𝐋’𝐚𝐝𝐝𝐢𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐃𝐢𝐫𝐞𝐭𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐚𝐥𝐥’𝐞𝐱 𝐭𝐞𝐜𝐧𝐢𝐜𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐁𝐨𝐥𝐨𝐠𝐧𝐚, 𝐬𝐜𝐨𝐦𝐩𝐚𝐫𝐬𝐨 𝐨𝐠𝐠𝐢
𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐞𝐮𝐜𝐞𝐦𝐢𝐚 𝐚 𝟓𝟑 𝐚𝐧𝐧𝐢
Era un “hombre vertical” Sinisa MIHAJLOVIC, volato via oggi, 16
dicembre, nel giorno del mio compleanno.
Lo conoscevo bene e molto bene gli volevo; lo stimavo, lo apprezzavo, lo
studiavo visto che allenare era la passione che ci accomunava.
Per me era più di un allenatore, dell’allenatore del “mio” Bologna, era
uno dei miei allenatori preferiti.
Se n’è andato uno vero, uno tutto d’un pezzo, uno che quella malattia
bastarda ha sconfitto ma che vinto non sarà mai.
Una malattia infame e subdola che si era portata via anche Flavio
(FALZETTI), un altro amico che era stato mio calciatore alla Monturanese
in serie D.
Osvaldo SORIANO, il grande scrittore argentino, non avrebbe avuto dubbi
nel definirlo un “hombre vertical”, un uomo vero e autentico, che sotto
la scorza all’apparenza dura nascondeva un cuore sensibile.
Sinisa era uno di quelli che in questo calcio contemporaneo di
stucchevoli tiki taka, di tecnologie iperboliche, di fenomeni da
baraccone, di urlatori professionisti, c’entrano poco, anzi nulla.
Sinisa era uno controcorrente, non incline a compromessi e ruffianerie
in un calcio ormai pieno di stereotipi, di vigliacchi, di falsi e di
impostori.
Con Sinisa se ne va un pezzo anche di me. Un pezzo abbastanza grande di
me.
Lo avevo salutato a Venezia alla fine del campionato scorso, dopo una
partita senza importanza, e avevo scambiato con lui commenti tecnici e
pensieri liberi.
Era un match di fine campionato e il risultato non aveva valore: il
Bologna era salvo da tempo, il Venezia era già in B.
Eppure Sinisa era lì, in panchina, con la mascherina, smagrito e
ingiallito in volto, ma in panchina. Come è sempre stato in panchina
nelle prime 5 giornate di questo campionato.
Ed io gli ero vicino, appena un passo dietro, nella tribuna del
Dall’Ara, dove il compassionevole Daniele CORAZZA, responsabile del
Settore giovanile rossoblù, mi fa spesso seguire le partite: c’ero sia
il 20 agosto in Bologna – Verona che l’1 settembre, il giovedì di
Bologna – Salernitana.
Finirono entrambe 1 a 1 e per i rossoblù del mio cuore segnò sempre
ARNAUTOVIC.
Non bastò neppure il 2 a 2 del 4 settembre successivo a Spezia a
salvargli la panchina: la dirigenza lo esonerò e io ne rimasi turbato.
Non lo meritava, non solo per tutto ciò che aveva dato, ma anche e
soprattutto per ciò che stava facendo in quest’anno maledetto. Sapevo
delle difficoltà, sapevo che la malattia era tornata ad aggredire, ma
Sinisa era comunque lucido e amava la sua squadra, lottava come un
leone.
Oggi, nel giorno del mio compleanno che non riesco a festeggiare, Sinisa
se n’è andato. E il mio cuore è in frantumi.
Io, ogni domenica, nelle mie umili partite del campionato di Eccellenza
marchigiano, lo porterò nel taschino della tuta e giocherò con lui nel
cuore.
𝐆𝐢𝐚𝐧𝐥𝐮𝐜𝐚 𝐅𝐄𝐍𝐔𝐂𝐂𝐈