𝗜𝗻 𝗺𝗮𝗻𝗲𝘁𝘁𝗲 𝗙𝗿𝗮𝗻𝗰𝗼 𝗙𝗿𝗮𝗻𝘁𝗲𝗹𝗹𝗶𝘇𝘇𝗶, 𝟴𝟲 𝗮𝗻𝗻𝗶 𝗲 𝗹𝗮 𝗺𝗼𝗴𝗹𝗶𝗲 𝗗𝗶𝗻𝗮 𝗠𝗼𝗴𝗶𝗮𝗻𝗲𝘀𝗶, 𝟳𝟴 𝗮𝗻𝗻𝗶, 𝗲𝘅 𝗮𝘀𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲𝗻𝘁𝗲 𝘀𝗼𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲 𝗶𝗻 𝗽𝗲𝗻𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲. 𝗜𝗻𝗱𝗮𝗴𝗮𝘁𝗮 𝗮 𝗽𝗶𝗲𝗱𝗲 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝗼 𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝗹𝗮 𝗳𝗶𝗴𝗹𝗶𝗮 𝗠𝗶𝗰𝗵𝗲𝗹𝗮, 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗹𝗮 𝗺𝗮𝗱𝗿𝗲 𝘃𝗼𝗹𝗼𝗻𝘁𝗮𝗿𝗶𝗮 𝗻𝗼𝗻 𝗿𝗲𝘁𝗿𝗶𝗯𝘂𝗶𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘀𝘁𝗿𝘂𝘁𝘁𝘂𝗿𝗮. 𝗢𝗿𝗿𝗼𝗿𝗲 𝗶𝗻 𝘂𝗻𝗮 𝗰𝗼𝗺𝘂𝗻𝗶𝘁𝗮̀ 𝗮𝗹𝗹𝗼𝗴𝗴𝗶𝗼 𝗽𝗿𝗶𝘃𝗮𝘁𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗽𝗮𝘇𝗶𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗳𝗲𝗺𝗺𝗶𝗻𝗶𝗹𝗶 𝗱𝗶𝘀𝘁𝘂𝗿𝗯𝗮𝘁𝗲 𝗺𝗲𝗻𝘁𝗮𝗹𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲. 𝗟’𝗮𝗹𝗹𝗮𝗿𝗺𝗲 𝗱𝗶 𝘂𝗻𝗮 𝘃𝗶𝘁𝘁𝗶𝗺𝗮 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗰𝗲𝘁𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗮 𝘂𝗻 𝗼𝗽𝗲𝗿𝗮𝘁𝗼𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗽𝗼𝗹𝗶𝗮𝗺𝗯𝘂𝗹𝗮𝘁𝗼𝗿𝗶𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗵𝗮 𝗽𝗿𝗼𝗻𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗮𝗹𝗹𝗲𝗿𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗖𝗼𝗺𝗺𝗶𝘀𝘀𝗮𝗿𝗶𝗮𝘁𝗼 𝗲 𝗣𝗿𝗼𝗰𝘂𝗿𝗮. 𝗟’𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮𝗻𝗼 𝗰𝗼𝗹𝘁𝗼 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗦𝗾𝘂𝗮𝗱𝗿𝗮 𝗺𝗼𝗯𝗶𝗹𝗲 𝗶𝗻 𝗳𝗿𝗮𝗴𝗿𝗮𝗻𝘁𝗲 𝗺𝗲𝗻𝘁𝗿𝗲 𝗿𝗶𝗰𝗲𝘃𝗲𝘃𝗮 𝘂𝗻 𝗿𝗮𝗽𝗽𝗼𝗿𝘁𝗼 𝗼𝗿𝗮𝗹𝗲 𝗱𝗮 𝘂𝗻𝗮 𝟲𝟱𝗲𝗻𝗻𝗲; 𝗽𝗲𝗴𝗴𝗶𝗼 𝗹𝗮 𝗺𝗼𝗴𝗹𝗶𝗲 𝗰𝗮𝗽𝗮𝗰𝗲 𝗱𝗶 𝘀𝘁𝗿𝗮𝗽𝗽𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗹𝗼𝗯𝗼 𝗱𝗶 𝘂𝗻 𝗼𝗿𝗲𝗰𝗰𝗵𝗶𝗼 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗰𝗶𝗻𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗱𝗶 𝗽𝗲𝘀𝗼, 𝗽𝗲𝗿 𝗽𝘂𝗻𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲, 𝘂𝗻𝗮 𝗽𝗼𝘃𝗲𝗿𝗲𝘁𝘁𝗮. 𝗡𝗼𝘃𝗲 𝗹𝗲 𝗱𝗼𝗻𝗻𝗲 𝗽𝗮𝗴𝗮𝗻𝘁𝗶 (𝗰𝗶𝗿𝗰𝗮 𝟳.𝟬𝟬𝟬 𝗲𝘂𝗿𝗼 𝗮𝗹 𝗺𝗲𝘀𝗲 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗹𝗲𝘀𝘀𝗶𝘃𝗶, 𝗽𝗮𝗿𝗶 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗮 𝗽𝗲𝗻𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘀𝗼𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲) 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗲𝘀𝘀𝗮𝘁𝗲 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗾𝘂𝗼𝘁𝗶𝗱𝗶𝗮𝗻𝗮 𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗮𝗻𝗴𝗵𝗲𝗿𝗶𝗲 𝗳𝗮𝘁𝘁𝗲 𝗱𝗶 𝗽𝘂𝗴𝗻𝗶, 𝗰𝗮𝗹𝗰𝗶, 𝗽𝗿𝗶𝘃𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗮𝗹𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗮𝗿𝗶, 𝗱𝗶 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝘁𝗮̀ 𝗱𝗶 𝗺𝗼𝘃𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗲 𝗰𝗼𝗺𝘂𝗻𝗶𝗰𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗲 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗶𝗻𝗼 𝗰𝗼𝗻 𝗹𝗶𝗺𝗶𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝘀𝗶𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗿𝗶𝗽𝗮𝗿𝗼 𝗱𝗮𝗹 𝗰𝗮𝗹𝗱𝗼 𝗲 𝗱𝗮𝗹 𝗳𝗿𝗲𝗱𝗱𝗼. 𝗔𝗹 𝘃𝗮𝗴𝗹𝗶𝗼 𝗹𝗮 𝗽𝗼𝘀𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗶 𝘁𝘂𝘁𝗼𝗿𝗶 𝗲 𝗱𝗲𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗺𝗺𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗿𝗮𝘁𝗼𝗿𝗶 𝗱𝗶 𝘀𝗼𝘀𝘁𝗲𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗻𝗼𝘃𝗲 𝘃𝗶𝘁𝘁𝗶𝗺𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗮𝗹𝗺𝗲𝗻𝗼 𝘂𝗻 𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗶𝗴𝗻𝗼𝗿𝗮𝘁𝗼 𝗹𝗮 𝗿𝗲𝗮𝗹𝘁𝗮̀. 𝗗𝗮 𝗰𝗵𝗶𝗮𝗿𝗶𝗿𝗲 𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝗹𝗮 𝗽𝗼𝘀𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗔𝘀𝘁 𝗱𝗶 𝗔𝗻𝗰𝗼𝗻𝗮: 𝗹𝗮 𝘀𝘁𝗿𝘂𝘁𝘁𝘂𝗿𝗮 𝗿𝗶𝘀𝘂𝗹𝘁𝗮 𝗰𝗼𝗻𝗼𝘀𝗰𝗶𝘂𝘁𝗮 𝗲 𝗿𝗲𝗴𝗼𝗹𝗮𝗿𝗲 𝗼 𝗮𝗱𝗱𝗶𝗿𝗶𝘁𝘁𝘂𝗿𝗮 𝗳𝗶𝗴𝗹𝗶𝗮 𝗱𝗶 𝘂𝗻 𝘀𝗼𝗺𝗺𝗲𝗿𝘀𝗼 𝗺𝗲𝘀𝗰𝗼𝗹𝗮𝘁𝗼 𝗮 𝗽𝗲𝗹𝗼𝘀𝗼 𝘃𝗼𝗹𝗼𝗻𝘁𝗮𝗿𝗶𝗮𝘁𝗼?
Moglie e marito incassavano oltre 7.000 euro al mese (ovvero l’intero ammontare di nove pensioni sociali) e in cambio “ripagavano” le pazienti, tutte 50/60enni affette da gravi patologie psichiatriche, con sevizie di ogni genere… dall’obbligo di sesso orale preteso dal più che anziano gestore della struttura… sino allo strappo punitivo, conseguenza del trascinamento di peso a forza, del lobo di un orecchio!
Protagonisti da almeno un anno di una serie di orrori degni della fantasia nera di Dario Argento, una coppia di Jesi – tali Franco FRANTELLIZZI (86 anni), originario di Frosinone e la moglie Dina MOGIANESI (78 anni), assistente sociale in pensione – titolare a Jesi di una cosiddetta comunità alloggio al primo piano di una palazzina posta al 55 di via del Verziere, struttura assistenziale non meglio identificata – al momento – con un nome proprio.
Lo strazio delle cinque poverette ospiti sarebbe iniziato, stando alle indagini in corso di approfondimento da parte della Squadra mobile di Ancona (verifiche in particolare circa le responsabilità collaterali di diversi addetti ai lavori), da almeno un anno; ma si teme che il via all’escalation di brutalità e tormenti crescenti, al limite della disumanità e della tortura vera e propria, possano coincidere con l’avvio stesso del servizio, datato 2018.
Di fatto i soprusi sessuali e le rivalse fisiche sulle sfortunate sarebbero continuate ad oltranza se il personale del poliambulatorio jesino, presso il Centro di salute mentale, chiamato a verifiche periodiche sui soggetti psichiatrici affidati alla comunità-alloggio, non avesse subodorato, anche per i discussi precedenti specifici professionali di Dina MOGIANESI, che qualcosa aveva di gran lunga scavalcato la normalità; ben oltre di qualche umano eccesso.
Raccolta la fiducia di una delle poverette, si è così scoperchiato, in breve, un autentico girone dantesco di crudeltà, oltretutto, se possibile, aggravate dal fatto di essere state poste in essere da una posizione di preminenza della coppia dirigente e attuate su soggetti non in grado di difendersi.
Da qui la notizia di reato è giunta, in contemporanea, presso il Commissariato di Fabriano e la Procura di Ancona, intenzionata a vederci chiaro e in tempi rapidi.
E’ emerso, purtroppo, quanto si sospettava. Se non peggio. Riempita la struttura di cimici e videocamere, gli agenti di polizia e gli uomini della Mobile hanno dovuto soltanto mettersi in “ascolto” e avere la pazienza di attendere il momento per entrare in azione.
Il personale del dottor Carlo PINTO, capo della Mobile dorica, ha così dovuto credere ai propri occhi e orecchie quando lunedì 8 aprile l’anziano ma ancor sessualmente intraprendente capo struttura, l’86enne Franco FRANTELLIZZI, neo sposo da meno di due anni della socia in affari Dina MOGIANESI, 78 anni, convocasse in ufficio la paziente preferita… una 65enne scelta, come tante altre volte, per soddisfare non dimenticati appetiti sessuali.
L’età avanzata del responsabile, per fortuna della poveretta inquadrata dalle spie piazzate nei giorni precedenti nell’intera struttura, non ha consentito all’uomo di poter scegliere la postura preferita, limitandosi alla richiesta, soddisfatta, di ricevere un rapporto orale.
Ed è proprio in siffatto atteggiamento che i poliziotti, senza perdere tempo, sono entrati in azione, cogliendo Franco FRANTELLIZZI con braghe e mutande a terra, sbracato in poltrona, intento a non perdersi ogni emozione.
In siffatto atteggiamento di beatitudine, l’uomo non ha quasi notato l’irruente arrivo degli agenti in forze… stante che al classico “Fermi tutti, Polizia…” nella coppia ha fatto seguito qualche istante di umano imbarazzo.
“La stavo solo consolando…” – ha provato a difendersi FRANTELLIZZI mentre con difficoltà si ricomponeva mutande e pantaloni.
Arrestato l’anziano operatore, sarebbe da dire più che in fragranza… col sorcio vero e proprio in bocca, l’inchiesta di Procura e Squadra mobile è andata avanti, senza clamore, potendo quindi contare sull’effetto sorpresa.
Cosa c’era di vero, infatti, circa le sevizie alimentari, comportamentali e vessatorie lamentate dalla paziente fonte dell’inchiesta, oltre ai soprusi sessuali, a turno, appena provati?
Quanto verrà alla luce nei giorni seguenti farà apparire la fellatio imposta alla “favorita” come un banale invito a degustare un te del pomeriggio.
Ancora poco o nulla, nel confronto di barbarie, quel rapporto orale interrotto bruscamente dai poliziotti, rispetto a quanto, la settimana dopo la Squadra mobile avrà modo di scoprire, esattamente lunedì 15 aprile, a carico di Dina MOGIANESI, ex assistente sociale e neo sposa FRANTELLIZZI.
Le informazioni ricevute, del resto, erano state chiare e particolareggiate. Il trattamento ordinario subito dalle cinque donne prevedeva, in maniera dettagliata, il contingentamento del riscaldamento invernale attraverso un uso molto scarso dei termosifoni!
Ne andava meglio in estate non potendo aprire finestre, chiuse, anzi sbarrate con tanto di lucchetto. Di notte poi le cose peggioravano ancora, se possibile. Le porte delle camere risultavano tutte e sempre chiuse a doppia mandata, private anche del sostegno di una qualsiasi figura di sostegno, a supporto per qualsiasi necessità… figuriamoci, poi, dell’uso vietatissimo del telefono.
E non basta ancora. L’inchiesta della Squadra mobile ha portato alla luce anche il capitolo ulteriore delle “punizioni” e delle “mancanze”, punite da moglie e marito – a volte conosciute della figlia Michela FRANTELLIZZI, al momento estranea alle accuse mosse ai genitori e quindi solo indagata a piede libero – con razionamenti alimentari e persino con una scarica dolorosa di botte corporali, calci e/o pugni, destinati senza lesinare quando poteva servire o sembrare giusto… tipo una innovativa “terapia” correttiva.
Entrambe operanti, madre e figlia, in quella casa alloggio di via del Verziere come “volontarie non retribuite”.
Ma purtroppo c’è dell’altro: roba da far rabbrividire al solo pensiero… ma ancora acqua fresca di fronte all’episodio che ha imposto ai poliziotti un secondo blitz, al termine, in pratica, di una punizione più sanguinolenta del solito… ovvero quando l’operatrice rimasta Dina MOGIANESI, 78 anni, ricordiamo ex assistente sociale (!), ha approfittato della caduta a terra di una delle quattro poverette rimaste nella struttura di via delle Verziere, 55 trascinandola di peso per la stanza, pur di corporatura mingherlina, attraverso il lobo afferrato di un orecchio… sino a distaccarlo e ritrovarselo in mano!
L’intervento-bis dei poliziotti è così valso a far chiudere la struttura, posta sotto sequestro dall’autorità giudiziaria, far trasferire le ultime tre pazienti rimaste nel reparto di Psichiatria dell’ospedale jesino e soprattutto condurre in carcere anche la donna, convalidata agli arresti per episodi plurimi di maltrattamento e lesioni commesse in danno delle pazienti ospitate in convenzione.
Per entrambi il giudice ha concesso, già il giorno dopo, la detenzione domiciliare presso l’abitazione di via Monti Sibillini, residenza della coppia. Lui ristretto per violenza sessuale continuata su nove vittime accertate, aggravata dalla minorata difesa delle vittime; e lei per maltrattamenti fino alle lesioni in cinque diversi casi.
La vicenda, nella sua estrema gravità, non è ancora conclusa. Ai raggi X degli investigatori mossi dal dottor PINTO finiranno, inevitabilmente, i cinque, fra tutori e amministratori di sostegno, responsabili delle sorti di ciascuna donna loro affidata dal Tribunale.
Dove sono stati, nell’ultimo anno, senza aver nessuno annusato il grave percolo corso dalle rispettive assistite?
Di più. Accertamenti inevitabili ricadranno anche sulla Ast di Ancona che dovrà chiarire che tipo di rapporti e di quale natura portava avanti con la comunità jesina, non titolare, al momento, neanche di una denominazione ufficiale!
Una struttura regolarmente conosciuta e affidataria del recupero e del benessere di persone in difficoltà psichica o lasciata vivacchiare nel sottobosco del volontariato dove, a quanto pare, volgendo occhi e orecchi altrove, tutto è possibile?