮𝗽𝗮̀ 𝗲 𝗹𝗼 𝘇𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗽𝗼𝘃𝗲𝗿𝗲𝘁𝘁𝗼. 𝗜𝗺𝗽𝗲𝗴𝗻𝗮𝘁𝗼 𝗻𝗲𝗹 𝘀𝗼𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲 𝗲 𝗶𝗻 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗶𝗰𝗼𝗹𝗮𝗿𝗲 𝗻𝗲𝗹 𝗺𝗶𝗴𝗹𝗶𝗼𝗿𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗻𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗶 𝗱𝗲𝘁𝗲𝗻𝘂𝘁𝗶 𝗶𝗻 𝗰𝗮𝗿𝗰𝗲𝗿𝗲, 𝗔𝗹𝗶 𝗥𝗮𝘇𝗮 𝗻𝗼𝗻 𝗳𝗮𝗰𝗲𝘃𝗮 𝗺𝗶𝘀𝘁𝗲𝗿𝗼 𝗱𝗲𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶 𝗲𝗿𝗿𝗼𝗿𝗶 𝗴𝗶𝗼𝘃𝗮𝗻𝗶𝗹𝗶, 𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮𝗻𝗱𝗼𝗹𝗶 𝗮𝗱 𝗲𝘀𝗲𝗺𝗽𝗶𝗼 𝗱𝗮 𝗻𝗼𝗻 𝗶𝗺𝗶𝘁𝗮𝗿𝗲
Muhammad ALI RAZA, 31 anni, pakistano emigrato a Filottrano dal 2001, era iscritto al secondo anno del triennio universitario urbinate riservato agli aspiranti sceneggiatori, copywriters, giornalisti, redattori, consulenti pubblicitari, organizzatori di eventi, social media manager, e più in generale, “produttori di contenuti” per cinema, radio, televisione e web.

Un passato difficile alle spalle, da un paio di anni aveva lasciato la famiglia a Filottrano – in particolare il papà Bashir e lo zio Naseer, esempi di integrazione presso l’atelier di Luca PAOLOROSSI – per trasferirsi nel capoluogo universitario allo scopo di perfezionare con un titolo di studio quella che, oltre la propria passione civile, poteva costituire un interessante sbocco lavorativo.
Il ragazzo, purtroppo, è morto annegato nella giornata del 1° Maggio, attorno mezzogiorno, immergendosi nelle acque insidiose del Candigliano, presso la riserva naturale del parco del Furlo, presa d’assalto da nugoli di famiglie per il classico fuori porta dei Lavoratori, vittima di un gorgo che ha attratto il ragazzo a morte, una volta sceso in acqua.

La zona, particolarmente insidiosa, pari alla bellezza abbacinante dei luoghi, non è purtroppo nuova a simili episodi costati la vita, da ultimo, ad un ragazzo 17enne, alcuni anni fa.
Non è chiaro se Muhammad abbia raggiunto il luogo, nel Comune di Acqualagna, da solo o in comitiva di amici universitari. O se si trovasse già sul posto, in campeggio libero.
Di fatto, all’altezza della spiaggia della Golena, il ragazzo ha sentito l’esigenza di tuffarsi in acqua in una zona, stretta tra la Gola del Furlo, in cui il Candigliano viaggia in genere trasportato da correnti e vortici di significativa importanza e con una portata d’acqua fino a tre metri, di pericolo se non valenti nuotatori.
Di fatto, stando a quanti hanno assistito alle drammatiche sequenze e primi nell’attivare l’allarme, Muhammad non appena in acqua, non è più riuscito a rimanere a galla, chiamando subito aiuto per poi finire inghiottito dalle limpide e fredde acque color cobalto, prima ancora che qualcuno abbia potuto pensare a come intervenire.

Non vedendolo riemergere, ai testimoni della tragedia, si era ormai attorno le 12.30. non è rimasto altro che attivare il 112 per le ricerche del caso, affidate ai Vigili del Fuoco di Cagli, supportati da una squadra fluviale fatta giungere da Pesaro.
Sul posto, in breve, anche due elicotteri inviati al Furlo da Arezzo e da Bologna, insieme ad una squadra di sommozzatori, attivati quando si è compreso, ben presto, che per il pakistano non ci sarebbe stato nulla da fare.
In effetti, a tre ore dalla tragica immersione in acqua, è toccato proprio ai sommozzatori bolognesi rintracciare sul fondo del fiume il corpo del pakistano, per poi recuperarlo a riva ormai esanime.

A piangerlo, una volta che quel corpo è stato identificato e si è avuto certezza trattarsi di Muhammad ALI RAZA, gran parte di Filottrano che per venti anni ha visto crescere il ragazzo. Portavoce della costernazione dell’intera comunità filottranese, attraverso i social, il Sindaco Luca PAOLOROSSI il quale come Primo cittadino e datore di lavoro dei familiari del giovane, ha speso parole di sincera partecipazione.
“Stamattina, sin dalle prime ore, siamo stati catapultati in una sensazione di sgomento… Tutta la comunità di Filottrano – ha scritto PAOLOROSSI sulla propria pagina Fb – si stringe alla comunità pakistana residente nel nostro territorio; e non solo.
Ero molto legato ad Alì e alla sua famiglia. Arrivati a Filottrano nel 2001, si sono integrati perfettamente nella nostra comunità. Persone laboriose, persone per noi veramente importanti, oltre che per lo sviluppo delle nostre aziende.

Bashir, suo padre, mio capo sarto da più di 20 anni. Naseer, suo zio, responsabile dello stiro.
Ecco questi sono gli extracomunitari che tutti i cittadini e tutti i Sindaci vorrebbero: gente di poche richieste e tanta fatica e rispetto
Faccio le condoglianze a tutta la comunità islamica e a quella pakistana in particolare. Abbraccio forte la famiglia”.
Poi, riprendendo un versetto musulmano, PAOLOROSSI ha concluso:
“Ogni anima assaggerà la morte. Possa Allah, il Signore dei mondi, concedergli un alto posto nel Paradiso. Possa Allah concedere pazienza e grande ricompensa ai familiari. Amen”.
Provetto giornalista, sensibile al sociale, Muhammed ALI RAZA, collaborava, ad Urbino, con RIVISTA MALAMENTE, foglio di lotta e critica del territorio.
Proprio ALI RAZA, nel gennaio dello scorso, si era reso protagonista di una lettera aperta senza infingimenti, un intervento al microfono in piazza Cavour, ad Ancona, nell’ambito di una manifestazione a favore della verità su Matteo CONCETTI, giovane detenuto 23enne, suicidatosi in carcere in una cella di Montacuto che in passato aveva già ristretto il pakistano.
“Salve, sono Muhammad ALI RAZA, un ex detenuto di Montacuto e Barcaglione, i due carceri di Ancona.
È la prima volta che mi presento così, direttamente. Di solito non lo faccio perché in questa società se lo dici è come se precludi la possibilità di conoscere la persona che sono veramente.
Io non sono una decisione presa in cinque minuti un pomeriggio di sette anni fa (2017, NdR.), preso dall’ingenuità (arrestato a Passatempo, insieme ad un marocchino, per l’estorsione di 200 euro ad un minorenne per hashish non pagato, NdR.)
Io non sono la cupidigia di arraffare qualcosa da uno scaffale dodici anni fa (2012, NdR.).

Io sono un uomo che conosce il valore del lavoro e della fatica, della fugacità e della preziosità della vita e che non può trovare un bene più grande se non lasciare il mondo un posto migliore rispetto a come l’ho trovato, in onore a chi ha fatto lo stesso prima di me.
Penso che per portare un cambiamento al sistema della detenzione carceraria e di qualsiasi altro sistema di “simil-detenzione”, come i Centri di permanenza e rimpatrio, CPR, sia necessaria una coscienza diffusa da parte della società tutta.
Non siamo reietti, non siamo spazzatura da rinchiudere in quattro mura come fossimo errori da dimenticare; siamo esseri umani come voi tutti.
Non può essere una scelta sbagliata a definirci per il resto della vita. Non siamo dei trofei da portare in gloria, come fecero con me alcuni agenti dei Carabinieri che mi arrestarono; non siamo un articolo di cronaca da incorniciare di falsità diffamatorie per ottenere delle views.
Non dico che certe cose non accadano, ma ciò di cui vi parlo l’ho vissuto sulla mia pelle.
Non penso sia una responsabilità solo dello Stato risolvere la questione sulla detenzione e le condizioni dei detenuti; è una questione che riguarda tutti.
Ahimè, grazie al carcere, mi sono posto alcune domande, prima fra tutte: “Come possono degli uomini miei pari trattarmi in questo modo?”
Il carcere non è un posto in cui vorreste finire. Possono capitare notti in cui non dormi perché hai paura che il compagno di cella, con cui hai avuto dei diverbi, ti venga ad assaltare se ti addormenti; e nessuno ti difenderà se accade.
Il carcere è l’ultima trincea della società contro le sue debolezze, quella che hanno abbandonato tutti. Dopo di questa c’è soltanto una terra desolata di pregiudizi e tabù.

Riguardo al caso di Matteo CONCETTI, immagino come si deve essere sentito, nella cella in cui si è trovato in isolamento, solo, durante le ore d’aria, a passeggiare in una specie di corridoio scoperchiato (20 metri per 5) di cemento grigio.
E se non aveva il piacere della lettura o del movimento, lo immagino solo con le sue paranoie. Mi dispiace che nessuno sia riuscito a comprenderlo, ma non mi sorprende.
Lì sono abituati così. Il carcere non è una cosa facile nemmeno per le guardie, molte volte non possono far niente se i detenuti non ricevono da mesi la risposta del magistrato di sorveglianza o un colloquio con l’educatore, che può favorire l’accesso a percorsi di rieducazione, quindi a misure alternative alla pena.
A volte è capitato che alcuni detenuti si autolesionino per ricevere attenzione, per avere un colloquio con “chi conta”… il Direttore del carcere, l’Ispettore o il Comandante…”.
Continua…
𝗛𝗔𝗜 𝗚𝗥𝗔𝗗𝗜𝗧𝗢 𝗟𝗔 𝗟𝗘𝗧𝗧𝗨𝗥𝗔 𝗗𝗜 𝗤𝗨𝗘𝗦𝗧𝗢 𝗔𝗥𝗧𝗜𝗖𝗢𝗟𝗢?
𝗔𝗹𝘁𝗿𝗲 𝘃𝗼𝗹𝘁𝗲 𝗵𝗮𝗶 𝗮𝗽𝗽𝗿𝗲𝘇𝘇𝗮𝘁𝗼 𝗾𝘂𝗮𝗻𝘁𝗼 𝗵𝗮𝗶 𝘀𝗰𝗼𝗽𝗲𝗿𝘁𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗼… 𝗼 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗹𝗲𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗶 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗶𝗰𝗼𝗹𝗮𝗿𝗶 𝗳𝗼𝗻𝗱𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗮𝗹𝗶 (𝗱𝗼𝘃𝗲, 𝗰𝗼𝗺𝗲, 𝗰𝗵𝗶 𝗲 𝗾𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼) 𝗰𝗵𝗲 𝗰𝗮𝗿𝗮𝘁𝘁𝗲𝗿𝗶𝘇𝘇𝗮𝗻𝗼 𝗹𝗮 𝗻𝗼𝘁𝗶𝘇𝗶𝗮?
𝗟𝗮 𝗿𝗶𝘀𝗽𝗼𝘀𝘁𝗮 𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗻𝗼𝘀𝗰𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗴𝗶𝗮̀.
𝗣𝗲𝗿 𝗴𝗿𝗮𝘁𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝘁𝘂𝗼 𝗦𝗜 𝗲 𝗳𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗻 𝗺𝗼𝗱𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗶𝗻𝘂𝗮𝗿𝗲 𝗮𝗻𝗰𝗼𝗿𝗮 𝗮 𝗹𝗲𝗴𝗴𝗲𝗿𝗲 𝗽𝘂𝗻𝘁𝘂𝗮𝗹𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗾𝘂𝗮𝗻𝘁𝗼 𝗮𝘃𝘃𝗶𝗲𝗻𝗲 𝗼𝗴𝗻𝗶 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗼 𝗻𝗲𝗹 𝘁𝗲𝗿𝗿𝗶𝘁𝗼𝗿𝗶𝗼 𝗱𝗼𝘃𝗲 𝗰𝗶𝗮𝘀𝗰𝘂𝗻𝗼 𝘃𝗶𝘃𝗲 𝗲 𝗽𝗿𝗼𝘁𝗲𝗴𝗴𝗲 𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗲𝘀𝘀𝗶, 𝗱𝗼𝗻𝗮 𝘀𝘂𝗯𝗶𝘁𝗼 𝗤𝗨𝗘𝗟𝗟𝗢 𝗖𝗛𝗘 𝗩𝗨𝗢𝗜 𝗰𝗼𝗻 𝘂𝗻 𝗯𝗮𝗻𝗮𝗹𝗲 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗳𝗲𝗿𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗣𝗼𝘀𝘁𝗲𝗣𝗮𝘆 𝗼 𝗯𝗼𝗻𝗶𝗳𝗶𝗰𝗼 𝗯𝗮𝗻𝗰𝗮𝗿𝗶𝗼.

𝗣𝘂𝗼𝗶 𝗲𝗳𝗳𝗲𝘁𝘁𝘂𝗮𝗿𝗲 𝘂𝗻𝗮 𝗿𝗶𝗰𝗮𝗿𝗶𝗰𝗮 𝗮𝗹 𝗻𝘂𝗺𝗲𝗿𝗼 𝗣𝗼𝘀𝘁𝗲𝗣𝗮𝘆 𝟱𝟯𝟯𝟯 𝟭𝟳𝟭𝟭 𝟯𝟭𝟯𝟳 𝟱𝟭𝟰𝟱 (𝗶𝗻𝘁𝗲𝘀𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗮𝗹 𝗗𝗶𝗿𝗲𝘁𝘁𝗼𝗿𝗲 𝗦𝗮𝗻𝗱𝗿𝗼 𝗣𝗔𝗡𝗚𝗥𝗔𝗭𝗜)
𝗢𝗽𝗽𝘂𝗿𝗲 𝗲𝗳𝗳𝗲𝘁𝘁𝘂𝗮𝗿𝗲 𝘂𝗻 𝗯𝗼𝗻𝗶𝗳𝗶𝗰𝗼 𝗯𝗮𝗻𝗰𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗮𝗹𝗹’𝗮𝘀𝘀𝗼𝗰𝗶𝗮𝘁𝗼 𝗜𝗯𝗮𝗻 𝗱𝗶 𝗦𝗮𝗻𝗱𝗿𝗼 𝗣𝗔𝗡𝗚𝗥𝗔𝗭𝗜 𝗜𝗧𝟳𝟵𝗝 𝟯𝟲𝟬𝟴 𝟭𝟬𝟱𝟭 𝟯𝟴𝟮𝟯 𝟯𝟴𝟬𝟵 𝟰𝟯𝟯𝟴 𝟭𝟮
𝗢𝗽𝗽𝘂𝗿𝗲 𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝗲𝗳𝗳𝗲𝘁𝘁𝘂𝗮𝗿𝗲 𝘂𝗻 𝗶𝗻𝘃𝗶𝗼 𝗣𝟮𝗣 (𝘀𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗰𝗼𝘀𝘁𝗶 𝗮𝗴𝗴𝗶𝘂𝗻𝘁𝗶𝘃𝗶) 𝗮𝘀𝘀𝗼𝗰𝗶𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗶𝗹 𝗻𝘂𝗺𝗲𝗿𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗥𝗲𝗱𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝟯𝟵𝟯.𝟯𝟯.𝟬𝟵.𝟯𝟲𝟲 – 𝗻𝗼𝗺𝗶𝗻𝗮𝗹𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗦𝗮𝗻𝗱𝗿𝗼 𝗣𝗔𝗡𝗚𝗥𝗔𝗭𝗜 – 𝗮𝗹 𝘃𝗼𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗲𝗹𝗲𝗻𝗰𝗼 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗮𝘁𝘁𝗶 𝗪𝗵𝗮𝘁𝘀𝗮𝗽𝗽!
𝗜𝗻 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗼 𝗰𝗮𝘀𝗼 𝗽𝗼𝘁𝗿𝗲𝘁𝗲 𝗿𝗶𝗰𝗲𝘃𝗲𝗿𝗲 𝗶𝗻 𝘁𝗲𝗺𝗽𝗼 𝗿𝗲𝗮𝗹𝗲 𝘀𝘂𝗹 𝘃𝗼𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗰𝗲𝗹𝗹𝘂𝗹𝗮𝗿𝗲, 𝗰𝗼𝗽𝗶𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝘂𝗹𝘁𝗶𝗺𝗮 𝗻𝗼𝘁𝗶𝘇𝗶𝗮 𝗮𝗽𝗽𝗲𝗻𝗮 𝗽𝘂𝗯𝗯𝗹𝗶𝗰𝗮𝘁𝗮 𝗱𝗮 𝗢𝗦𝗜𝗠𝗢 𝗢𝗚𝗚𝗜, 𝘀𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗮𝗻𝗱𝗮𝗿𝗹𝗮 𝗮 𝗿𝗶𝗰𝗲𝗿𝗰𝗮𝗿𝗲 𝘀𝘂𝗹 𝘀𝗶𝘁𝗼.
𝗢𝘃𝘃𝗶𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲 𝗲 𝘀𝗼𝗹𝗼 𝗚𝗥𝗔𝗧𝗜𝗦!
𝗩𝗲 𝗹𝗼 𝗰𝗵𝗶𝗲𝗱𝗲𝗿𝗲𝗺𝗼 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗶 𝗶 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗶 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗵𝗲́ 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗶 𝗶 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗶 𝗶𝗹 𝗾𝘂𝗼𝘁𝗶𝗱𝗶𝗮𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗮 𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮̀ 𝗻𝗲𝗰𝗲𝘀𝘀𝗶𝘁𝗮 𝗱𝗶 𝘂𝘀𝗰𝗶𝗿𝗲 𝗻𝗲𝗹𝗹’𝗲𝗱𝗶𝗰𝗼𝗹𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘃𝗼𝘀𝘁𝗿𝗮 𝗰𝗮𝘀𝗮.
𝗚𝗿𝗮𝘇𝗶𝗲!
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