Dall’Abruzzo il fratello Salvatore Maiorano rilancia la tesi della non corretta gestione della vicenda da parte di chi avrebbe potuto evitare la tragedia. “Mia sorella e le bimbe andavano messe in sicurezza in una struttura protetta”. Per Tarik, in carcere da nove mesi, la Procura profila l’accusa di ben cinque motivazioni aggravanti della pena. Il marocchino rischia l’ergastolo
Da Introdacqua, Comune di meno duemila anime, della Val Peligna (nei pressi di Sulmona), originario della famiglia SALVATORE, Daniele MAIORANO, fratello di Ilaria, torna a far sentire la propria voce, a nome anche della famiglia.
L’uomo, in una intervista ad una emittente abruzzese, reclama giustizia per la sorella, puntando nuovamente il dito contro i servizi sociali di Osimo.
“Chi sapeva, conoscendo le dinamiche familiari, doveva intervenire e prendere provvedimenti. Come? Affidando Ilaria e le bambine in una struttura protetta, lontano da Tarik”.
La tragedia, come i familiari della poveretta hanno sempre gridato (nonostante il tentativo dell’Amministrazione PUGNALONI di ovattare la denuncia) poteva essere evitata. Invece è già tanto – questo in sintesi il pensiero del fratello – che le figlie Bayan ed Ines, appena 8 e 5 anni, non siano finite preda del raptus del padre ed abbiano “soltanto” dovuto subire la vista del brutale omicidio.
Tarik EL GHADDASSI, 42 anni, da subito in cella a Montacuto, inchiodato dalla ricostruzione della vicenda messa a punto dalla Procura, rischia seriamente l’ergastolo.
Ben cinque le aggravanti contestate al marocchino: 1) aver agito per futili motivi (litigio per una forma ossessiva di gelosia) con furia e violenza spropositata; 2) aver condotto a compimento l’omicidio con crudeltà, visto il numero dei colpi inferi e la lunga agonia che – l’11 ottobre 2022 , nel casolare fatiscente di Padiglione — ha preceduto il decesso; 3) aver portato a termine l’uccisione di Ilaria non curante della presenza di entrambe le figlie minori; 4) aver commesso il fatto durante la restrizione ad domiciliari; 5) l’aver abusato del maltrattamento iniziale della moglie, sfociato nel delitto.
La lite che ha preceduto la morte di Ilaria MAIORANO sarebbe cominciata poco dopo la mezzanotte, mentre il decesso della donna è ipotizzato circa due ore dopo, attorno alle tre.
A quanto pare le piccole Bayan ed Ines hanno assistito all’intera fase dell’aggressione e della successiva agonia della mamma; Ilaria, consapevole degli scatti di furiosa gelosia, propri di Tarik, ha inutilmente sperato di rifugiarsi nella cameretta delle figlie.
La donna, secondo l’ipotesi dell’accusa, sarebbe stata ripetutamente colpita a mani nude e forse anche con l’ausilio di un oggetto a punta tonda che però non è stato mai ritrovato sul luogo del delitto.
A parlare il corpo martoriato della poveretta, attraverso l’autopsia che ha riscontrato segni evidenti di una aggressione subita a mani nude; oltre a ferite compatibili con l’urto contro un corpo appuntito (l’oggetto a punta tonda mai ritrovato) oppure una sedia o lo spigolo di mobile.
Una scena orribile e raccapricciante su cui la Procura – a nove mesi dall’accaduto – è pronta a chiedere il rinvio a giudizio per l’uxoricida.