Identificati dalle telecamere, la Polizia ha denunciato tre dei cinque giovani presenti al raid. Si tratta si Mario Improta (20 anni), Aladine Chikh Grayaa (21) e Stefano Llano, 22 anni. Ai primi due il Questore Capocasa ha inferto anche la misura dell’avviso orale, ultimo passo per rientrare nell’ambito di una condotta accettata dalla società
In principio erano 5, tutti rigorosamente ultra minorenni, annoiati persino nella notte di Natale.
Invece della messa di mezzanotte e degli auguri alle fidanzatine, come si faceva una volta, per un mese hanno narrato le cronache di tutti i giornali possibili, il branco, già bevuto e col vizio della sigaretta, ha preferito confrontarsi con il povero defibrillatore automatico salva vita, dono del Rotary alla comunità, posizionato all’uscita delle scale mobili di via Cinque Torri.
Un oggetto evidentemente ritenuto inutile da menti cui il concetto di vita, specie se da salvare, appare decisamente troppo lontano culturalmente per essere percepito.
Ad allentare la tensione, come gli capita spesso (e spesso con strafalcioni di successo della lingua italiana), pensò il Sindaco PUGNALONI che a caldo commentò: “Questi gesti fanno male… al cuore!”.
Voto sette alla battuta ma il problema, per almeno un mese, è rimasto comunque in agenda nonostante la quasi immediata notizia che una telecamera, posizionata all’uscita delle scali mobili, aveva perfettamente inquadrato in volto tutti i poveri minor protagonisti.
E via con settimane di pubblici dibattiti sul cosa fare, cosa non fare, a che ora fare e a chi far fare banali interventi di ordine pubblico; con la città e il Consiglio comunale ad interrogarsi in sala Gialla e sui social sul “come siamo finiti”, “di questo passo cosa altro accadrà”, “poveri noi non c’è più la Osimo di una volta” e considerazioni simili sulla mancata educazione dei ragazzini, la responsabilità della scuola, della famiglia che non esiste più e persino sul pericoloso e già previsto allineamento dei pianeti in grado di lasciare catastrofi epocali in tutta Osimo.
La verità del male, come sempre, è molto più banale di quanto gli artisti del socialmente corretto si sforzano di ipotizzare; ad operare lo sfregio, aggravato dalla noia, non è stata una banda di teppisti in calzoni corti ma un quintetto di maggiorenni, ragazzi fatti fino a 22 anni, che in altre epoche la notte di Natale, invece di trascorrerla a far danni, magari l’avrebbero affrontata in caserma o – alle 3 e mezzo del mattino – a letto da un pezzo.
Ripristata la narrazione alla correttezza della verità (elemento non banale in una notizia, specie se di grande impatto emotivo per una intera comunità) veniamo a conoscere chi sono i tre protagonisti (due componenti del gruppo sono stati scagionati dall’inchiesta e abbassati al ruolo di testimoni) dell’assalto alla vita degli altri. E magari della propria.
Trattasi, purtroppo, di tre osimani di seconda generazione, in quanto tali perfettamente italiani, rispettivamente di 20, 21 e 22 anni, tutti completamente digiuni di cosa significare vivere, crescere, studiare, lavorare e sentirsi orgogliosamente osimani, integrati in una città dallo stile e dalla cultura di Osimo.
Tre giovani non integrati come, purtroppo, moltissime decine di loro coetanei che vedono Osimo come Afragola, incapaci di distinguerla da Canicattì o Vatteloapesca. Osimo vissuta tutti i giorni come un contenitore di opportunità da depredare, sostanzialmente considerate usa e getta, senza un solo valore in più del brivido del rischio, della trasgressione fine a se stessa per dimostrare di essere ancora vivi.
Non vorremmo però dipingere il quadro di un terzetto vittima della società: a prendere a spallate il totem che dal 2016 conteneva il defibrillatore e a lanciarlo rovinosamente nella sottostante piazzetta su via Guasino, hanno pensato Stefano LLANO, 22 anni, di origini Est europee, il più grande del gruppo; Aladine CHIKH GRAYAA, 21 anni, di origini nord africane e l’osiman napoletano Mario IMPROTA, 20 anni, tutti denunciati a piede libero dalla Polizia per danneggiamento, fatto aggravato dalla circostanza di aver agito contro un bene esposto alla fede pubblica. Se la caveranno con poco o nulla.
E’ in questa ottica che, dalla convocazione in Prefettura del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica di giovedì scorso, è emersa la decisione del Questore CAPOCASA di inasprire l’attesa del processo ai tre denunciati, irrogando a due loro – Mario IMPROTA e Aladine CHIKH GRAYAA – la misura dell’avviso orale.
Atto che, sostanzialmente, equivale all’ultimo avviso a cambiare sostanzialmente condotta.
Rivolto in forma orale dal Questore, la misura, effettivamente, a volte si rivela utile a recuperare soggetti in bilico, evitando loro di buttare per nulla il proprio futuro.
Nei casi più gravi, che pure non mancano anche ad Osimo, il cosiddetto avviso orale rappresenta invece il presupposto per richiedere misure di prevenzione più limitanti, come ad esempio la sorveglianza speciale, da applicarsi agli avvisati che nonostante tutto non manifestano ancora l’intenzione a recepire l’ingiunzione di mutar vita.