PRIMAVERA 1947, “TORNATE A CASA VOSTRA”
QUANDO LO SPERMATOZOO PD SPUTAVA SUI PROFUGHI ISTRIANI
Il PCI non conobbe la parola “accoglienza”. Per gli italiani di Pola e Fiume solo odio. L’UNITA’ scriveva: “Non meritano la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci il pane”
“Poi una mattina, mentre attraversavamo piazza Venezia per andare a mangiare alla mensa dei poveri, ci trovammo circondati da qualche centinaio di persone che manifestavano.
Da un lato della strada un gruppo gridava: ‘Fuori i fascisti da Trieste’, ‘Viva il comunismo e la libertà’ sventolando bandiere rosse e innalzando striscioni che osannavano Stalin, Tito e Togliatti”.
Stefano ZECCHI, nel suo romanzo sugli esuli istriani (QUANDO CI BATTEVA FORTE IL CUORE), racconta così il benvenuto del Pci agli italiani che abbandonarono la Jugoslavia per trovare ostilità in Italia. Quella che fino a pochi attimi prima era la loro Patria.
Quando alla fine della II guerra mondiale, il 10 febbraio 1947, l’Italia firmò il trattato di pace che consegnava le terre dell’Istria e della Dalmazia alla Jugoslavia di Tito, la Sinistra non conobbe la parola “accoglienza”. Tutt’altro. Si scagliò con rabbia e ferocia contro quei “clandestini” che avevano osato lasciare il “paradiso comunista”.
350.000 profughi istriani e dalmati. 350.000 italiani che la Sinistra ha trattato come invasori, come traditori.
Ad attenderli nei porti di Bari e Venezia c’erano sì i comunisti, ma per dedicargli insulti, fischi e sputi. A Bologna, invece, per evitare che il treno con gli esuli si fermasse, i ferrovieri minacciarono uno sciopero.
E poi rovesciarono il latte raccolto per le donne e i bambini affamati.
Ecco. Bisogna dire che Giorgio Napolitano ha ragione: il Pd è l’erede del Pci.
Ma oggi la Sinistra italiana, che di quella storia è figlia legittima, dimentica gli orrori del febbraio del ’47. Ora si cosparge il capo di cenere e chiede a gran voce che l’Italia apra le porte a tutti i migranti del mondo.
Predica l’accoglienza verso lo straniero. che considera un fratello, quando per anni ha considerato stranieri i suoi fratelli. Ma gli unici profughi che la Sinistra italiana ha rigettato con violenza erano italiani. Istriani e Dalmati.
L’Unità, nell’edizione del 30 novembre 1946, scriveva: “Ancora si parla di ‘profughi’: altre le persone, altri i termini del dramma.
Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città. Non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall’alito di libertà che precedeva o coincideva con l’avanzata degli eserciti liberatori. I gerarchi, i briganti neri, i profittatori che hanno trovato rifugio nelle città e vi sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla delinquenza comune, non meritano davvero la nostra solidarietà, né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi”.
Oggi invocano l’asilo per tutti. Si commuovono alla foto del bambino riverso sulla spiaggia. Lo pubblicano in prima pagina. Dedicano attenzione sempre e solo a chi viene da lontano.
Agli italiani, invece, a coloro che lasciarono Pola, Fiume e le loro case per rimanere italiani, la Sinistra riservò solo odio. Lo stesso che gli permise di nascondere gli orrori delle Foibe.
“Non dovevamo dimenticare che eravamo clandestini, anche se eravamo italiani in Italia”.
Sono comunisti e gridano ‘fascisti’ a quella povera gente che scende dalla motonave o dal treno. Urlano di ritornare da dove sono venuti” – ricorda Zecchi.
Non sono le parole di Matteo Salvini.
“Tornate da dove siete venuti” era invece lo slogan del partito Comunista di Napolitano e in seguito di Violante, di D’Alema, di Berlinguer e di Veltroni.