CARANCINI: “CAPOLAVORI SIBILLINI?
NON ARTE IN FUGA MA ARTE RUBATA!”

CARANCINI: “CAPOLAVORI SIBILLINI? NON ARTE IN FUGA MA ARTE RUBATA!”

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Il Sindaco di Macerata a gamba tesa contro la pseudo operazione di solidarietà

 

CARANCINI: “CAPOLAVORI SIBILLINI?
NON ARTE IN FUGA MA ARTE RUBATA!”

 

“Serve riportare sul territorio le opere ferite e curare qui il restauro”

 

Capolavori Sibillini. Oltre la medaglia di bronzo incautamente conferita ad Osimo, qualcuno ricordi al nostro Presidente Mattarella anche il parere dei Sindaci diretti interessati che, in tempi di promesse terremotate dai fatti, magari potrebbero essere riscoperte e valutate con maggiore attenzione.

E’ il caso del Sindaco di Macerata Romano Carancini, contrario come tanti addetti ai lavori, al trasloco delle opere d’arte dai territori danneggiati dal terremoto 2016.

“È importante capire quanto la presenza di quelle opere determini l’identità del territorio e delle comunità. Forse – aggiunge Carancini un pò sottovoce – il terremoto è stato anche una opportunità. Ci ha consentito di accorgerci di queste cose e ha ridestato la voglia di lottare per esse.

Il problema – dice il sindaco di Macerata – è che qui non siamo di fronte ad un’arte in fuga ma, per dirla senza tanti giri di parole, si tratta di arte rubata!

Non serve ai comuni del terremoto che le opere d’arte delle loro chiese e dei loro musei siano portate via e custodite ad Ancona o magari utilizzate per fare mostre a Firenze, Siena o Osimo (in questo caso addirittura quasi deserte).

Il Sindaco di Macerata, Romano Garancini, contrario alla dispersione delle opere d’arte

Serve invece creare subito dei luoghi di custodia nelle aree stesse del terremoto, serve al contrario portare altre opere d’arte su questi territori, magari in prestito da musei importanti, per fare qui le mostre, per far tornare la gente a Tolentino, a Camerino, a Visso”.

Per questo obiettivo, contro tendenza rispetto a quanto fatto fino ad oggi, alcuni comuni della zona hanno sottoscritto, insieme a quello di Macerata, il £Manifesto della Marca Maceratese“. C’è scritto, tra l’altro:

“Le nostre opere d’arte rimangano nel nostro territorio. E’ essenziale che i depositi attrezzati per la messa in sicurezza e i laboratori per il restauro siano realizzati qui, nel nostro territorio. Sono occasioni di lavoro, opportunità di sviluppo, investimenti culturali che, se programmati altrove, aiuteranno altri territori ma non il nostro”.

E c’è scritto ancora che: “Il territorio, anche se è provato, è vivo e non è inagibile”.

L’area del cratere è viva, vuole combattere e produrre idee, iniziative per sostenere la rinascita dell’Appennino ferito, come dice l’associazione Epicentro auspicando che le prossime scosse lungo la dorsale appenninica siano di “carattere culturale”, riaccendendo l’attenzione sulle aree montane per troppo tempo colpevolmente considerate marginali nel nostro Paese.

Eppure Milko Morichetti che di Beni culturali e terremoti se ne intende, per aver vissuto in prima persona, da esperto del settore, il recupero delle opere d’arte negli altri grandi eventi sismici del Centro Italia, non è ottimista.

“Stiamo lavorando male non facendo tesoro delle esperienze del passato, anche quelle recenti del terremoto ’97. Il Ministero ha pensato di avviare il recupero delle opere d’arte in maniera casuale, mentre la Regione indicava dei luoghi di custodia vicini.

Il bene culturale – dice  è il primo elemento della ricostruzione sociale. È il primo passo per ricostruire speranza. E’ un elemento d’identità, ma anche un’opportunità di sviluppo”.

Raffaele Tassotti è Sindaco di un piccolo comune, Montalto Marche. Soprattutto è uno che vuol bene alla sua terra. E dopo il terremoto dorme poco, perché pensa a cosa fare per salvare il salvabile, a come e cosa ricostruire, a come rimettere in piedi il suo paese.

“Sotto Natale – racconta – stavo facendo la legna quando mi chiamano per dirmi che una squadra del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri si stava portando via quadri e opere d’arte da una delle nostre chiese inagibili.

Sono corso là senza cambiarmi e non odoravo certo di buono. Ho fatto una scenata violenta: avevano già impacchettato cinquanta pezzi, compresa la pala d’altare di Pagani. Gli ho detto che non si sarebbero portati via niente. E alla fine così è stato: le opere d’arte devono restare sul territorio del terremoto. Adesso tutto è stato sistemato in locali messi a disposizione dal Municipio, dove abbiamo aumentato i sistemi d’allarme”.

I beni culturali del terremoto devono dunque essere conservati e restaurati in loco. Ci vorranno anni. Ma come ha fatto notare Sandro Polci che ha coordinato il convegno di Campofilone (Fm), in questo caso occorre avere “il respiro lungo”.

Occorre anche pensare che tra 10/15 anni, quando si tornerà alla normalità, la popolazione delle aree colpite dal sisma sarà ulteriormente invecchiata. A meno che non si decida da subito di puntare sui giovani, sull’innovazione, sulla qualità, sulla sostenibilità, anche per i restauri, oltre che per la ricostruzione.

C’è chi ci sta già pensando: ad esempio Legambiente ha attivato un progetto insieme ad altre associazioni che intende finanziare le attività imprenditoriali giovanili all’interno del cratere e che non a caso si chiama “Rinascita, cuore giovane”.

Ce ne vorrà molto, davvero, di cuore per ricostruire il cuore d’Italia. E se ci si dovesse riuscire non servirà solo alla gente d’Appennino, ma a tutto il Paese. Statene certi.

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