𝗟𝗮 𝗣𝗼𝗹𝗶𝘇𝗶𝗮 𝗺𝘂𝗻𝗶𝗰𝗶𝗽𝗮𝗹𝗲 𝘀𝗶 𝗺𝗼𝘀𝘀𝗲 𝘀𝘂 𝘀𝗲𝗴𝗻𝗮𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗳𝗮𝗺𝗶𝗴𝗹𝗶𝗲 𝗿𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘀𝘁𝗲𝘀𝘀𝗮 𝗽𝗮𝗹𝗮𝘇𝘇𝗶𝗻𝗮, 𝗶𝗺𝗺𝗮𝗴𝗶𝗻𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗹𝗮 𝘃𝗶𝗼𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗾𝘂𝗮𝗹𝘀𝗶𝗮𝘀𝗶 𝗼𝗿𝗱𝗶𝗻𝗮𝘁𝗼 𝗮𝗺𝗺𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗿𝗮𝘁𝗶𝘃𝗼. 𝗔𝗹𝗹’𝗼𝗿𝗱𝗶𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗰𝗵𝗶𝘂𝘀𝘂𝗿𝗮 𝗲 𝗰𝗲𝘀𝘀𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲, 𝗰𝗼𝗻 𝘁𝗮𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗺𝘂𝗹𝘁𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝟮𝟬.𝟬𝟬𝟬 𝗲𝘂𝗿𝗼, 𝗹’𝗲𝘅 𝗮𝘀𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲𝗻𝘁𝗲 𝘀𝗼𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲 𝗼𝗽𝗽𝗼𝘀𝗲 𝗶𝗹 𝘃𝗲𝗿𝗱𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗽𝗼𝘀𝗶𝘁𝗶𝘃𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗧𝗮𝗿, 𝘀𝗶𝗻𝗼 𝗮𝗹𝗹’𝗶𝗿𝗿𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗦𝗾𝘂𝗮𝗱𝗿𝗮 𝗺𝗼𝗯𝗶𝗹𝗲 𝗱𝗶 𝗔𝗻𝗰𝗼𝗻𝗮. 𝗦𝘂𝗹𝗹𝗮 𝘃𝗶𝗰𝗲𝗻𝗱𝗮, 𝗮𝗽𝗽𝗲𝗹𝗹𝗮𝘁𝗮 𝗱𝗮𝗹 𝗖𝗼𝗺𝘂𝗻𝗲 𝗷𝗲𝘀𝗶𝗻𝗼, 𝗽𝗲𝗻𝗱𝗲 𝗼𝗿𝗮 𝗶𝗹 𝘃𝗲𝗿𝗱𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗖𝗼𝗻𝘀𝗶𝗴𝗹𝗶𝗼 𝗱𝗶 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗼. 𝗟𝗮 𝗳𝗶𝗴𝗹𝗶𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗽𝗽𝗶𝗮, 𝗶𝗻𝘁𝗮𝗻𝘁𝗼, 𝗮𝗹 𝗺𝗼𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗶𝗻𝗱𝗮𝗴𝗮𝘁𝗮 𝗮 𝗽𝗶𝗲𝗱𝗲 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝗼, 𝗽𝗲𝗿 𝗰𝗼𝗻𝗰𝗼𝗿𝘀𝗼 𝗺𝗼𝗿𝗮𝗹𝗲 𝗶𝗻 𝗾𝘂𝗮𝗻𝘁𝗼 𝗮 𝗰𝗼𝗻𝗼𝘀𝗰𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗲𝗶 𝗳𝗮𝘁𝘁𝗶 𝘀𝘂𝗰𝗰𝗲𝗱𝘂𝘁𝗶𝘀𝗶 𝗻𝗲𝗹𝗹’𝗮𝗽𝗽𝗮𝗿𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼, 𝗵𝗮 𝗮𝗻𝗻𝘂𝗻𝗰𝗶𝗮𝘁𝗼 𝗶𝗻 𝗥𝗲𝘁𝗲 𝗹𝗮 𝗳𝗶𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶𝗮 𝗲𝘀𝗽𝗲𝗿𝗶𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗶 “𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗼” 𝗴𝗿𝗮𝘁𝘂𝗶𝘁𝗼, 𝗱𝗲𝗻𝘂𝗻𝗰𝗶𝗮𝗻𝗱𝗼 𝘂𝗻 𝘀𝗼𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲… 𝘃𝗼𝗺𝗶𝘁𝗲𝘃𝗼𝗹𝗲!
Può un qualsiasi amministratore di sostegno decidere, in totale libertà, se la persona tutelata sia o meno in grado di convivere… insieme ad altre tre, quattro, cinque persone, ugualmente svantaggiate psichicamente?
E di essere in grado di vivere l’esperienza in totale autonomia senza avvalersi di alcuna figura professionale a sostegno, salvo sembrerebbe l’intervento saltuario di un paio di “badanti” o di volontari non retribuiti?
Per i giudici del Tar, pronunciatisi di recente sulla casa degli orrori di via del Verziere, 55 – a Jesi – la risposta certa è: si!
Un tutore, in accordo con altri amministratori, può pensare che la cosa più giusta da fare per la persona tutelata sia quella di fargli vivere un’esperienza familiare con altri affetti da altre patalogie, più o meno simili, abbinabili forse con l’unica determinante del sesso: maschi con maschi e femmine con femmine. Forse.
Difficile, semmai, potrebbe essere reperire sul mercato immobiliare una abitazione da destinare all’esperimento sociale, fermo restando che le donne “residenti” al 55 di via delle Verziere, erano comunque tutte dipendenti da sostegni esterni per cucinare, tenere l’appartamento in condizioni di civile convivenza, oltre a badare alle necessità corporali di pulizia e trattamento medico, distinte per ciascuna partecipante.
Ciascuna partecipante suggerita al passo non solo per “consiglio” del rispettivo tutore ma anche per il sostanziale via libera da parte del servizio di salute mentale della Ast provinciale di Ancona, ambiente familiare a Dina MOGIANESI, 78 anni, ex assistente sociale non a caso.
Dina MOGIANESI, non a caso bis, individuata un paio di anni fa dalla Polizia municipale (sguinzagliata nell’appartamento monstre su segnalazione delle famiglie abitanti la palazzina) come “tenutaria” della casa sotto forma di volontariato.
Si domandavano e si continuano a domandare le famiglie residenti al 55 di via del Verziere: “E’ regolare che più donne, affette tutte, da diverse patalogie di natura psichiatrica, possano convivere in un appartamento configurato di “civile abitazione”, pagando attraverso i rispettivi tutori un affitto mensile?”.
Per l’Amministrazione jesina appena insediatasi nel giugno del 2022, almeno dei dubbi sembravano sussistere; tanto che nella stessa estate di due anni fa emanò una Ordinanza, emanata dall’ufficio tecnico, di chiusura della casa-comunità.
Non solo. Dina MOGIANESI, risultata al Comune quale “gestrice” della struttura non autorizzata, venne per la fattispecie multata con una ammenda salata di 20.000 euro.
Il ricordato ricorso al Tribunale amministrativo, per sfortuna delle cinque donne ivi ricoverate, annullò l’intero iter. Il Comune di Jesi, lodevolmente, da quanto si è potuto apprendere, ha proposto opposizione alla sentenza proponendo un secondo giudizio al Consiglio di stato, tutt’ora pendente.
E’ di tutta evidenza, infatti, come una struttura, oltretutto delicata per natura stessa del sostegno esterno necessario, abbisogni di una autorizzazione regionale per poter funzionare alla luce del sole. Via libera che da Ancona, però, non è mai giunto a Jesi, non risultando agli atti mai stata richiesta dalla MOGIANESI per la struttura socio-sanitaria di via del Verziere.
Eppure moglie e marito, insieme alla figlia Michela (indagata a piede libero per concorso morale, avendo taciuto dei soprusi messi in atto dai genitori) e ad una badante, si sarebbero dati da fare quotidianamente per mandare avanti, nel bene e nel male, la vita quotidiana di convivenza.
Moglie e marito si occupavano di fare la spesa, preparare i pasti, pagare bollette, prendendosi “cura” delle normali necessità delle ospiti aiutandole a lavarsi e in ogni situazione, medica compresa, dovendo ciascuna badare a seguire immaginabili terapie.
Mercoledì, intanto, per l’ex assistente sociale ci sarà l’interrogatorio di garanzia davanti al Giudice per le indagini preliminari Carlo MASINI che, dopo aver firmato la custodia cautelare del marito Franco FRANTELLIZZI, ha sottoscritto anche per la donna analoga misura di restrizione domiciliare, al 6 di via Monti Sibillini.
Entrambi difesi dall’avvocato Alessia BARCAGLIONI, l’anziana coppia, come è noto, rigetta ogni responsabilità. Sulla stessa linea morale anche la figlia Michela che in un post Facebook seguente al doppio arresto dei genitori, ha così commentato: “Da oggi pongo fine al mio lavoro (non era volontario e gratuito? NdR.) nell’ambito del sociale… mi fa vomitare”.