𝗙𝗶𝗻𝗰𝗵𝗲̀ 𝗱𝘂𝗿𝗮 𝗹𝗼 𝗦𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗴𝘂𝗲𝗿𝗿𝗮 (𝗜 𝗠𝗼𝗻𝗱𝗶𝗮𝗹𝗲) 𝗶 𝗖𝗼𝗻𝘀𝗶𝗴𝗹𝗶 𝗰𝗼𝗺𝘂𝗻𝗮𝗹𝗶 𝗽𝗼𝘁𝗲𝘃𝗮𝗻𝗼 𝗲 – 𝘀𝗲𝗰𝗼𝗻𝗱𝗼 𝗶𝗹 𝗦𝗲𝗴𝗿𝗲𝘁𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗗’𝗔𝗻𝗴𝗲𝗹𝗼 – 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝗼𝗴𝗴𝗶 – 𝟭𝟬𝟵 𝗮𝗻𝗻𝗶 𝗱𝗼𝗽𝗼, 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗿𝗲𝘀𝗼 𝗶𝗹 𝘃𝗲𝗻𝘁𝗲𝗻𝗻𝗶𝗼 𝗳𝗮𝘀𝗰𝗶𝘀𝘁𝗮 𝗲 𝗱𝘂𝗲 𝗴𝘂𝗲𝗿𝗿𝗲 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗶𝗮𝗹𝗶 – 𝗴𝗼𝘃𝗲𝗿𝗻𝗮𝗿𝗲 𝗽𝘂𝗿𝗰𝗵𝗲̀ 𝗿𝗶𝘀𝘂𝗹𝘁𝗶𝗻𝗼 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗮𝗹𝗺𝗲𝗻𝗼 𝟰 𝗖𝗼𝗻𝘀𝗶𝗴𝗹𝗶𝗲𝗿𝗶. “𝗠𝗮𝗻𝗱𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗰𝗵𝗶𝘂𝗻𝗾𝘂𝗲 𝘀𝗽𝗲𝘁𝘁𝗶 𝗱𝗶 𝗼𝘀𝘀𝗲𝗿𝘃𝗮𝗿𝗹𝗼 𝗲 𝗱𝗶 𝗳𝗮𝗿𝗹𝗼 𝗼𝘀𝘀𝗲𝗿𝘃𝗮𝗿𝗲”, 𝗳𝗶𝗿𝗺𝗮𝘁𝗼 𝗥𝗲 “𝗦𝗰𝗶𝗮𝗯𝗼𝗹𝗲𝘁𝘁𝗮”, 𝗔𝗻𝘁𝗼𝗻𝗶𝗼 𝗦𝗮𝗹𝗮𝗻𝗱𝗿𝗮 (𝗣𝗿𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗖𝗼𝗻𝘀𝗶𝗴𝗹𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗶 𝗠𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗿𝗶) 𝗲 𝗩𝗶𝘁𝘁𝗼𝗿𝗶𝗼 𝗘𝗺𝗮𝗻𝘂𝗲𝗹𝗲 𝗢𝗿𝗹𝗮𝗻𝗱𝗼 (𝗚𝘂𝗮𝗿𝗱𝗮𝘀𝗶𝗴𝗶𝗹𝗹𝗶)
Peccato la grande Guerra ci abbia lasciato troppo presto… già 106 anni fa! L’articolo 122 del Regio decreto numero 148 del 4 febbraio 1915, in vigore dal 23 marzo 1915, alla voce nuovo testo unico della legge comunale:
“I Consigli comunali non possono deliberare se non interviene la metà del numero dei Consiglieri assegnati al Comune; però alla seconda convocazione, che avrà luogo in altro giorno, le deliberazioni sono valide, purché intervengano almeno quattro membri.
Nel caso che siano introdotte proposte, le quali non erano comprese nell’ordine di prima convocazione, queste non possono essere poste in deliberazione se non 24 ore dopo averne dato avviso a tutti i Consiglieri”.
E già a gennaio 1917, pochi mesi prima della rotta di Caporetto, un Decreto Luogotenenziale, numero 89 del 4 gennaio 1917, conferma il volere del Re come segue: “Finchè dura lo stato di guerra, il numero dei Consiglieri comunali e provinciali, legalmente impediti per servizio militare, non deve essere computato in quello prescritto per la validità delle adunanze dagli articoli 127 e 239 della legge comunale e provinciale 4 febbraio 1915, n. 148 (testo unico); e in tutti i casi nei quali dalla legge stessa o da altre leggi si richieda per la validità delle sedute lo intervento di un numero di consiglieri (giusto appunto 4, NdR.) superiore a quello stabilito dai citati articoli. Con disposizione che la presente modifica avrà effetto dal 30 gennaio 1917”.
A firmare il tutto “sciaboletta” Vittorio Emanuele III, Re d’Italia per grazia di Dio e per volontà della Nazione.
Veduti gli articoli 4 della legge 640 del 19 giugno 1913 e l’articolo 3 della legge 456 del 2 giugno 1914, che danno facoltà al Nostro Governo di coordinare un testo unico con le disposizioni di dette leggi, quelle del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con Nostro decreto 269 del 21 maggio 1908 e delle altre che lo hanno modificato;
Veduto il parere del Consiglio di Stato in adunanza generale; sentito il Consiglio dei Ministri; sulla proposta del Nostro Ministro, Segretario di Stato per gli affari dell’Interno, Presidente del Consiglio dei Ministri, ordiniamo:
che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare”. Firmato: Re Vittorio Emanuele III, Antonio SALANDRA (Presidente del Consiglio dei Ministri) e Vittorio Emanuele ORLANDO (Guardasigilli