Il Gip di Catanzaro Antonio Battaglia firma gli arresti domiciliari per Domenico Camillò. Spettacolare la motivazione: “Se il detenuto si ammalasse di Covid non sapremmo come curarlo!”
Dopo appena quattro mesi di carcere a Caltanissetta, ha lasciato la cella anche il boss calabrese Domenico Camillò, 79 anni.
L’uomo, arrestato prima di Natale in quanto accusato di associazione mafiosa in quanto reggente della cosiddetta “’ndrina” dei Pardea a Vibo Valentia, nonchè promotore di un nuovo “locale”, fin dal 2012, nella stessa Vibo, è stato rimesso in libertà poco dopo Pasqua dal giudice per le indagini preliminari di Catanzaro Antonio Battaglia.
Il Gip, accogliendo l’istanza degli avvocati Francesco Sabatino e Walter Franzè, ha disposto la scarcerazione “per virus” di Camillò… nonostante la provincia di Caltanissetta sia sempre risultata, ora e all’epoca del provvedimento, esente dal contagio!
Attualmente, a pandemia ormai esaurita, i positivi al virus in provincia di Caltanissetta ammontano ad appena 176, vale a dire un caso ogni 1.600 abitanti! Rapporto che a Pasqua, in tutta la Sicilia era di fatto pari a zero.
Eppure, nonostante il virus non sia mai sceso al Sud il giudice Battaglia ha ritenuto, per Camillò – come per altri 373 boss che hanno usufruito della trattativa di marzo tra Governo e Mafia – giusta la concessione degli arresti domiciliari.
Curiosa, come sempre, la motivazione adottata dal giudice per spiegare al popolo italiano (che per applicare la giustizia paga lo stipendio anche al dottor Battaglia) il senso del discutibile provvedimento.
“Domenico Camillò è bene che torni a casa perchè, in caso venisse contagiato dal virus (nei fatti inesistente in Sicilia, NdR.) la struttura penitenziaria di Caltanissetta non sarebbe stata in grado di curare il boss! Data l’età e le condizioni di salute di Camillò il rischio di decesso, semmai si fosse ammalato, sarebbe stato alto!!!”.
Così è… se vi pare. Commenterebbe, non a caso, un altro grande siciliano (Pirandello di fronte alla ineluttabilità del – chiamiamolo così – destino).
Eppure, secondo le dichiarazioni di accusa del collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena, Domenico Camillò non sarebbe uno qualunque ma piuttosto il massimo esponente della ‘ndrangheta a Vibo Valentia, vantando rapporti con i Bellocco e con il capo-crimine Mico Oppedisano di Rosarno, figurando a pieno titolo tra i promotori della nuova ‘ndrina locale costituita a Vibo Valentia nel 2012.