Con decreto cambiano le norme per concedere i domiciliari. Nominato il vice Dap Tartaglia
Fino a ieri – parole del Ministro Bonafede – stando al metro dei giudici di Sorveglianza italiani, un poveraccio ruba galline e un boss della mafia, minacciavano la società civile con lo stesso tasso di pericolosità!
Appunto fino a ieri. Da oggi, con l’entrata in vigore del decreto legge anti boss approvato nella notte dal Consiglio dei Ministri, cambia tutto.
Spalancando le porte al comune buon senso, lo Stato ha dunque finalmente certificato, nero su bianco, che i magistrati di Sorveglianza, prima di ordinare scarcerazioni ai detenuti che richiedono detenzioni domiciliari, dovranno tener conto, nelle proprie libere valutazioni, del “tasso di pericolosità” dei soggetti!
Ma va? Chi avrebbe mai potuto immaginare che la magistratura ignorasse completamente, per il principio “la legge è uguale per tutti”, che pinco pallo e Pasquale Zagaria, ancorchè entrambi formalmente detenuti, non costituissero per lo Stato proprio la stessa minaccia!
Veramente, al 99% dei cittadini italiani perbene, il dubbio che i giudici fossero inclini a sensibilità sconosciute al popolo amministrato, era venuto ancor prima delle clamorose remissioni in circolo di delinquenti patentati del calibro di Francesco Bonura, Vincenzino Iannazzo, Pietro Pollichino e da ultimo del ricordato Pasquale Zagaria, detto chissà perchè, Bin Laden.
In ogni caso da oggi si cambia musica. Prima di rimpatriare a casa Raffaele Cutolo e decine di altri boss, messi in lista di attesa dal Covid, i giudici di Sorveglianza dovranno porsi la domanda e rispondere no al seguente interrogativo: “Costituisce davvero un pericolo il ritorno a casa del professor Cutolo?”.
Ma non basterà ancora. Il decreto sottoscritto nella notte prevede, qualora qualche togato dovesse improvvisamente impazzire e convincersi intimamente della non pericolosità sociale di don Rafaè, ciò non sarà più sufficiente per lasciare il carcere.
Prima di aprire la cella il giudice di Sorveglianza dovrà necessariamente chiedere il via libera ad altri magistrati, vale a dire ai giudici della Procura nella cui città è stata emessa la sentenza.
Inoltre, visto che lo Stato italiano è finalmente entrato nell’ordine di idee di non farsi più ridere, amaramente, dietro… anche un impazzimento della Procura giudicante in linea con il via libera del giudice di Sorveglianza non basterà più per riportare a casa i detenuti soggetti al regime 41 bis.
Per trasformare il carcere duro in arresti domiciliari da oggi servirà una terza concomitante pazzia, quella della Procura nazionale Antimafia. Solo nel caso deprecabile – a cui gli italiani, sin d’ora, si augurano non dover assister mai – di una triplice convergenza di istituti diversi… solo allora mafiosi, camorristi, casalesi e ndranghetisti vari potranno rivedere il cielo privo dei caratteristici scacchi delle sbarre.
I garantisti ad oltranza (che non mancano mai in questo strano Paese) sono già pronti ad obiettare: ma se il professor Cutolo dovesse mai morirci in carcere di Covid? La risposta, crediamo, è già bella e pronta nella quotidiana tabella che indica in 27.682 gli italiani purtroppo già deceduti. Conteggio da aggiornare con un eventuale caso in più; da piangere umanamente ma senza poi eccessivi rimpianti.
A conferma ulteriore che l’Italia della “legge uguale per tutti” ha voltato pagina, giunge la notizia della contestuale nomina fiduciaria a vice Dap (Dipartimento amministrazione giudiziaria) del magistrato Roberto Tartaglia, ex Pm a Palermo e già consulente della commissione Antimafia.
L’entrata in campo di Tartaglia a tempi di record (proposto dal vice Presidente del Csm David Ermini e immediatamente esecutivo) pone il capo dipartimento Francesco Basentini in posizione di oggettivo commissariamento.
Sentite le parole di elogio del Ministro Bonafede ad inaugurare, si spera, un nuovo clima: “Tartaglia? Un magistrato di grande valore, sempre in prima linea contro la mafia”.
Una prima linea che Basentini, è di stridente evidenza con la gestione delle rivolte nei carceri, le decisioni conseguenti e i mancati interventi sui singoli casi di scarcerazione, ha dribblato scansando ogni responsabilità, in tal modo lasciando Bonafede al limite di una chiamata politica – leggi sfiducia – di responsabilità diretta.