𝐋𝐚 𝐫𝐞𝐜𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐭𝐚 𝐦𝐨𝐧𝐝𝐢𝐚𝐥𝐞 𝐝𝐞𝐝𝐢𝐜𝐚𝐭𝐚 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐯𝐢𝐭𝐭𝐢𝐦𝐞 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐝𝐚 (𝐜𝐨𝐧 𝐥’𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚 𝐭𝐨𝐫𝐧𝐚𝐭𝐚 𝐚𝐢 𝐝𝐚𝐭𝐢 𝐩𝐫𝐞 𝐂𝐨𝐯𝐢𝐝) 𝐬𝐨𝐭𝐭𝐨𝐥𝐢𝐧𝐞𝐚 𝐥’𝐮𝐥𝐭𝐢𝐦𝐨 𝐠𝐫𝐚𝐯𝐞 𝐞𝐩𝐢𝐬𝐨𝐝𝐢𝐨 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐠𝐢𝐨𝐯𝐚𝐧𝐞 𝐀𝐮𝐫𝐨𝐫𝐚 𝐂𝐚𝐫𝐮𝐬𝐨, 𝐮𝐜𝐜𝐢𝐬𝐚 𝐢𝐥 𝟒 𝐨𝐭𝐭𝐨𝐛𝐫𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐠𝐮𝐢𝐝𝐚 𝐬𝐛𝐚𝐠𝐥𝐢𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐨 𝐠𝐢𝐨𝐯𝐚𝐧𝐞
La recente giornata mondiale in ricordo delle vittime stradali – con numeri attuali che riportano sostanzialmente l’Italia ai dati pre Covid del 2019 sia in termini di incidenti mortali (2.900 in un anno) che per numero dei feriti (217.992) e lesioni a persone (162.874) – riaccende i riflettori attorno alla controversa dinamica dello schianto alla Sbrozzola e – di conseguenza – alle responsabilità di legge addebitate a Mattia BURATTINI, l’investitore responsabile della vita strappata alla giovane commessa anconetana Aurora CARUSO.
Il Codice penale al riguardo, con l’introduzione della specifica dell’omicidio stradale, reato ratificato dal 23 marzo 2016 quale ramo dell’omicidio colposo contestato in precedenza, rischia di elevare sensibilmente la pena al giovane cameriere di Polverigi, primo attore dello schianto del 4 ottobre.
Cosa stabilisce l’ordinamento? Sostanzialmente causare la morte di qualcuno a causa dei propri comportamenti sbagliati alla guida, costituisce reato di omicidio a tutti gli effetti.
Le pene, a seconda della gravità dell’evento, si differenziano da un minimo di 2 ad un massimo di 12 anni di carcere, a seconda della gravità del reato.
La quantificazione della condanna è assegnata, infine, in base a tre sottocategorie di comportamento tenuto dal responsabile: si beneficia del minimo di 2 anni (elevabili fino a sette) se l’incidente mortale è stato causato per una violazione semplice del Codice stradale; la pena aumenta sensibilmente, però, ovvero innalzando il minimo a 5 anni e fino ad un massimo del doppio, qualora l’evento sia stato innescato da violazioni stradali ritenute gravi (esempio infrazione al semaforo, guida contromano, inversione di marcia ma – ragionevolmente – anche nel caso di specie, ovvero sorpasso in presenza di doppia linea continua di mezzeria, incrocio conseguente e in superamento grave del limite di velocità imposto.
Il terza comma, estraneo alla vicenda in quanto escluso dai rilievi seguiti all’impatto, aggrava ulteriormente il quadro accusatorio portando la pena, in caso di guida in avanzato stato di ebbrezza o sotto effetto di sostanze stupefacenti, in un range significativo di anni di carcere, esattamente almeno 8 e fino a 12.
Nel caso di specie, infine, è possibile che il giudice assegni un ruolo (ed eventualmente quale) al doppio episodio stradale che, nel 2021, pochi mesi prima il tragico mortale dell’Aspio, ha portato Mattia BURATTINI a perdere per ben due volte e per 10 mesi complessivi, l’utilizzo del permesso di guidare. Infrazioni stradali minori ma entrambe contrassegnate dall’assunzione di droghe alla guida.
Su due certezze si gioverà il futuro processo: in seguito ai rilievi verbalizzati dai Carabinieri di Osimo e dal racconto verbalizzato di almeno un paio di testimoni, non ci sono dubbi come l’impatto sia stato causato dalla velocità elevatissima sostenuta dall’Opel Astra di BURATTINI nonostante un limite di 70 e soprattutto dalla fase di sorpasso prolungato sostenuto dal giovane, addirittura, da quasi un chilometro prima, ovvero già all’altezza dell’Ikea.
Un contributo ulteriore possibile, al momento stranamente non ancora percorso sulla via della quantificazione della responsabilità, potrebbe fornirlo l’esame dei cellulari di BURATTINI e della CARUSO; ovvero trarre certezza, in Tribunale, che i due cellulari non abbiano giocato, nell’impatto, alcun tipo di ruolo. Questa indagine specifica, però, a quanto risulta, non sarebbe stata mai richiesta; e onestamente non sappiamo se sarà possibile svolgerla a distanza di tempo, con gli apparecchi in possesso ai legittimi proprietari.