𝑨𝒕𝒕𝒆𝒏𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒑𝒖𝒏𝒕𝒂𝒕𝒂 𝒔𝒖 𝒖𝒏 𝒂𝒓𝒕𝒊𝒈𝒊𝒂𝒏𝒐 𝒐 𝒑𝒓𝒐𝒇𝒆𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒊𝒔𝒕𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒄𝒆𝒏𝒕𝒓𝒐 𝒔𝒕𝒐𝒓𝒊𝒄𝒐, 𝒂𝒄𝒄𝒖𝒔𝒂𝒕𝒐 𝒅𝒊 𝒂𝒗𝒆𝒓 𝒂𝒍𝒕𝒆𝒓𝒂𝒕𝒐 𝒊𝒍 𝒄𝒐𝒓𝒓𝒊𝒔𝒑𝒆𝒕𝒕𝒊𝒗𝒐 𝒅𝒊 𝒄𝒂𝒔𝒔𝒂 𝒈𝒊𝒐𝒓𝒏𝒂𝒍𝒊𝒆𝒓𝒐 𝒃𝒂𝒕𝒕𝒆𝒏𝒅𝒐 𝒓𝒊𝒄𝒆𝒗𝒖𝒕𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒗𝒂𝒍𝒊𝒅𝒆 𝒂 𝒇𝒊𝒏𝒊 𝒇𝒊𝒔𝒄𝒂𝒍𝒊 𝒐 𝒇𝒂𝒕𝒕𝒆 𝒑𝒂𝒔𝒔𝒂𝒓𝒆 𝒑𝒆𝒓 𝒖𝒏 𝒆𝒓𝒓𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒊 𝒗𝒆𝒏𝒅𝒊𝒕𝒂. 𝑳’𝒆𝒔𝒆𝒓𝒄𝒊𝒛𝒊𝒐 𝒆̀ 𝒄𝒉𝒊𝒖𝒔𝒐 𝒂𝒍 𝒑𝒖𝒃𝒃𝒍𝒊𝒄𝒐 𝒅𝒂 𝒂𝒍𝒎𝒆𝒏𝒐 5 𝒈𝒊𝒐𝒓𝒏𝒊
Manomesso il registratore di cassa; multa all’esercente e sospensione dell’attività da tre a dieci giorni.
Difficile al momento saperne di più su una notizia, confermata nella sua esattezza ma non ancora esemplificata dal necessario corredo informativo, ovvero l’autore del misfatto.
Circolante fin da sabato sera, la news ricorrente racconta di una impresa ubicata nel centro storico (a piacere da identificarsi in un bar, una farmacia, una pasticceria o un salone di parrucchieria) invischiata in una vicenda di scontrini fiscali emessi in minima parte o addirittura falsificati.
Tra le poche certezze del momento quella che ad operare non sia stata una commessa o un dipendente (ai fini di distrarre parte dell’incasso giornaliero) ma il titolare stesso dell’esercizio per ottenerne meri vantaggi fiscali.
Semplice, persino banale, il meccanismo messo a punto da qualche mese.
Nulla di irregolare accadeva, ovviamente, con i pagamenti, minoritari, acquisiti dal negoziante o dal professionista con carta di credito e comunque tracciabili.
In caso di utilizzo di contante, però, ovvero nella maggioranza delle vendite, poteva accadere e effettivamente è accaduto che al cliente venisse messo in mano uno scontrino non valido fiscalmente o – meglio ancora – riportante la dicitura “canc. scontrino”.
In pratica il titolare anziché battere il tasto “contanti” andava ad attivare la funzione “storno scontrino”, il cui compito è quello di cancellare, a fini fiscali, la avvenuta vendita dell’oggetto o della prestazione dalla memoria del negozio.
In questo modo all’ignaro cliente veniva messo in mano, con la merce e l’eventuale resto, uno scontrino apparentemente identico a quelli emessi in modalità normale, con l’unica avvertenza che trattasi di una sorta di documento pro forma, appunto uno scontrino nato morto, ovvero fatto e cancellato all’istante.
Poco male per il cliente che in genere, a parte gli scontrini ottenuti in farmacia e quindi detraibili indicando il proprio Codice fiscale – non sa che farsene di simili riscontri, gettati 99 volte su 100 già in strada o abbandonati una volta a casa.
99 volte su 100, però. Può bastare anche un solo scontrino sbagliato, consegnato ad una mano sbagliata, a mettere in moto tutta una serie di verifiche, come successo tra settembre e ottobre ad Osimo, che mercoledì sera hanno portato al provvedimento di chiusura
Cosa rischia l’impresa colpita? Quasi tutto dipenderà dal numero degli scontrini battuti (o meglio rilasciati senza gli effetti fiscali previsti) e dall’importo dell’imponibile fatto scomparire.
La sanzione, in se non appare particolarmente elevata e parla di una multa di importo variabile (da un minimo dii 3 ad un massimo di 12.000 euro), salvo che il fatto non costituisca più grave reato.
La pena accessoria, controversa a seconda delle violazioni contestate, nei casi minori parla di uno stop all’attività variabile da 3 a 30 giorni; o anche di una chiusura obbligatoria più importante, con saracinesche abbassate o ingressi vietati, a seconda dei casi, da 15 a 60 giorni.