Voto e salute, quando persino i diritti insopprimibili non vanno d’accordo. Si rimedierà con litri di gel: fino a tre igienizzazioni delle mani per ciascun votante! Mascherina obbligatoria tranne che per il riconoscimento visivo, a due metri dal Presidente. Tra rischi e tempi allungati a dismisura, si fa strada la possibilità dell’ulteriore rinvio delle elezioni
Tripla igienizzazione delle mani (le prime due volte obbligatoriamente previste dal protocollo sanitario, la terza solo facoltativa), regolare mascherina d’ordinanza indossata e distanza raddoppiata – da 1 a 2 metri – fintanto che il Presidente del seggio ci chiederà di rimuoverla (momentaneamente) per consentire la regolare identificazione dell’elettore.
In tempo di Covid risorgente mettere insieme due diritti, quello al voto e quello parimenti importante alla salute, non sarà semplice.
Come mettere in sicurezza oltre 51 milioni di italiani, distribuiti in 61.572 sezioni, concentrandone circa 900 in circa 24 ore.
Insomma, considerato che in molte zone d’Italia gli elettori saranno chiamati ad esprimere un triplice giudizio – Referendum confermativo, sette regionali su 20 e migliaia di Comunali, oltre ad un quarto voto per le supplettive al Senato dei collegi Sardegna 3 e Veneto 9 – mai come stavolta riuscire a votare costituirà un’autentica impresa!
Pur saggiamente diluendo le operazioni di voto – e quindi l’afflusso della gente – anche dalle ore 7 alle 15 di lunedì 21 settembre, restano tutti gli appesantimenti dovuti alle misure di sicurezza da rispettare.
Provate a fare con noi questo calcolo. Nella ipotesi che gli italiani partecipino in massa (ipotesi puramente di scuola) non ci sarebbe tempo sufficiente, tra un disbrigo e l’altro, per far partecipare tutti!
Ma anche provare a farne votare appena la metà, rispettando il rigido protocollo sanitario, non sarà semplice. Ecco perchè.
Ogni elettore, già all’ingresso al seggio, verrà chiamato ad igienizzare le mani con l’apposito gel idroalcolico che troverà nelle vicinanze della porta.
Quindi l’elettore, ovviamente con mascherina già indossata fin dall’ingresso nell’istituto sede di voto, dovrà seguire un apposito percorso e avvicinarsi alla distanza minima di 2 metri dal Presidente, togliere la mascherina, ricevere le schede e la matita, voltarsi verso gli altri scrutatori per essere riconosciuto; ricevuto il via libera, l’elettorato dovrà rimettere la mascherina, detergere – vista scrutatori – una seconda volta le mani e finalmente indirizzarsi alla cabina.
A questo punto la norma spera che l’elettore abbia idee sufficientemente chiare sul da farsi su tutti i 3 o addirittura 4 quesiti proposti. Fondamentale risulterà essere decisi, non temere di imbrogliarsi e soprattutto far subito perchè dietro di voi, in attesa, la fila potrebbe essere davvero molto lunga.
Poste le tre o quattro 4 “X” al punto giusto, indicate le eventuali preferenze – 2 Regionali e altrettante Comunali – non resta che richiudere le schede e consegnarle in fretta e furia al Presidente che, munito di guanti, le indirizzerà in ciascun urna, non prima di aver recuperato la matita e invitato l’elettore ad uscire… meglio se dopo un terzo lavaggio delle mani con il gel. Stavolta solo facoltativo.
Non sappiamo quanto tempo abbia previsto la macchina statale affinchè anche gli 80enni riescano ad ottemperare a tutto questo.
Dato che la matematica non è una opinione, noi abbiamo calcolato, stimando una partecipazione minima del 53% degli aventi diritto, una distribuzione media minima di almeno 20 elettori per ciascuna delle 24 ore di apertura del seggio.
Venti elettori all’ora significa avere a disposizione, per entrare, igienizzarsi, votare, completare le operazioni di sanificazione ed uscire, meno di 3 minuti a persona.
Anzi molto meno di 3 minuti visto che il protocollo sanitario prevede, ciclicamente, nel corso delle due giornate di voto, che squadre di igienizzatori entrino in azione per garantire tutti – votanti, operatori e addetti ai seggi – la giusta sicurezza anti Covid.
Autentici “squadroni della morte” (del virus) che, alla bisogna, entreranno in azione per strofinare, detergere e disinfestare ogni superfice di contatto, dai tavoli alle cabine elettorali, dalle matite ai bagni… arieggiando spesso il seggio e rimboccando di continuo i dispenser col prezioso gel.
Per quanto riguarda i possibili votanti malati – udite, udite – l’accesso al voto è invece incredibilmente rimesso alla coscienza e alla responsabilità di ciascun partecipante!
Non potendo costituzionalmente impedire ad un elettore, “semplicemente” malato, di prendere parte alla triplice consultazione – abbiamo già ricordato che il voto è un diritto, sacro quanto il diritto alla salute – il protocollo sottoscritto dal Ministro dell’Interno Lamorgese e dal Ministro della Salute Speranza (il primo Ministro tecnico e l’altro rappresentante del 2% degli Italiani, NdR.) si limita gioco forza al senso di responsabilità e al rispetto delle regole basilari di prevenzione, quali:
evitare di recarsi al seggio in caso di sintomatologia respiratoria o temperatura superiore a 37.50° centigradi;
evitare ugualmente di professare il proprio voto se, nelle ultime due settimane, si è stati in quarantena o isolamento domiciliare;
evitare di presentarsi al voto se si ha consapevolezza di essere stati, negli ultimi 14 giorni, a contatto con persone positive al virus.
Per tali ragioni, non potendo obbligare nessuno dal non partecipare alla kermesse elettorale, il comitato scientifico ha ritenuto inutile procedere con la rilevazione della misurazione corporea durante l’accesso ai seggi, limitando il tutto – sani e malati – all’utilizzo di mascherine e gel in quantità.
Scartata, dopo breve ragionamento, l’ipotesi di raccogliere a casa il voto dei contagiati (sull’esempio dei malati impossibilitati a raggiungere fisicamente il seggio) per mancanza di volontari sufficienti a coprire i positivi di tutta Italia.
E ora via alle inevitabili polemiche, per un intero mese – destinate a diventare centrali, ancor più di quale partito o candidato scegliere – se l’andamento dell’epidemia dovesse, come si teme, riprendere a correre.
Con simili presupposti nessuno si meraviglierebbe se un sabato sera dei prossimi, a reti unificate, il premier Conte tornasse in tv a comunicare agli Italiani il necessario rinvio delle elezioni.