𝗟’𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮𝗻𝗮 𝗲𝘅 𝗮𝘀𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲𝗻𝘁𝗲 𝘀𝗼𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲 𝟳𝟴𝗲𝗻𝗻𝗲 𝗲̀ 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗮𝗿𝘀𝗮 𝗺𝗲𝗿𝗰𝗼𝗹𝗲𝗱𝗶̀ 𝗱𝗶𝗻𝗮𝗻𝘇𝗶 𝗮𝗹 𝗚𝗶𝗽 𝗖𝗮𝗿𝗹𝗼 𝗠𝗮𝘀𝗶𝗻𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝗹’𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗿𝗼𝗴𝗮𝘁𝗼𝗿𝗶𝗼 𝗱𝗶 𝗴𝗮𝗿𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮. 𝗔𝘀𝘀𝗶𝘀𝘁𝗶𝘁𝗮 𝗱𝗮𝗹𝗹’𝗮𝘃𝘃𝗼𝗰𝗮𝘁𝗼 𝗕𝗮𝗿𝗰𝗮𝗴𝗹𝗶𝗼𝗻𝗶, 𝗹𝗮 𝗱𝗼𝗻𝗻𝗮 𝗵𝗮 𝗮𝗰𝗰𝗲𝘁𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗿𝗶𝘀𝗽𝗼𝗻𝗱𝗲𝗿𝗲 𝗮𝗱 𝗼𝗴𝗻𝗶 𝗱𝗼𝗺𝗮𝗻𝗱𝗮 𝗻𝗮𝗿𝗿𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗮𝗹𝗹’𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗮𝘀𝗮 𝗱𝗶 J𝗲𝘀𝗶 𝘂𝗻 𝗰𝗹𝗶𝗺𝗮 𝗽𝗿𝗮𝘁𝗶𝗰𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝘀𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗼𝗺𝗯𝗿𝗲, 𝗹𝗼𝗻𝘁𝗮𝗻𝗼 𝗺𝗶𝗹𝗹𝗲 𝘃𝗼𝗹𝘁𝗲 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗲 𝗮𝗰𝗰𝘂𝘀𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗺𝗮𝗿𝗶𝘁𝗼 𝗲 𝗺𝗼𝗴𝗹𝗶𝗲 𝗮𝗶 𝗱𝗼𝗺𝗶𝗰𝗶𝗹𝗶𝗮𝗿𝗶 𝗲 𝗹𝗮 𝘀𝘁𝗲𝘀𝘀𝗮 𝗳𝗶𝗴𝗹𝗶𝗮 𝗮 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗮𝗿𝗶𝗿𝗲 𝗻𝗲𝗹𝗹’𝗶𝗻𝗰𝗵𝗶𝗲𝘀𝘁𝗮 𝗮𝗻𝗰𝗼𝗿𝗮 𝗶𝗻 𝗰𝗼𝗿𝘀𝗼 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗶𝗻𝗱𝗮𝗴𝗮𝘁𝗮.
Non immaginava e neanche sospettava nulla. Dei gravi episodi di violenza sessuale contestati al marito 86enne (per tre lunghi anni, su quattro delle cinque donne assistite e con problemi psichiatrici) dalla moglie mai neanche un piccolo dubbio.
Così Dina MOGIANESI, 78 anni, mercoledì mattina durante l’interrogatorio di garanzia sostenuto dinanzi al Gip Carlo MASINI, assistita dall’avvocato Alessia BARCAGLIONI.
L’anziana ex assistente sociale si è presentata in Procura attorno alle 10 per rispondere alle fitte domande legate, per quanto concerne la posizione della donna, a maltrattamenti aggravati e continuati e a lesioni aggravate su tutte le cinque donne, residenti nell’appartamento di via del Verziere sotto forma di coabitazione. Una abitazione privata presa in affitto; non si è ben compreso da chi. Probabilmente dal pool di tutori e amministratori di sostegno a cui, singolarmente, ogni donna faceva e continua a fare obbligatoriamente riferimento.
Abbastanza provati, non foss’altro per l’età media oltremodo avanzata della coppia, i volontari che dal 2021 assistevano gratuitamente le donne, segnalate dal Dipartimento di Salute mentale della Ast, si sono detti, attraverso il proprio legale, dispiaciuti per l’eco della vicenda in tutta la provincia di Ancona e oltre, rigettando però ogni accusa di aver instaurato, nell’appartamento subito definito dell’orrore, nulla di definibile come clima di terrore.
“Non è vero che in casa non si mangiava” – ha evidenziato la BARCAGLIONI alla stampa, ricordando come Franco FRANTELLIZZI comparisse in via del Verziere in qualità di cuoco; o che venissero serviti in tavola, come emerso dalle indagini del dottor Carlo PINTO, Capo della Squadra mobile dorica, pannoloni sporchi!
La MOGIANESI, dunque, ha negato ogni addebito rispondendo per circa un’ora, in termini perentori e assoluti, anche su fatti specifici, al fuoco di domande portate dal dottor MASINI.
“La mia assistita – ha dichiarato ancora il legale che assiste anche il marito e cura la posizione della figlia Michela, al momento solo indagata per quanto avvenuto nella casa – non ha rifiutato alcuna domanda, contestualizzando la situazione all’interno dell’appartamento. Gli amministratori di sostegno, ad esempio, erano notiziati di ogni movimento all’interno della “struttura” e messi a conoscenza di qualsiasi avvenimento”.
Insomma è parso evidente come il Gip, in questa fase preliminare, si sia serbato gli interrogativi più stringenti per non anticipare inutilmente alla difesa mosse da spendersi più utilmente in sede di processo.
Ciò detto, l’interrogatorio ha avuto termine con l’avvocato jesino a preannunciare per la prossima settimana ricorso al Tribunale del riesame allo scopo di ottenere, per la MOGIANESI; condizioni meno afflittive degli arresti domiciliari, proponendo in alternativa l’obbligo di dimora a Jesi e/o l’obbligo di firma.
Resta ai domiciliari anche l’86 cuoco accusato quattro volte di violenza sessuale aggravata (l’ultima interrotta in diretta dall’irruzione dei poliziotti che avevano preventivamente imbottito l’appartamento di micro spie e telecamere) su quasi tutte le donne soggette a cure psichiatriche.
FRENQUELLUCCI, arrestato il 15 aprile e già convalidato la settimana scorsa, si trova parimenti ristretto in casa con la moglie, gravato anche di braccialetto elettronico.
Sul suo conto, come anticipato in apertura, la moglie non si è mai posta alcuna domanda; fallendo come donna e soprattutto come esperta ex addetta ai lavori.
O almeno così ha preferito lasciar credere, dichiaratasi non a conoscenza dell’abitudine di cucinare con i pantaloni abbassati, avanzare la richiesta di fare docce in comune con le poverette e fino al rapporto orale interrotto bruscamente dalla Polizia con una 65enne non in grado di intendere e volere.
Ad Ancona, frattanto le indagini vanno avanti per mettere a fuoco sia la posizione della figlia, parimenti volontaria e gratuita nella casa, nonché di altre eventuali partecipanti nel mandare avanti le necessità dell’appartamento.
Sotto la lente di ingrandimento anche il comportamento osservato da tutti i tutori implicati nella vicenda, ben che vada dimostratisi clamorosamente non all’altezza del computo affidatogli.
Da ultimo sarà interessante comprendere attraverso quali meccanismi una ex assistente sociale, per l’appunto ex e forte delle sole conoscenze di tecniche, leggi e consuetudini, abbia potuto “accaparrarsi” nel tempo siffatta e preziosa “merce umana”.
O davvero l’opinione pubblica dovrà rassegnarsi ad ingoiare come vera la versione del gratuito volontariato?