UN SOLO CACCIAVITE IN PANCIA AL BRIGADIERE NON BASTA PIÙ
SECONDO I GIUDICI SERVE ALTRO PER LEGITTIMARE L’USO DELLE ARMI

UN SOLO CACCIAVITE IN PANCIA AL BRIGADIERE NON BASTA PIÙ SECONDO I GIUDICI SERVE ALTRO PER LEGITTIMARE L’USO DELLE ARMI

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Giustizia malata e sempre più lontana dalla realtà vissuta. La società assiste, senza poteri, al triste fenomeno di Istituzioni costrette a guardarsi da altre Istituzioni. Ovvero se i Carabinieri debbono difendersi dallo Stato…


Legittima ma non per tutti, men che meno se sei un uomo al servizio dello Stato!
Nonostante la recente riforma della legge sulla legittima difesa, votata a larga maggioranza a marzo 2019, dispiace prendere atto come in Italia – oggi come ieri – la difesa dall’attacco quotidiano dalla malavita sia ancora considerata… opera moralmente sconveniente; specie quando professionalmente invocata da Carabinieri e Poliziotti, principali tutori del vivere civile.
Ultimo a pagare dazio – ad una magistratura più che mai innamorata del proprio strabordante potere, lontana dal comune sentire della stragrande maggioranza degli italiani e dal nuovo dettato della legge a cui ogni magistrato dovrebbe inchinarsi nel quotidiano disbrigo del proprio lavoro – è un povero Carabiniere, in forza al Nucleo Radiomobile di Roma, che un paio di settimane fa, nel corso di una operazione di repressione ai raid in abitazione, si è trovato ad uccidere incidenmtalmente un malvivente.
Un fuorilegge, per giunta clandestino, che aveva appena infilzato un grosso cacciavite nel costato del collega vice Brigadiere!
Secondo il magistrato che ha visionato le carte e ascoltato più volte i due militari protagonisti, c’è quanto basta per ipotizzare a carico del Carabiniere, che ha materialmente esploso due colpi di cui uno solo andato mortalmente a segno all’altezza del fianco destro della vittima, il reato di “eccesso colposo in uso legittimo delle armi”; un atto dovuto, parrebbe.
Ma anche un atto perfettamente evitabile con l’archiviazione della vicenda se solo il ricordato magistrato avesse più attentamente preso atto che non è bello, anche se si è stranieri, andar per uffici e appartamenti alle 4 del mattino, piantando tra un furto e l’altro un cacciavitone in pancia al primo Carabiniere che si incontra!
Tanto meno bello se quei mal pagati Carabinieri, per il bene di tutti, anche per il bene di quel giudice diciamo “distratto”, vanno in giro, notte e giorno, rischiando ad ogni attimo la vita per rendere meno facile la vita di balordi pronti a tutto.
Non è dato sapere come il magistrato avrebbe gradito che il 31enne Carabiniere, alla vista di quel cacciavite sparito in pancia al collega vice Brigadiere, si fosse comportato: redarguendolo con decisione a non affondare troppo? Supplicarlo come Salvo D’Acquisto a colpire lui e lasciar perdere l’altro? O meglio sarebbe stato dare ai ladri prontamente le spalle in modo che “occhio non vede e cuore non duole…”.

Il povero Carabiniere, vista la mala parata, ha invece prontamente estratto l’arma e fatto fuoco verso il 56enne siriano, in seguito individuato come tal Jalal Badawi, esplodendo due colpi in rapida successione. A vuoto uno dei due, l’altro proiettile pur essendo stato sparato appositamente dall’alto verso il basso (proprio per evitare traiettorie dirette più ad alto rischio di centrare organi vitali) ha centrato il medio orientale sul fianco destro, fuori uscendo dal lato opposto.
Morto. Stecchito. Peccato. Ma a ben pensarci mica tanto.
Per la fine cruenta di Jalal Badawi, in Italia – magistrato a parte – piangeranno in pochi o forse nessuno; al massimo qualche coccodrillo.
Autore di rapine e responsabile in curriculum di lesioni, il brutto ceffo siriano in Italia si era pure reso responsabile di un’evasione ed è morto tentando di aggiungere un’altra perla, quella del furto, ad una collana di titoli già ricca di gravi reati.
In più, qualora non fosse chiaro che al Carabiniere lo Stato dovrebbe riconoscere un premio, un avanzamento di carriera e uno stipendio migliore piuttosto che invitarlo a cercarsi un avvocato e affliggerlo con un quasi sicuro processo, il povero impallinato risultava colpito da decreto di espulsione dal territorio italiano!
Tradotto anche per il giudice: non solo Badawi avrebbe fatto bene a non rubare ma addirittura, quella sera, si sarebbe dovuto trovare a casa sua, in Siria, a migliaia di chilometri da Roma e dalla gittata della Beretta 92.
Non rispettando neanche il decreto di espulsione e reiterando il malaffare, così, il malvivente ha concluso i propri giorni aggredendo persino il militare in divisa che l’aveva appena colto in flagrante. Carabinieri che, in forza del proprio dovere, hanno nell’ordine rimediato: un cacciavite in pancia (il primo) e un probabile processo l’altro; oltre a tutti gli inevitabili contraccolpi psicologi che l’uccisione di un uomo, per quanto la vittima sia andata a cercarsela, inevitabilmente comporta.
E’ tempo di gridare forte, ognuno nel proprio piccolo, “basta”. Stop con i processi e i mille bizantinismi organizzati dallo Stato contro i propri uomini! Ridateci la normalità.


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