𝗟’𝘂𝗼𝗺𝗼, 𝗿𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗶𝗻 𝗖𝗮𝗻𝘁𝗼𝗻 𝗧𝗶𝗰𝗶𝗻𝗼, 𝘀𝗶 𝘁𝗿𝗼𝘃𝗮 𝗱𝗮 𝘁𝗲𝗺𝗽𝗼 𝗴𝗶𝗮̀ 𝗶𝗻 𝗰𝗮𝗿𝗰𝗲𝗿𝗲 (𝗰𝗼𝗻 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗶) 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗼 𝘀𝘁𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗲𝗽𝗶𝘀𝗼𝗱𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗻𝘂𝗻𝗰𝗶𝗮𝘁𝗼 𝗻𝗲𝗹 𝗺𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼 𝟮𝟬𝟭𝟵 𝗱𝗮𝗶 𝗴𝗲𝗻𝗶𝘁𝗼𝗿𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗿𝗮𝗴𝗮𝘇𝘇𝗶𝗻𝗮. “𝗧𝗼𝗴𝗹𝗶𝘁𝗶 𝗹𝗮 𝗺𝗮𝗴𝗹𝗶𝗲𝘁𝘁𝗮 𝗲 𝗳𝗮𝗺𝗺𝗶 𝘃𝗲𝗱𝗲𝗿𝗲 𝗹𝗲 𝘁𝗲𝘁𝘁𝗲”, 𝗹𝗮 𝗳𝗿𝗮𝘀𝗲 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗶𝗻𝗻𝗼𝗰𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗲 𝗾𝘂𝗮𝗹𝗶 𝗹’𝗲𝘅𝘁𝗿𝗮 𝗰𝗼𝗺𝘂𝗻𝗶𝘁𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗵𝗮 𝗿𝗶𝘀𝗰𝗵𝗶𝗮𝘁𝗼 𝗮𝗱 𝗔𝗻𝗰𝗼𝗻𝗮 𝘂𝗻 𝗽𝗿𝗼𝗰𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗯𝗶𝘀 𝗽𝗲𝗿 𝗮𝗱𝗲𝘀𝗰𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗺𝗶𝗻𝗼𝗿𝗲 𝗲 𝗮𝗰𝗰𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗮 𝗺𝗮𝘁𝗲𝗿𝗶𝗮𝗹𝗲 𝗽𝗲𝗱𝗼 𝗽𝗼𝗿𝗻𝗼𝗴𝗿𝗮𝗳𝗶𝗰𝗼. 𝗟’𝗮𝗿𝗰𝗵𝗶𝘃𝗶𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘀𝗰𝗮𝘁𝘁𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 “𝗻𝗲 𝗯𝗶𝘀 𝗶𝗻 𝗶𝗱𝗲𝗺”, 𝗼𝘃𝘃𝗲𝗿𝗼 𝗶𝗹 𝗱𝗶𝘃𝗶𝗲𝘁𝗼 𝗮 𝘀𝘂𝗯𝗶𝗿𝗲 𝘂𝗻 𝗻𝘂𝗼𝘃𝗼 𝗴𝗶𝘂𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼 𝘂𝗻𝗮 𝘃𝗼𝗹𝘁𝗮 𝗴𝗶𝗮̀ 𝗽𝗿𝗼𝗰𝗲𝘀𝘀𝗮𝘁𝗶
di Sandro PANGRAZI
I genitori di una ragazzina osimana, a maggio 2019 appena 12 anni, avevano denunciato l’orco della figlia, adescatore seriale di minorenni.
Peccato che l’uomo, essendo seriale e per giunta straniero, esattamente svizzero, era già stato condannato in Patria dal Tribunale di Lugano per una quarantina di episodi simili, compreso quello commesso ai danni della ragazzina osimana, è quindi non più giudicabile per il principio noto con “ne bis in idem”, vale a dire il divieto di subire un nuovo giudizio per una stessa vicenda da cui l’imputato è già uscito o assolto o colpevole.
Trattasi di un 36enne ticinese, attualmente in carcere nel suo Paese, condannato nel 2022 a 5 anni di carcere dal Tribunale cantonale di Lugano per una serie record di episodi, registrati a danno di adolescenti conosciute in Rete, in particolare attraverso le applicazioni foto/video offerte dal social network Instagram. Una piattaforma con un traffico mensile di quasi 2 miliardi di utenti in tutto il mondo!
Decisamente banale l’approccio tentato “dall’extracomunitario” per agganciare, con modalità seriali, le sue giovanissime vittime. Grazie alla possibilità di poter creare più identità, non verificabili dalle ragazzine di turno, lo svizzero ha agito in contemporanea, facendo leva su due diversi nickname che, nel tempo, hanno avvolto e avviluppato la 12enne all’idea di cedergli proprie immagini hot.
“Togli la maglietta e mandami uno scatto con i tuoi seni”; questa parrebbe la richiesta più innocente fatta on line dal 36enne utilizzando da prima il metodo della pazienza e della convinzione ed infine, man mano che i risultati richiesti non pervenivano, mostrando un volto interiore ben diverso da un amichetto coetaneo, esclusivamente curioso.
L’osimana infatti, anziché accontentare le richieste sexy si era limitata a degli autoscatti dei seni , coperti però da un top… immagini innocenti che non potevano soddisfare le morbose aspettative del 36enne ma finto coetaneo.
Sono così piovute, sul cellulare della 12enne osimana, insulti ed infine anche minacce, poco o nulla credibili ma che nella mente confusa e terrorizzata di una ragazzina, forse avrebbero potuto fare effetto.
“Ho degli amici in Polizia… se non mi mandi subito le foto delle tette… ti faccio passare dei guai con tuo padre!”.
Una minaccia, quella di rivolgersi ai genitori, che lo svizzero probabilmente non ha considerato in tempo essere un boomerang. Eppure una quarantina di storie parallele qualcosa avrebbero dovuto insegnare….
E si perché l’osimana, tutelata in Tribunale dall’avvocato Vittorio BUCCI, vistasi alle strette, ha finalmente fatto l’unica cosa giusta: informare mamma e papà delle richieste pressanti di questo poco probabile, molto presunto ragazzino.
I due, come ricordato, si erano conosciuti virtualmente in Rete, attraverso Instagram, con lui ad apprezzare il profilo pubblico realizzato dalla 12enne, appassionata come tante coetanee dei propri scatti e con l’abilità nel disegnare corpi femminili, vezzo innocente, anzi artistico, di manifestare anche una dose di qualità in erba.
Quando dopo le chat iniziali, le conversazioni tra i due sono diventate più intime, lo svizzero – forte anche di secondo account parallelo, intrattenuto in contemporanea dall’osimana inconsapevole – si è mostrato da un lato carnefice ma e dall’altro capace di dare apparenti buoni consigli… peccato interessati; la ragazzina ha così pian piano preso coscienza di dover far intervenire gli adulti.
Bloccati per prima cosa entrambi i nickname dello svizzero, i genitori non si sono accontentati di aver “concluso di netto le trasmissioni” ma hanno inteso perseguire l’ignoto adescatore rivolgendosi alla Polizia postale.
Per gli uomini e le donne del Centro nazionale per il contrasto alla pedo pornografia on line è stato un gioco da ragazzi identificare la “targa virtuale” dell’orco di Lugano, giungendo facilmente ad acquisire l’Ip da cui sono partite le ripetute minacce.
Incassata l’identità dello svizzero, dalla Procura di Ancona è partita una prima richiesta di rinvio a giudizio, non giunta a buon fine per un difetto di notifica all’estero.
A maggio un nuovo tentativo da parte del Tribunale di Ancona formalizzato all’accusato, in maniera corretta dal Gup Francesca DE PALMA, con l’intera documentazione di accusa, conclusosi con la richiesta di rinvio a giudizio.
La sorpresa è così emersa soltanto ieri in Tribunale, grazie all’avvocato Gabriele GALEAZZI, difensore dell’uomo.
In sede di udienza preliminare, davanti al giudice Francesca DE PALMA, è emerso che il 36enne svizzero era già stato processato e condannato, con altri, per il medesimo atto di accusa di adescamento di minore e accesso a materiale pedo-pornografico.
Archiviazione d’ordinanza e niente processo bis.