Se qualcuno fosse in grado di rintracciare Sgarbi in quel di Cortina d’Ampezzo (visto che ad Osimo il tuttologo ferrarese non si è fatto vedere nè dal Ministro Franceschini, nè il giorno dell’inaugurazione della mostra pro terremotati) non sarebbe male ascoltare qualche risposta “scientifica” sull’attuale lavoro venduto ad Osimo, “Capolavori Sibillini”.
Ad iniziare della scelta del logo, ovvero del quadro proposto a biglietto da visita per pubblicizzare, nelle Marche e in Italia, l’iniziativa benefica.
Su Palazzo Campana e sui numerosi siti e giornali e tv che trattano l’evento campeggia un pudico nudo femminile, opera settecentesca di Corrado Giaquinto (Molfetta 8 febbraio 1703 – Napoli 18 aprile 1766), uno dei rari pittori morti in condizioni economiche agiate, grazie al suo lavoro, ma in definitiva onesto rappresentante di serie C in campo artistico.
Il nudo in questione, olio su tela custodito a Montefortino, rappresenta una maga ed esattamente la maga Circe e costituisce uno dei pochi lavori in mostra non sacri, quindi maggiormente vendibili a livello promozionale, delle opere in mostra al Campana.
Non si sa com’è ma, stando ai resoconti di diversi colleghi, la signora del Giaquinto rappresenterebbe non più la tentatrice di Ulisse ma la mitica Sibilla.
Un riferimento geografico (dal Circeo ai Sibillini) che certo fa il gioco del comitato che, però essendo scientifico, dovrebbe produrre esiti, riteniamo, un attimino più vicini alla realtà.
Ma fin qui il peccato sarebbe solo veniale. Del resto il popolo, specie se ben indirizzato, in un quadro può vederci quello che vuole, indifferentemente la super sexy maga Circe o la sacerdotessa Sibilla capace di predire il futuro. Alla fine, non fossero per i piedi delle fate sibilline, a mò di capra… cambia poco!
Ciò che invece procura qualche imbarazzo in più e la classificazione stessa dell’opera simbolo della mostra che, ad una prolungata ricerca, non risulterebbe tra le maggiori prodotte da Giaquinto… al punto di non essere, quasi, ricordata.
Tutto giustificato, comunque. Il nobile fine di produrre un aiuto concreto alle opere d’arte danneggiate dal terremoto, può alla fine coprire qualche inesattezza.
In fin dei conti sarà difficile leggere altrove contestazioni sul valore artistico (modesto) delle
specie se confrontato al significato, ben maggiore, di quanto si vuol giustamente celebrare.
Fa più specie, invece, tornando a Cortina, il buco che Sgarbi ha riservato alla città in questa occasione, a quella Osimo che nel tempo lo ha lungamente accolto e omaggiato, ricompensandolo con puntuale generosità.
Che la mostra sui “Capolavori sibillini” non potesse essere all’altezza della media praticata dal critico, è cosa pacifica, che lo stesso Sgarbi ha potuto valutare non appena presa visione delle opere che sarebbero giunte al Campana; ciò nonostante tra Sgarbi e l’Amministrazione comunale (nonostante il clamoroso “imbecille” rifilato a novembre, dallo stesso Sgarbi al Sindaco Pugnaloni, in diretta tv dalla Gruber) esisteva una sorta di patto d’onore.
Un accordo, neanche tanto tacito, volto a far si che lo sguardo benevolo di Sgarbi facesse si, in qualche modo, di mescolare un pò di più la presenza del critico con i Capolavori sibillini.
In cambio il cittadino onorario 2013 Vittorio Sgarbi, tanto per essere precisi, ha già ottenuto da Osimo il consenso a sbaraccare in anticipo il Campana, diversamente da quanto previsto, per trasferire la mostra su Artemisia in fondo alle migliori piste da sci nazionali.
A Sgarbi, da qui al 1° ottobre – il tempo, in fondo, non manca – trovare il modo di rendere maggiormente incisiva la propria sapienza scientifica, magari evitando di vendere sempre e tutto come oro…