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𝗢𝗽𝗶𝗻𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗽𝘂𝗯𝗯𝗹𝗶𝗰𝗮 𝗶𝗻𝗱𝗶𝗴𝗻𝗮𝘁𝗮; 𝗻𝗼𝗻 𝘁𝗮𝗻𝘁𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗶 𝗳𝗮𝘁𝘁𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗮𝗹𝗹’𝗮𝗿𝗿𝗲𝘀𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮𝗻𝗮 𝗰𝗼𝗽𝗽𝗶𝗮 𝗱𝗶𝗮𝗯𝗼𝗹𝗶𝗰𝗮 𝗱𝗶 𝗝𝗲𝘀𝗶… 𝗺𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗮 𝗳𝗮𝗰𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀ 𝗰𝗼𝗻 𝗰𝘂𝗶 𝗶𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝘃𝗼𝗹𝗼𝗻𝘁𝗮𝗿𝗶𝗮𝘁𝗼 𝗽𝗼𝘁𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗿𝗶𝘀𝗽𝗲𝘁𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗲 𝗴𝗮𝗯𝗯𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗮 𝗮𝗱𝗱𝗲𝘁𝘁𝗶 𝗮𝗶 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗶 𝗰𝗼𝗻 𝗲𝘀𝘁𝗿𝗲𝗺𝗮 𝗲 𝘀𝗶𝗻 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗼 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗹𝗶𝗰𝗲 𝗳𝗮𝗰𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀. 𝗙𝗼𝗻𝗱𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗮𝗹𝗲 𝗳𝗮𝗿 𝗹𝘂𝗰𝗲 𝘀𝘂𝗹 𝗿𝗮𝗽𝗽𝗼𝗿𝘁𝗼 𝗹𝗲𝗴𝗮𝗹𝗲 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗰𝗼𝗿𝘀𝗼 𝘁𝗿𝗮 𝗔𝘀𝘁 𝗔𝗻𝗰𝗼𝗻𝗮 𝗲 𝗶𝗹 𝘁𝗶𝘁𝗼𝗹𝗮𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗮𝗽𝗽𝗮𝗿𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗶𝘃𝗶𝗹𝗲 𝗮𝗯𝗶𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮𝘁𝗼 𝗶𝗻 𝘀𝗽𝗮𝘇𝗶𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗻𝘃𝗶𝘃𝗲𝗻𝘇𝗮 𝘁𝗿𝗮 𝗮𝗳𝗳𝗲𝘁𝘁𝗲 𝗽𝘀𝗶𝗰𝗵𝗶𝗮𝘁𝗿𝗶𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗼𝘁𝘁𝗼𝗽𝗼𝘀𝘁𝗲 𝗮 𝘁𝘂𝘁𝗲𝗹𝗮 𝗱𝗶 𝗹𝗲𝗴𝗴𝗲. 𝗔 𝗰𝗵𝗲 𝘁𝗶𝘁𝗼𝗹𝗼 𝗶𝗹 𝗗𝗶𝗽𝗮𝗿𝘁𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗦𝗮𝗹𝘂𝘁𝗲 𝗺𝗲𝗻𝘁𝗮𝗹𝗲 𝗼𝘀𝘀𝗲𝗿𝘃𝗮𝘃𝗮 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗼 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗼 𝘀𝗲𝗻𝘇𝗮 𝘀𝗲𝗴𝗻𝗮𝗹𝗮𝗿𝗲 𝗼 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝘃𝗲𝗻𝗶𝗿𝗲? 𝗜𝗻𝘁𝗮𝗻𝘁𝗼 𝗙𝗿𝗮𝗻𝗰𝗼 𝗙𝗿𝗮𝗻𝘁𝗲𝗹𝗹𝗶𝘇𝘇𝗶 , 𝗻𝗼𝗻𝗼𝘀𝘁𝗮𝗻𝘁𝗲 𝗹𝗲 𝗶𝗺𝗺𝗮𝗴𝗶𝗻𝗶 𝗲𝘀𝗽𝗹𝗶𝗰𝗶𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗳𝗲𝗹𝗹𝗮𝘁𝗶𝗼 𝗲 𝗹𝗲 𝗮𝗰𝗰𝘂𝘀𝗲 𝗱𝗶 𝗾𝘂𝗮𝘁𝘁𝗿𝗼 𝗱𝗼𝗻𝗻𝗲, 𝗻𝗲𝗴𝗮 𝗼𝗴𝗻𝗶 𝗮𝗱𝗱𝗲𝗯𝗶𝘁𝗼. 𝗟𝗮 𝗺𝗼𝗴𝗹𝗶𝗲 𝗗𝗶𝗻𝗮 𝗠𝗼𝗴𝗶𝗮𝗻𝗲𝘀𝗶, 𝗮𝗰𝗰𝘂𝘀𝗮𝘁𝗮 𝗱𝗶 𝗺𝗮𝗹𝘁𝗿𝗮𝘁𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗮𝗴𝗴𝗿𝗮𝘃𝗮𝘁𝗶, 𝗿𝗲𝘀𝘁𝗮 𝗮𝗶 𝗱𝗼𝗺𝗶𝗰𝗶𝗹𝗶𝗮𝗿𝗶. 𝗦𝗼𝘁𝘁𝗼 𝗶𝗻𝗰𝗵𝗶𝗲𝘀𝘁𝗮 𝗹𝗮 𝗳𝗶𝗴𝗹𝗶𝗮 𝗠𝗶𝗰𝗵𝗲𝗹𝗮 𝗙𝗿𝗮𝗻𝘁𝗲𝗹𝗹𝗶𝘇𝘇𝗶, 𝘃𝗼𝗹𝗼𝗻𝘁𝗮𝗿𝗶𝗮 𝗴𝗿𝗮𝘁𝘂𝗶𝘁𝗮

Il meccanismo sembra essere del tutto legale; addirittura ineccepibile a prova di legge.

Insomma alla fine dell’inchiesta, parallela a quella degli orrori commessi all’interno dell’appartamento jesino al 55 di via del Verziere dalla coppia diabolica FRANTELLIZZI & MOGIANESI, potrebbe perfettamente emergere che si… le cose si fanno così… che tutto è in regola… ogni legge rispettata alla virgola!

Sperando ovviamente di aver mal compreso e che qualcun altro, al di la dei protagonisti dei turpi episodi di cronaca nera, si ritrovi a dover render conto al popolo italiano del proprio comportamento burocratico, proviamo a ricapitolare quanto successo a Jesi.

Una recente immagine, purtroppo sfocata, della coppia jesina – Franco FRANTELLIZZI, 86 anni, originario di Frosinone e della moglie Dina MOGIANESI, 78 anni, ex assistente sociale – gravemente accusata per le gestione di un appartamento coabitato da 5 affette psichiatriche

Basta ed avanza un pò di iniziativa e, conoscenza dei meccanismi per avvantaggiarsi e fare mercato persino della voce solidarietà e di qualsiasi volontariato, a cominciare da quello gratuito.

Per riuscirci, nel caso specifico, occorre un qualsiasi appartamento, le conoscenze professionali una ex assistente sociale in pensione e una rete di amicizie, presso tutori e amministratori di sostegno sparsi nel territorio e abilitati in Tribunale, a cui proporre vantaggiose soluzioni per i propri assistiti.

Cosa può esistere di meglio al mondo di una comunità alloggio privata, animata oltretutto dal lavoro gratuito di tre volontari allergici al reddito?

Un autentico Paradiso in terra, un mondo del Mulino bianco dove tutti corrono e trascorrono il proprio tempo, ogni giorno, a cucinare, pulire, rendere piene e felice la giornata di ciascun ospite!

E questo nonostante i benefattori abbiano già, rispettivamente, 86 e 78 anni, ovvero nel pieno di quella quarta età nella quale, più realisticamente, la vita suggerisce a ciascuno di pensar bene alla propria giornata che preoccuparsi per il benessere altrui; oltretutto se, quello altrui, inficiato alla base da pesanti deficit psichiatrici…

Lunedì 15 aprile, via del Verziere, 55: l’arresto di Diana MOGIANESI per il grave episodio costato un lembo di orecchio ad una delle assistite!

In ogni caso, fin qui, l’inchiesta potrebbe giungere a scoprire che nessuna legge è stata violata. E che occuparsi del prossimo, a 164 anni in due, potrebbe valere, al limite, una medaglia al valor civile in più da appuntarsi al petto…

E poco o nulla cambierebbe lo scenario anche il particolare dei costi gestionali da coprire (ogni ospite mangia, si veste, va curato ed ha, in teoria, esigenze normali e quotidiane da soddisfare) magari ricorrendo alle pensioni sociali, all’assegno di accompagnamento e alle ulteriori possibili entrate gestite, singolarmente, dai vari Amministratori di sostegno. Aspetto questo, ulteriore e finale, che lasciamo nelle more dell’inchiesta in corso; sempre che il giudice di merito vorrà arrivare a mettere in controluce e smascherare il meccanismo, senza accontentarsi di condannare e basta i soliti furbetti.

A pensarla grosso modo come OSIMO OGGI è anche l’associazione denominata “Tutela salute mentale per la Vallesina”, intervenuta a commento della vicenda.

“Riteniamo opportuno intervenire sulla vicenda dell’appartamento di via del Verziere, che ospitava disabili psichici anche gravi – attacca l’associazione – per esprimere innanzitutto piena solidarietà alle vittime degli abusi che stanno emergendo.

Nessuno ora cada dal pero, sarebbe insopportabile e indecoroso.

Le “anomalie” di quell’appartamento erano note da tempo a tutte le parti in causa: amministratori di sostegno, sanitari, Forze dell’ordine, magistratura!

L’associazione “Tutela Salute Mentale per la Vallesina” aveva segnalato più volte agli Enti e alle autorità competenti irregolarità di tipo gestionale, accertate da ultimo anche dai Carabinieri del Nas, da noi chiamati in causa.

La Squadra mobile, diretta dal dottor Carlo PINTO, bussa alle porte dell’inferno jesino

Ciò che abbiamo appreso dai giornali riporta una situazione ancor più grave rispetto a quella che avevamo denunciato.

Il “volontario” (Franco FRANTELLIZZI, NdR.) colto a cucinare in brache calate, è purtroppo l’orrenda punta dell’iceberg.

Che poi i volontari cucinano? Ma certo! Chi non gradirebbe a casa propria – si chiede il comunicato – un aiuto simile?

Peccato che qui si stia parlando di una struttura realizzata dall’associazione di volontariato gestita dai due arrestati (come si chiama la struttura, NdR.) e alimentata da invii di pazienti da parte del Servizio di salute mentale in base ad una “convenzione” tra loro. 

Da sempre – osserva la nota – la malattia mentale è la “cenerentola” del Servizio sanitario pubblico: pazienti e famiglie vivono nell’isolamento il doppio dramma della malattia e l’umiliazione del ricatto fatto di silenzio.

Precipitare nel buco nero del disagio psichico è facilissimo, uscirne è impresa titanica.

I matti – chiamiamoli pure così, ma con affetto – sono quanto di più difficile esista da gestire; a meno che non li si imbottisca di psicofarmaci e via.

Se poi chi ne dovrebbe aver cura li rinchiude in “appartamenti in condivisione” gestiti, udite udite, da badanti, da “volontari” e da altri soggetti che si girano dall’altra parte… beh, allora siamo alla follia… Non quella dei matti, bensì quella criminogena dei presunti sani!

Non chiamiamo i soggetti coinvolti “volontari” – esorta a pensare il comunicato dell’associazione – perché i volontari veri sono ben altre persone.

Attendiamo fiduciosi che la magistratura voglia, almeno questa volta, approfondire tutti i risvolti della vicenda; sin dall’iniziale avvio della struttura.

Avvio sul quale la nostra associazione aveva acceso un faro da subito, nel lontano 2018, con invio massiccio di lettere, esposti e segnalazioni che non hanno avuto la dovuta, meritevole, attenzione”.

Circa l’inchiesta in corso Franco FRANTELLIZZI, assistito dall’avvocato Alessia BARCAGLIONI di Jesi, ha risposto alle prime domande poste dal giudice negando però ogni addebito e persino l’evidenza delle immagini.

Una recente immagine di Dina MOGIANESI, 78 anni, assistente sociale in pensione. La donna, già chiaccherata da almeno un decennio nel proprio ambiente, potrebbe aver avuto un ruolo nell’ideare la coabitazione di tante poverette

Per lui l’accusa parla di almeno quattro donne “infastidite” sessualmente da almeno due anni a questa parte, ovvero dalle attuali ex ospiti dell’appartamento. Gli episodi, basati sulla testimonianza delle quattro inferme, parlano di una presenza dell’uomo come cuoco particolare, ovvero a pantaloni abbassati o nudo sotto la doccia insieme alle assistite volontariamente e gratuitamente da FRANTELLIZZI.

Episodi che potrebbero lasciare il tempo trovato in sede processuale in quanto non avvalorate da immagini e testimonianze ulteriori come l’ultimo, portato a galla dalla Squadra Mobile intervenuta ad interrompere una fellatio avviata da una 65enne.

A maggior ragione la difficoltà di ricostruire con esattezza quanto accaduto in via del Verziere, 55 si avrà andando indietro nel tempo, fino al 2018, anno di avvio dell’esperienza di convivenza, con un numero di persone passate per la casa-famiglia fino a nove.

Più leggera, al momento, la posizione della moglie Dina MOGIANESI accusata, con certezza, dell’episodio finale costato ad una poveretta da punire, parte del lobo di un orecchio!

Per la donna, ai domiciliari con il marito presso la propria abitazione di via dei Monti Sibillini, il capo di imputazione è di maltrattamenti aggravati.

Solo indagata, a piede libero, la terza componente la famiglia, ovvero la figlia Michela FRANTELLIZZI anche lei operante nell’appartamento di via del Verziere con lo stesso status vantato dal padre e dalla madre, vale a dire volontaria e gratuita.

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