2014, SPACCIO COCAINA AD OSIMO
CONDANNATO IL CARABINIERE TULLI

2014, SPACCIO COCAINA AD OSIMO CONDANNATO IL CARABINIERE TULLI

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2014, SPACCIO COCAINA AD OSIMO
CONDANNATO IL CARABINIERE TULLI

Il militare, 37 anni, di stanza a Camerano, assolto per l’omissione di atti di ufficio

Carabiniere osimano condannato per spaccio di cocaina. Alessandro Tulli, 37 anni, carabiniere scelto presso la Stazione di Camerano, nonchè nipote del giudice di Pace Antonino Di Renzo Mannino, è stato ritenuto responsabile di aver posto in vendita quantità mirate di droga, scegliendo i clienti nell’ambito del suo ristretto cerchio di conoscenze cittadine.

I fatti vennero alla luce nel giugno del 2014 quando, in seguito ad una operazione degli agenti del Commissariato ai danni del bar all’epoca aperto di lato al teatro “La Nuova Fenice”, gli agenti dell’Anticrimine misero le mani su un’agenda che in maniera scrupolosa elencava clienti e spacciatori dell’hinterland cittadino.

Nell’elenco di questi ultimi, con grande sorpresa dei poliziotti, anche il carabiniere Alessandro Tulli di stanza nella vicina Camerano.

Ammanettato e portato a Montacuto dagli stessi colleghi, il carabiniere – nel frattempo sospeso dal servizio – ieri pomeriggio è stato riconosciuto colpevole dal collegio penale per il solo spaccio; assolto, invece, dall’altra infamante accusa riguardante l’omissione di atti d’ufficio.

In forza di questa mezza vittoria gli avvocati difensori del Carabiniere – Davide Toccacieli e Antonino Di Renzo Mannino – oltre a proporre ricorso nel tentativo di ribaltare completamente l’esito processuale, sperano di poter ottenere la riammissione alla divisa e quindi al lavoro.

Tulli, che ha sempre rigettato ogni accusa, in particolare ha negato ogni addebito sottolineando come ad Osimo, conosciuto da tutti, non avrebbe avuto senso alcun tipo di spaccio.

Unica ammissione del militare quella di aver consumato di droga dividendola, questa si, con alcuni conoscenti osimani. Ma senza scambio di denaro. Tra questi anche un suo accusatore, indicato nell’agenda da cui ha preso le mosse la delicata inchiesta; personaggio morto nel frattempo di cancro senza aver potuto modo di chiarire, fino in fondo, il ruolo esatto del carabiniere.

Tra le accuse da cui Tulli si è dovuto difendere in Tribunale anche quella di aver utilizzato, per i suoi traffici rivelatisi inconsistenti in sede processuale, cocaina derivante da sequestri e arresti altrui operati dai militari.

Non dunque un arresto in flagrante ma una serie di indizi che, messi l’uno accanto all’altro, hanno portato ad un quadra probatorio consistente sfociato con la richiesta delle manette. Arresto che già a caldo non aveva trovato conferma da parte del Gip, il quale, ordinando la scarcerazione di Alessandro Tulli, propose per il carabiniere la misura degli arresti domiciliari.

Appostamenti con tanto di intercettazioni telefoniche e pedinamenti del Carabinieri che sembravano, in effetti, aver disegnato una vicenda maggiormente in grado di reggere in processo.

Tutto alla fine si è risolto con l’ammissione di Tulli di assumere coca, fornirla magari ai suoi conoscenti senza eccedere in traffici allargati a possibili guadagni.

Da qui l’assoluzione per il secondo capo di imputazione e la condanna a soli 9 mesi, pena sospesa e non menzione, In attesa dell’Appello.

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