ALUNNO IMBRATTA IL BAGNO DI CACCA, CARCERE ALLA SUPPLENTE!
IL TRIBUNALE DA RAGIONE ALLA BABY GANG DELLA V ELEMENTARE

ALUNNO IMBRATTA IL BAGNO DI CACCA, CARCERE ALLA SUPPLENTE! IL TRIBUNALE DA RAGIONE ALLA BABY GANG DELLA V ELEMENTARE

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A Parma un giudice donna accoglie l’istanza di due mamme e condanna la maestra a 50 giorni per aver abusato dei mezzi di correzione nei confronti dei ragazzini 11enni di una quinta elementare, definiti maleducati ed invitati a dire la verità. Il Pm aveva chiesto l’assoluzione ma la dottoressa Purita, nonostante testimonianze non concordanti, ha deciso per la colpevolezza dell’insegnante. Reazioni a catena da sindacato e politica: quale messaggio stiamo mandando alle nuove generazioni?


“Birbantelli, cosa avete combinato? Non vi hanno insegnato le vostre mamme che non è bello scrivere con la cacca brutte frasi sui muri del bagno? Ora, se promettete tutti che non lo farete troppo spesso, vi do la mia parola che non dirò nulla al Direttore… tanto a pulire tutto sarà la bidella. Sappiate però che utilizzare quella cosa la, si la cacca, come un pennarello, non è una cosa bella da farsi. Se lo farete da grandi, ad esempio, specie se in casa d’altri, troverete qualcuno che potrebbe arrabbiarsi… quasi sicuro!”.
Così, con calma olimpica, secondo un giudice del Tribunale di Parma, al secolo tal Beatrice PURITA (introvabile in Rete anche una sola immagine del magistrato), una maestra supplente di una quinta elementare di Fornovo sul Taro (Parma), avrebbe dovuto rivolgersi alla scolaresca (di soli maschietti) colpevole in fragranza di aver appena imbrattato i muri dei bagni scolastici utilizzando i propri escrementi; di bambini 11enni ma pur sempre odorosi escrementi, scambiati dai ragazzini per nuovi, invitanti, pennarelli green.

L’esterno del Tribunale parmense

La supplente, in realtà, quel 16 febbraio 2018, non riuscì a restare impassibile di fronte all’irruzione in classe della bidella, ovvero la figura che avrebbe dovuto e che ha effettivamente rimesso a nuovo bagni e pareti simpaticamente adombrate di marrone e dintorni.
Del tutto infuriata, alla collaboratrice scolastica, come dovrebbe chiamarsi oggi, era toccato in sorte la scoperta dell’amara sorpresa; e ricordando bene l’alunno che era uscito per ultimo dai bagni maschili, aveva facilmente collegato il misfatto e accentuato la rabbia.
Accolta in classe, come si conviene oggi nel 2022, ovvero dagli sfacciati sorrisi di derisione di quasi tutti i ragazzini presenti, la bidella ha avuto a lungo l’ardire di accusare l’intera scolaresca di essere una banda di incivili, incapace persino di rispettare regole primordiali.
La supplente, una precaria 60enne al primo giorno in quella classe, ha creduto a quel punto di essere autorizzata, per il ruolo e il prestigio che la posizione le consente, di poter, anzi dover redarguire come si conviene il o i colpevoli; o, in mancanza, l’intera classe. Senza sapere di porsi in automatico, così facendo, almeno secondo il pensiero di giudici come la Beatrice PURITA del Tribunale di Parma, dalla parte del torto marcio; talmente torto e talmente marcio da meritarsi, da prima, una indagine disciplinare interna alla “Luigi MALERBA” conclusasi, a stretto giro di posta, con la “condanna” lieve dell’avvertimento ed infine, giusto lunedì scorso, la ulteriore sentenza, stavolta penale, a 50 giorni di vero carcere! 50 giorni di gattabuia, seppur sospesi dalla condizionale, comminati dalla legge, quando attribuita con il metro in utilizzo dalla dottoressa PURITA – per aver abusato del mezzo di correzione.
Quale è infatta stata la reazione della supplente di fronte all’odor di cacca fresca che, nel frattempo, dai bagni vandalizzati, si spargeva per l’aere. Da primo l’insegnante ha cercato di stoppare l’automatico esodo che subito, di fronte alla notizia data dalla bidella, si è propagato dalla quinta elementare verso i bagni; una vera e propria processione interrottasi solo quando, non sapendo più che fare, la 60enne si è vista costretta ad alzare la voce.

Bagni scolastici imbrattati

“Siete dei bambini maleducati” – ha inaspettatamente gridato loro la povera maestra dalla cattedra, invitando tutti a rientrare in classe e seguire la lezione.
“Quello che avete fatto è una brutta cosa, non degna di studenti ma piuttosto di ignoranti e cretini. Invito il colpevole o i responsabili a fare un passo avanti, evitando di dover coinvolgere tutti davanti al Preside. Non siate coglioni o deficienti e imparate ad assumervi fin da piccoli le vostre responsabilità…”.
Mormorii e pianti generali ma il colpevole o i colpevoli, lontano dall’aver compreso la gravità della situazione, si guardarono bene dall’attribuirsi quanto combinato. Anzi, una volta a casa, ancora piangenti, si sfogarono con le rispettive mamme, raccontando loro il perchè di quei lucciconi: “Quella cattivona ci ha incolpato tutti – hanno derelato gli 11enni, in lacrime anche di fronte ai genitori – ha detto che siamo dei cretini e dei coglioni… poi mi si è avvicinata e mi ha preso per il bavero del grembiule strattonandomi tante volte… Mamma ho avuto tanta paura!”.
Insomma questi monelli 2.0, almeno in provincia di Parma ma pare anche ad Osimo non sia troppo diverso, crescono davvero senza regole, irrispettosi di qualsiasi comportamento e decisamente un pò troppo figli di puttana. Per giunta anche coperti e compresi da mamma e papà, quando non anche dal solito giudice in cerca di facile pubblicità. Insomma decisamente pronti, l’anno dopo, allo scoccare del 12° anno di età, di affiliarsi a pieno titolo nella baby gang che più preferiscono! Così va il mondo, stando sempre alla visione delle cose proprie della dottoressa Beatrice PURITA che ha motivato e pubblicato a tempo di record la sentenza di condanna.
Come avrebbe dovuto comportarsi la supplente, allora, di fronte ad una simile perfomance di alunni talmente sfrontati? Quale avrebbe dovuto essere la retta via da percorrere affinchè non ne fosse scaturito violato il codice penale e macchiata la deontologia professionale?
In soccorso del cronista e del popolo italiano, incredulo di fronte a simili notizie, è giunto per fortuna il resoconto delle motivazioni emanate dal giudice PURITA, sentenza che la giunta distrettuale dell’associazione nazionale magistrati dell’Emilia-Romagna, dopo le immaginabili polemiche giunte fino in Parlamento, ha inteso opportuno affidare al libero giudizio dei cittadini amministrati.
Secondo la verità processuale emersa, è pacifico che l’insegnante, dopo aver appreso del bagno imbrattato di feci, ha insultato gli alunni, strattonandone uno per il grembiule. Inoltre una serie di fonti – quattro ragazzini sentiti nel processo, due mamme e la maestra intervenuta l’ora dopo la lezione della supplente alla sbarra – sono “coerenti e reiterate” confermando sia gli insulti proferiti ed anche parolacce persino discriminatorie.

Alla bidella di Fornovo sul Taro il compito di ripulire il bagno

“Se sgridare gli alunni per una condotta sbagliata – motiva la PURITA i 50 giorni di carcere comminati – non è solo opportuno ma anzi assolutamente doveroso, tuttavia far degenerare l’ammonimento in volgari insulti significa valicare i limiti del potere correttivo correlato all’autorevolezza del proprio ruolo”.
Inoltre “né la difficoltà nella gestione della classe da parte della maestra o l’episodio dell’imbrattamento dei bagni possono giustificare questo tipo di invettive, proferite in modo pressoché indiscriminato nonostante l’assenza di prova di chi fosse il responsabile o se fosse proprio in quella classe”.
Insomma il giudice ha sentenziato, parrebbe, la visione di tutto un altro film, arrivando a far intendere ai ragazzini tutti, di Fornovo, di Parma e d’Italia, il messaggio esplicito che l’imbrattamento dei bagni messi a disposizione dalla scuola, quando anche fosse provato come attribuibile a qualcuno, non è condotta, poi, così abominevole da meritare l’infuriarsi di un adulto; foss’anche una figura, la maestra, messa su una cattedra da uno Stato che magari si aspetterebbe sfornati dalla scuola cittadini futuri migliori.
E dire che sia le conclusioni, insolitamente assolutorie, del Pubblico ministero Massimiliano SICILIA, che le testimonianze dei quattro ragazzini chiamati in tribunale a ricordare le parole esatte attribuite alla supplente, non portano acqua alla tesi di colpevolezza emessa. Dei quattro undicenni sentiti nessuno ha ricordato gli stessi epiteti citati in accusa: insomma quattro testimonianze e quattro parolacce diverse! Quale quella giusta?
Nonostante la non coincidenza dei racconti fatti (contraddittorietà rilevata dal solo pubblico ministero che ha chiesto la non sussistenza del fatto ascritto all’insegnante e quindi l’assoluzione) la povera precaria parmense è risultata colpevole e cazziata. 50 giorni e condannata pure al pagamento delle spese processuali, oltre alla parcella del proprio legale Michele DALLA VALLE.
Numerose, comme immaginabili, le reazioni alla vicenda; a cominciare dal sindacato degli insegnanti Gilda, presente in aula. Secondo Salvatore PIZZO, coordinatore delle province di Parma e Piacenza, la vicenda racconta storie note, ovvero di un sistema a senso unico, sempre e solo contro gli insegnanti.
In particolare la Gilda richiede con forza, alla luce di quanto accaduto a Fornovo e della incredibile sentenza maturata, che gli organi periferici del Ministero dell’Istruzione, intesi come Ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna e Ufficio territoriale di Parma e Piacenza, insieme ai Dirigenti scolastici tutti, avviino le procedure, pure previste dalla legge, a carico di chi non educa i figli.

Emblematica sentenza della magistratura di Parma

La cosiddetta “colpa in educando”, stando al sindacato degli insegnanti, è ben richiamata non solo nel Codice Civile all’articolo 2048 ma figura persino anche nella Costituzione, all’articolo 30.
“Non si è mai vista un’amministrazione pubblica essere così reticente di fronte a fatti evidenti – ha sottolineato PIZZO – e dire che per questo tipo di azioni la pubblica amministrazione ha a disposizione strumenti come l’Avvocatura dello Stato. Troppo comodo scaricare tutto sui docenti. Noi, augurandosi il ricorso in appello della maestra, non ci adegueremo mai a tutto ciò”.
Sul fronte politico da rilevare le reazioni dei soli partiti di Centro-Destra. Secondo gli onorevoli Paola FRASSINETTI ed Ella BUCALO di Fratelli d’Italia (rispettivamente vice Presidente commissione Cultura alla Camera e responsabile dipartimento scuola) la sentenza mette in discussione l’autorevolezza dei maestri che, alla luce della condanna subita a Parma, non potranno più rimproverare i propri ragazzi, neanche di fronte a simili atti vandalici.
Sul fronte Lega da rilevare il commento dei consiglieri regionali Fabio RAINIERI ed Emiliano OCCHI, autori di una interrogazione al Presidente Stefano BONACCINI e soprattutto concordi nell’evidenziare il messaggio negativo che proviene dal tribunale di Parma: “Impunità per gli alunni e ridimensionamento grave dell’autorità degli insegnanti. Questo il grave messaggio che emerge da Parma, tema meritevole di essere attentamente valutato anche dalla Regione Emilia-Romagna”.
La Lega, oltre che in Regione a Bologna, insiste sul caso anche e soprattutto a Roma, rivolgendosi sia al Ministro della Pubblica istruzione Patrizio BIANCHI “per metterlo al corrente dell’ingerenza di due mamme nell’attività di formazione degli studenti” che soprattutto presso il Ministro di Grazia e Giustizia Marta CARTABIA. In particolare i senatori di Parma Maurizio CAMPARI e Gabriella SAPONARA (entrambi leghisti) chiedono di conoscere se il Ministero “intenda avviare un’ispezione per accertare i motivi che hanno portato un giudice a comminare una condanna, ignorando la richiesta di assoluzione del Pubblico ministero, perché il fatto non sussiste”.

Magistrati del Tribunale di Parma

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