PALAMARA: “QUELLA MER… DI SALVINI”. MA POI SI SCUSA
LA TOGA ROSSA SOSPESA DALLE FUNZIONI E DALLO STIPENDIO

PALAMARA: “QUELLA MER… DI SALVINI”. MA POI SI SCUSA LA TOGA ROSSA SOSPESA DALLE FUNZIONI E DALLO STIPENDIO

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Archiviata l’accusa di corruzione, restano in piedi pesanti intercettazioni telefoniche che rivelano una quota di magistratura militante organica alla Sinistra!



In enorme difficoltà dopo le polemiche scatenatesi sui contenuti delle chat dei magistrati contro Matteo Salvini, Luca Palamara, il giudice – ormai ex essendo stato sospeso dalle funzioni e dallo stipendio – al centro della scabrosa vicenda venuta a galla grazie alle intercettazioni telefoniche, ha inviato un messaggio al leader della Lega chiedendo scusa per le sue improvvide affermazioni.

“Sono profondamente rammaricato dalle frasi da me espresse – ha scritto l’ex toga rossa Palamara, secondo quanto riporta “La Verità” – e che evidentemente non corrispondono al reale contenuto del mio pensiero, come potranno testimoniare ulteriori conversazioni presenti nel mio telefono”. 

Il giudice (recentissimamente assolto dall’accusa di corruzione ma incastrato a livello disciplinare dalle intercettazioni telefoniche a mezzo trojan) ha inoltre ha voluto specificare “di aver sempre ispirato il mio agire al più profondo rispetto istituzionale, che è mia intenzione ribadire, anche in questa occasione, al senatore Salvini”.

Nelle conversazioni tra giudici che sono state rese note, non ci sarebbero solo attacchi contro Salvini. Parlando con l’ex membro laico del Consiglio superiore della magistratura Paola Balducci, Palamara non nascondeva apprezzamenti sulla statura politica del leader della Lega. “A parte lui non c’è… non ci sono le figure, ci sono pezzetti”.

Il caso Palamara è emerso dopo la pubblicazione da parte de “La Verità” di alcune intercettazioni dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati. 

In una chat su Whatsapp, alcune toghe ammettevano che Salvini (ai tempi del blocco dei porti, NdR.) non stava facendo niente di sbagliato, ma ciononostante doveva comunque essere attaccato senza pietà. 

Il quotidiano diretto dal collega Maurizio Belpietro – che annovera tra i suoi lettori anche il neo commissario politico leghista Riccardo Marchetti – da qualche giorno ha reso pubblici i contenuti di alcune chat, risalenti appunto all’estate 2018, in cui alcuni magistrati parlano dell’allora ministro dell’Interno.

La chat più citata vede coinvolti il Procuratore capo di Viterbo Paolo Auriemma e Luca Palamara. Il primo, rivolgendosi al suo interlocutore, si dice molto dubbioso su quanto sta accadendo in quei difficili giorni d’agosto di due anni fa: 

“Mi dispiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente si cerca di entrare in Italia e il ministro dell’Interno interviene perché questo non avvenga. E non capisco cosa c’entri la Procura di Agrigento” aveva scritto Auriemma quando di Salvini si parlava in tutta Europa, soprattutto, per la chiusura dei porti per bloccare l’arrivo degli immigrati irregolari. 

La risposta di Palamara arriva quasi subito, sempre a mezzo whatsapp: “Hai ragione. Ma adesso bisogna attaccarlo”.

La discussione va avanti con il Procuratore capo di Viterbo, non indagato per la vicenda, che sottolinea come potrebbe essere un pericoloso boomerang continuare ad attaccare Salvini sull’immigrazione clandestina. 

“Comunque è una cazzata atroce attaccarlo adesso… perché tutti la pensano come lui. E tutti pensano che ha fatto benissimo a bloccare i migranti che le navi avrebbero dovuto portare di nuovo da dove erano partiti. Indagato per non aver permesso l’ingresso a soggetti invasori? Siamo indifendibili. Indifendibili”. 


Per la toga rossa Luigi PALAMARA, la beffa della assoluzione per il reato di corruzione, ma… la sospensione dall’incarico e dallo stipendio per le intercettazioni telefoniche

Per tacere di un un altro colloquio, citato da altri giornali, in cui il leader leghista viene chiamato da Palamara “quella merda di Salvini”.

In altri messaggi, con interlocutori diversi, è ancora Palamara ad essere protagonista. L’ineffabile ex toga rossa, definito dall’allora ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga “faccia di tonno”, esprime ancora tutto il suo disagio di fronte all’eventualità di incontrare in pubblico, sia pur casualmente, Salvini. 

Nel frattempo, si fa inviare i pdf delle sentenze del processo di Umberto Bossi e Francesco Belsito. 

Infine vi è anche un’altra chat, tra lo stesso Palamara e Bianca Ferramosca (componente della giunta esecutiva Associazione nazionale magistrati). Quest’ultima, nel novembre 2018, se la prende con i colleghi che hanno dato ragione a Salvini sull’allora Decreto legge Sicurezza, componenti di una cordata ritenuta “pericolosissima”.

Nel frattempo, ignorato da radio e televisioni e relegato a pagina 12 del “Corriere della Sera”, si viene comunque a sapere dell’avvenuta archiviazione del caso Palamara, finito sotto processo per una indimostrata accusa di corruzione all’interno del Csm.

Tra i pochi ad accorgersi la collega Roberta Jannuzzi di Radio Radicale brava a scovare la notizia in un rettangolino in basso a destra, dodicesima pagina di un Corsera di una settimana fa.

Strano. Trattasi pur sempre di uno scoop che meriterebbe tutt’altra evidenza. E soprattutto, come vedremo, ciò che la notizia non dice parrebbe reggere una apertura a tutta pagina.

Perchè? Facile da comprendere. Senza la decaduta accusa di corruzione i Pubblici ministeri che hanno condotto l’inchiesta non avrebbero potuto attivare la microspia ambientale, detta Trojan, che ha tracciato tutti gli incontri, le telefonate, le chat, ecc… intrattenute da Palamara!

E’ grazie al lavoro oscuro delle microspie che è finalmente caduto il velo su quanto gli italiani sospettano da decenni: il traffico di accordi, scambi e veti che portano le varie correnti della magistratura a spartirsi le nomine negli incarichi più delicati. Un bel troiao insomma, pagato a caro prezzo da Palamara con la contemporanea inquisizione disciplinare costatagli la sospensione della toga, nonostante l’assoluzione ottenuta, sanzionata fino alle sezioni civili di Cassazione.

Insomma innocente ma al tempo stesso anche più che colpevole!

Molti di voi, frattanto, i più perspicaci, avranno già intuito il seguito. Forse qualcuno aveva interesse a mettere alla gogna Palamara e i suoi amici per liberare spazio ad altri?

La risposta non può essere che ufficiale. No, certe cose non si fanno. Tutti i magistrati, tranne Palamara, sono al di sopra di ogni sospetto!

Che fortuna, però, quel sospetto di corruzione…

Morale per gli elettori votanti 5 Stelle. Il problema di quanto capitato a Palamara, ovvero di essere innocente ma al tempo stesso rovinato per sempre dal meccanismo di cui si è sempre avvalso, può capitare a tutti noi. Anzi capita quotidianamente a tutti gli italiani costretti a confrontarsi con questa giustizia con la g minuscola.

Questo è il risultato del movimento 5 Stelle nell’aver voluto affidare al trojan il ruolo di polizia politica… contando sulla idiozia dei suoi collaboratori di governo.

Da ultimo, infine, le motivazioni della Corte civile di Cassazione nel rigettare l’opposizione di Palamara alla sospensione dall’incarico e dallo stipendio.

La sentenza degli Ermellini sulle conseguenze disciplinari relative alle imbarazzanti intercettazioni (motivazioni depositate a metà gennaio, ben prima dell’assoluzione di Palamara per corruzione) recita testualmente. 

“Sussistono gravi elementi di fondatezza dell’azione disciplinare – si motiva – che rendono legittima la misura cautelare disciplinare adottata dal Csm, perchè la commissione disciplinare non ha arrestato il suo giudizio al clamore mediatico dei fatti oggetto dell’incolpazione, ma ha semmai aggiunto che i fatti contestati sono di consistenza, pervasività, reiterazione e sistematicità, da configurare una vera e propria frustrazione dell’immagine dell’integrità, indipendenza e imparzialità che ciascun magistrato deve possedere, con conseguente compromissione, allo stato, della credibilità dell’incolpato; anche sotto il profilo dell’imparzialità e dell’equilibrio”.


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