𝐂𝐨𝐬𝐢̀ 𝐡𝐚 𝐝𝐞𝐜𝐢𝐬𝐨, 𝐚𝐝 𝐀𝐧𝐜𝐨𝐧𝐚, 𝐮𝐧 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐨 𝐠𝐢𝐮𝐝𝐢𝐜𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐝𝐚𝐧𝐧𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐝𝐢𝐟𝐟𝐚𝐦𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐚𝐠𝐠𝐫𝐚𝐯𝐚𝐭𝐚 𝐥’𝐚𝐧𝐳𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐥𝐢𝐬𝐭𝐚. 𝐋’𝐚𝐧𝐜𝐡𝐨𝐫𝐦𝐞𝐧 𝐞𝐫𝐚 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐯𝐞𝐧𝐮𝐭𝐨 𝐜𝐨𝐧 𝐮𝐧 𝐞𝐜𝐜𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐢𝐫𝐨𝐧𝐢𝐚 𝐞 𝐬𝐚𝐫𝐜𝐚𝐬𝐦𝐨 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐜𝐞𝐧𝐝𝐚 𝐝𝐢 𝐆𝐞𝐬𝐬𝐢𝐜𝐚 𝐍𝐨𝐭𝐚𝐫𝐨, 𝐬𝐟𝐫𝐞𝐠𝐢𝐚𝐭𝐚 𝐝𝐚𝐥𝐥’𝐚𝐜𝐢𝐝𝐨 𝐥𝐚𝐧𝐜𝐢𝐚𝐭𝐨𝐥𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐝𝐚𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐩𝐫𝐢𝐨 𝐞𝐱. 𝐍𝐞𝐥 𝐦𝐢𝐫𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐓𝐫𝐢𝐛𝐮𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐥𝐚 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐚𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐌𝐚𝐮𝐫𝐢𝐳𝐢𝐨 𝐂𝐨𝐬𝐭𝐚𝐧𝐳𝐨 𝐬𝐡𝐨𝐰 𝐝𝐞𝐥 𝟐𝟎 𝐚𝐩𝐫𝐢𝐥𝐞 𝟐𝟎𝟏𝟕
E’ nato a Castelfidardo e condivide parenti ed amici ad Osimo, il Gip di Rimini gravemente diffamato da Maurizio COSTANZO.
Vinicio CANTARINI, 56 anni, nato e cresciuto nel popolare quartiere di Sant’Agostino, è il giudice per le indagini preliminari che sei anni fa, nel dicembre 2016, ritenne più opportuno ammorbidire le misure cautelari per lo stalking messo in atto da Edson TAVARES contro l’allora fidanzata riminese Gessica NOTARO.
Dagli arresti domiciliari, precauzione ritenuta congrua e richiesta a carico del Capoverdiano dal Pubblico ministero, al meno afflittivo provvedimento di divieto di avvicinamento entro la distanza di 50 metri (i due all’epoca lavoravano insieme al Delfinario di Rimini), con obbligo di dimora notturna.
Per la cronaca, ne gli arresti domiciliari chiesti ma non concessi, ne il più blando provvedimento dissuasorio ritenuto più equo da CANTARINI, hanno avuto un ruolo conseguente, decisivo nei confronti dell’episodio che il 10 gennaio 2017 portò lo straniero ad utilizzare l’acido sul volto della ex.
Stando a quanto è emerso, infatti, entrambi i provvedimenti limitativi della libertà di TAVARES si sarebbero esauriti entro il 30 dicembre 2016, ovvero undici giorni prima del grave episodio conclusivo dello stalking.
Insomma prendersela con il giudice CANTARINI per come la vicenda si è evoluta fino al suo drammatico apice, non aveva – giudiziariamente – troppo senso.
Ma non per la giovane vittima, ex finalista Miss Italia, sfigurata in volto nonostante tre mesi di querele che, la giovane sperava, potessero calmare e far desistere TAVARES.
E’ umano, insomma, che la vittima, legge o non legge, individui anche oggi, in quel comportamento troppo buono dello Stato, una deviazione del proprio destino.
Di certo, a caldo, il 20 aprile 2017, accettando per la prima volta di parlare di quanto accaduto e mostrare in pubblico, al “Maurizio COSTANZO show” in onda su Canale 5, il risultato dell’acido sulla propria carne, che di quella tesi fosse più che mai convinta.
“Vorrei sapere perché il Pm decise che TAVARES andasse arrestato – si sfogò la NOTARO nel salotto televisivo – mentre il Gip (peraltro senza mai fare il nome di Vinicio CANTARINI, NdR.) diede solo gli obblighi domiciliari…”.
COSTANZO, da esperto giornalista e conduttore tv qual è nonostante l’età, oggi quasi 85enne, non si fece scappare lo scoop, cavalcando la critica della ragazza.
“Complimenti a questo Gip! Vogliamo dire il nome del Giudice per le indagini preliminari che ha fatto questo? Mi voglio complimentare col Gip”.
E ancora: “Dico al Consiglio superiore della magistratura: fate i complimenti da parte mia al Gip che ha deciso questo”. E aggiungendo, in collegamento telefonico con l’allora Ministro della Giustizia ORLANDO, il suggerimento di indagare sul giudice. Giudice CANTARINI, dunque, sempre rimasto sconosciuto alla grande platea televisiva.
Peccato, però, che per far scattare il reato di diffamazione basti la presenza di tre sole persone e in Tribunale, a Rimini, l’indomani tutti parlavano solo della vicenda COSTANZO, abbinandola per forza al nostro quasi concittadino.
Da qui la decisione del Gip CANTARINI, sostenuto in toto dall’avvocatura riminese e dall’associazione nazionale magistrati, ovvero quell’insieme di potere codificato ribattezzato dalla stampa col termine di casta, di diffidare COSTANZO dal proseguire nella sua campagna giornalistica, preservando il Gip dalla gogna mediatica.
La replica del conduttore del Maurizio COSTANZO show fu possibilista e avanzata a stretto giro di posta: tutto si sarebbe potuto (e dovuto) chiarire offrendo a Vinicio CANTARINI pari diritto di palco e quindi raccontare, anzi spiegare a milioni di italiani – scusate se poco – l’iter tecnico della propria decisione.
A conferma, semmai fossero stati dubbi, che l’operato del collega tv era incentrato a sostenere la vittima e non certo – e perché? – motivato dallo sfizio di diffamare su Canale 5 un buon giudice ma anche e soprattutto, agli occhi degli spettatori, un illustre sconosciuto.
La lettura delle cose data all’epoca dal Gip CANTARINI non fu però sportiva come gli eventi avrebbero dovuto suggerire alla parte. Sfigurare il volto di una ragazza attraverso i terribili morsi dell’acido era, all’epoca, una tragica novità per una opinione pubblica giustamente preoccupata e spaventata per questo nuovo metodo maschile di confrontarsi con la propria metà. Insomma, detto più chiaramente, un pizzico di fair play in più sarebbe risultato grandemente gradito da parte di chi, in generale, è esentato per legge dall’errore.
La scelta di ricorrere al giudizio di un collega è invece parsa naturale al Gip CANTARINI che si è rivolto all’amico e concittadino Nazzareno CIUCCIOMEI, avvocato a Castelfidardo, per denunciare l’accaduto e costituirsi parte civile; ovviamente non a Rimini dove CANTARINI lavora da anni ma, ironia della sorte, in quel Tribunale di Ancona dove ha pure mosso i primi passi in carriera; Tribunale dorico chiamato per legge ad occuparsi delle vicende romagnole e viceversa.
Ora, l’altro giorno, avendo forse COSTANZO superato gli angusti limiti dettati dalla continenza, il giudice Maria Elena COLA non ha potuto far altro che prendere atto dell’ironia e del sarcasmo utilizzato da COSTANZO e condannare pesantemente l’anziano anchormen ad un anno di reclusione, subordinando l’esecuzione della pena al pagamento di ben 40.000 euro (80 milioni del vecchio e mai sufficientemente rimpianto vecchio conio).
Molto probabilmente Maurizio COSTANZO ricorrerà in Appello cercando di far valere le proprie ragioni di giornalista rispetto ai diritti extra di una magistratura super tutelata di proprio, se non altro almeno rispetto alle condizioni normali applicate al popolo amministrato.
E’ nel merito della vicenda che sin d’ora, da addetto ai lavori, nonostante il solito imbarazzante silenzio dell’Ordine dei Giornalisti, auguriamo all’anziano Maurizio di vincere il proseguo. Senza accontentarsi di veder decadere il processo per non esser giunto in tempo, entro il prossimo anno e mezzo, alla sua naturale definizione.
Al riguardo ci si consenta un auspicio che ben difficilmente vedremo attuato in Italia ma che rappresenterebbe, se concesso, un passo in avanti deciso verso la smitizzazione di un potere autoreferenziale.
Troviamo interessante, persino giusto, che in casi del genere, dove toccati risultano l’onore e il prestigio di una professione che più di tutte incarna l’essenza stessa dello Stato, a giudicare i futuri casi CANTARINI non siano altri giudici pari merito ma piuttosto il verdetto venga affidato completamente alla saggezza di una giuria popolare chiamata a giudicare, soprattutto, interpretando la legge col proprio vissuto di cittadino e non affidandosi al solo Codice.
Per un’Italia migliore, ci saranno mai la volontà e la forza di arrivarci?