Mengoni: “Nei lavori ripetitivi è previsto uno stop, quale prescrizione medica di salvaguardia”
Nessun sfruttamento del lavoro straordinario non pagato… ma piuttosto un banale recupero del lavoro quotidianamente perso a causa del riposo di 8 minuti ad ogni ora lavorata.
Questa, grosso modo, la motivazione che Giancarlo Mengoni, ex Presidente Astea e attualmente coordinatore responsabile del settore rifiuti, ci ha fornito all’indomani della notizia che vuole gran parte della lavoratrici Astea interessate al ciclo produttivo in procinto di rivolgersi all’Ispettorato del Lavoro.
“Abbiamo un pò tutti letto con attenzione l’articolo che preannuncia l’intervento degli Ispettori – spiega lo stesso Mengoni – restando senza parole di fronte alle gravi accuse, a nostro avviso totalmente infondate, che alcune nostre lavoratrici hanno sottoscritto alla stampa anzichè formalizzarle all’azienda.
Non riusciamo ad immaginare per quale motivazione stia accadendo tutto questo, di certo ciò che mi preme puntualizzare è che Astea è quotidianamente impegnata a lavorare nel rispetto delle leggi e dei vari contratti di categoria sottoscritti. Figuriamoci se possiamo permetterci una accusa di una certa gravità, come quella prospettata, di obbligare al lavoro extra le nostre dipendenti e neanche pagarle!
Alla base di tutto – continua Mengoni – crediamo di poter aver individuato il “nuovo” contratto, nuovo per modo di dire visto che è stato sottoscritto nel 2016 con il consenso di tutte le parti in causa, sindacato in testa; un accordo che, unificando la giornata lavorativa in turni anzichè il precedente orario cosiddetto spezzato, viene incontro proprio alle esigenze manifestate dalle lavoratrici.
Il nuovo orario di lavoro, pertanto, prevede turni dalle 7 alle 14 e dalle 13 alle 20 durante i quali uomini e donne usufruiscono di 10 minuti di riposo pagato e di altri 32 minuti di recupero compensativo dello sforzo, pari a 8 minuti ogni ora lavorata.
In pratica le lavoratrici vivono circa 7 ore sul posto di lavoro (esattamente 7 ore e 2 minuti), NdR.), di cui 6.30 pagate, 6.20 effettivamente lavorate e 42 minuti fra riposo pagato e riposo non remunerato; non presente in busta paga in quanto effettivamente di recupero dei 32 minuti dedicati a ritemprare le forze.
“Si tratta – spiega meglio Mengoni – di una vera e propria prescrizione medica finalizzata ad evitare, per quanto possibile, il manifestarsi di malattie professionali. Trattandosi di un lavoro manuale e ripetitivo (genere di lavoro per il quale, è stato osservato, le donne hanno maggiore familiarità rispetto agli uomini) non sarebbe possibile programmare una intera giornata di lavoro spezzandola con soli 10 minuti di stop. E ve lo dice questo una persona, come il sottoscritto, responsabile di produzione e che certo non ha fatto il “tifo” per un contratto che prevede uno stop di 8 minuti ogni 60!
E dirò di più. Oltre a rientrare nell’ambita di una precisa prescrizione medica, il contratto prevede che il personale utilizzi tali spazi, appunto quattro riposi di otto minuti per 32 giornalieri, per fare della ginnastica che faciliti il lavoratore a una postura più corretta rispetto al normale susseguirsi di un lavoro manuale sempre uguale. In realtà le nostre dipendenti utilizzano lo spazio come credono meglio: fumando una sigaretta, parlando, mangiando qualcosa… insomma non siamo così fiscali da obbligarle alla “ginnastica” se non sono interessate a farlo. Certo è che la mezz’ora persa, ovvero i 32 minuti, dovrà essere recuperata a fine turno… ma non certo come lavoro straordinario ma giusto appunto recupero dello spazio individuato come necessario da medico del Lavoro, sindacati e addetti alla sicurezza, in primis, della salute dei nostri dipendenti.
Con questo siamo sereni, di fronte all’ipotizzato intervento dell’ispettorato del Lavoro – chiude un Mengoni certo di poter smentire ogni accusa – e di essere in grado di riuscire a dimostrare la nostra più assoluta buona fede di comportamento, certi di aver agito, in primis, per la salvaguardia della salute delle nostri dipendenti”.
Per la cronaca le sei dipendenti, su otto, che hanno annunciato il deferimento di Astea Igiene urbana, parrebbero nel frattempo essere diventate sette, a conferma che tra il Din della notizia e il Don della replica di Astea Igiene urbana, potrebbe esserci spazio anche per il Dan delle dirette interessate.