Ai due anni e otto mesi del giudizio penale si aggiungono i 2.031.972 euro maturati nel civile. Difficilmente le famiglie TIZZANI, CAPONI e LAMPA otterranno oltre quanto pagato dall’assicurazione
Due milioni teorici. Esattamente, per il Tribunale civile di Ancona che a distanza di 19 anni ha emesso sentenza di primo grado, le giovani vite di Emanuele CAPONI (all’epoca 21 anni), Cristian TIZZANI (19 anni) e Lucilla LATINI (17 anni) vanno risarcite con 2.031.972 euro, comprensivi di accessori di legge e spese legali.
Così ha deciso il giudice Silvia CORINALDESI nella sentenza pubblicata contro l’unico imputato della “strage di Casenuove”, l’osimano Daniele SPINSANTE, ormai 40enne.
Tocca gioco forza parlare di teoria – sia in sede penale che civile – in quanto ben difficilmente l’osimano, di fatto titolare di una azienda agraria ma in realtà beneficiario di alcun reddito certo alla luce del sole, disporrà dei mezzi economici, nel corso della propria esistenza residua, per soddisfare la corposa condanna di primo grado ricevuta.
“Titolare” di fatto di una bancarella fissa, di frutta e verdura, presso il mercato centrale delle “Erbe”, SPINSANTE è stato infatto pesantemente condannato a far fronte a circa 80.000 euro di spese legali, a restituire alla assicurazione Fondiaria Sai la somma di circa 790.000 euro, la sola ad essere stata incassata dalle parti civili costituite – genitori e sorella di Emanuele CAPONI e genitori e fratello di Cristian TIZZANI – e a liquidare ulteriormente le famiglie CAPONI e TIZZANI di circa un milione 160.000 euro.
Difficile assai, visti i presupposti economici, mai variati per SPINSANTE nel corso di 19 anni, che quanto ordinato dal Tribunale, ammesso possa venir confermato negli eventuali gradi di giudizio, possa tramutarsi nel rispetto della legge.
E’ dunque probabile che l’iter civile perseguito dalle famiglie delle vittime, al di la del ristoro economico effettivo, per veder confermata in ogni sede la piena ed esclusiva responsabilità di Daniele SPINSANTE, possa esaurirsi con le sole cifre erogate dall’assicurazione: 340.000 circa per i Caponi e 340.000 per i Tizzani, mentre circa 50.000 euro risultano accantonati per Lorenzo LAMPA, l’unico uscito superstite dall’impatto, oltre a SPINSANTE.
Sostanzialmentre tre, tutte respinte dal giudice, le linea di difesa portate avanti da SPINSANTE. Da prima il ragazzo ha accusato la propria assicurazione di aver mal gestito l’evento, fino a ritardarne sensibilmente il pagamento, ai limiti dell’inadempimento contrattuale.
Nello specifico del triplice incidente mortale (un quinto ragazzo, Lorenzo LAMPA, scampò miracolosamente alla strage) SPINSANTE ha avuto l’ardire di chiedere al giudice una sorta di concorso di colpa con gli amici deceduti in quanto il suo stato di ebbrezza alcolica (pari ad un tasso alcolemico di 191.40 mg/dl contro un tasso di legge all’epoca fissato in 0.80) “avrebbe dovuto essere noto” ai trasportati danneggiati! Con conseguente accettazione di sottoporsi al rischio, esposizione valevole una riduzione del risarcimento.
Così come non l’aver indossato le cinture di sicurezza da parte delle tre vittime avrebbe dovuto comportare, stando alla tesi difensiva, una ulteriore diminuzione della somma a ristoro.
Tutte le tre eccezioni sollevate da SPINSANTE sono state definite, però, infondate dal Tribunale civile che ha concluso come non sia emersa alcuna prova che le vittime, quella maledetta notte di primavera del 22 aprile 2001, fossero state consapevoli del tasso alcolemico in capo a SPINSANTE.
“Un tale accertamento – scrive testualmente in sentenza la dottoressa CORINALDESI – necessita di per se una strumentazione tecnica evidentemente non posseduta dalle vittime prima di salire in auto, a meno che il soggetto non avesse astrattamente riferito di uno stato di alterazioni comportamentali visibili, quali un eloquio sconnesso, l’alterazione della deambulazione o un alito vinoso” .
Di tali alterazioni, invece, nel corso del processo penale – conclusosi nel 2004 con la condanna di SPINSANTE a 2 anni e 8 mesi, con solo una piccolissima parte scontata in carcere – non è emersa alcuna prova.
E neanche le cinture di sicurezza omesse avrebbero potuto molto visto che l’impatto contro un olmo sulla scarpata, verificatosi alla velocità di 117 chilometri/orari, ha determinato lo spezzamento in due dell’auto.
Un’auto Fiat Brava rubata in precedenza a Milano su committenza dello zio di Daniele SPINSANTE, Luciano RISTE’, titolare di una concessionaria di auto nei pressi di Santa Maria Nuova, condannato a 600 euro di multa e ad una pena di un anno e undici mesi di reclusione.
Un’auto formalmente “nuova”, assembrata tra due auto di provenienza furtiva e “truccata” dallo stesso SPINSANTE per ottimizzarne le prestazioni senza freni di un giovane preda di eccessi.
Ammortizzatori tarati per un’auto ben diversa da una banale “”Brava”, gomme maggiorate, barra stabilizzatrice ugualmente modificata e così il meccanismo per l’eliminazione del gas di scarico.
Senza contare ulteriori aggravanti, già considerate in sede penale: SPINSANTE era consapevole di essere “allegro” avendo partecipato con gli amici ad una festa di compleanno con tappe successive nei bar della zona; inoltre quella notte, quando la “Brava” perse contatto col terreno, volando a sinistra dalla curva sconnessa verso l’olmo del destino, SPINSANTE conosceva bene quella stradina familiare, tutte curve e buche, che da Monti di Santa Maria Nuova porta in ripida discesa fino a Casenuove.
Insomma per i giudici penali e civili e soprattutto per il buon senso e la coscienza di SPINSANTE (giunto ad affermare, pur di scampare o alleggerire il verdetto, di non essere stato alla guida della “Brava” ma di averla ceduta all’amico Lorenzo LAMPA!) il rischio di un fuori programma era stato messo nel conto.
Certo non fino al punto di proiettare i corpi di Cristian TIZZANI a 28 metri dall’impatto, a scaraventare quello di Emanuele CAPONI a 47 e catapultare il fragile fagotto di Lucilla LATINI, “fidanzatina” di CAPONI, a ben 61 metri dal luogo dell’urto devastante! Urto affrontato di fiancata, nel lato debole.
Nessuna cintura di sicurezza indossata avrebbe potuto compiere il miracolo di salvare alcuno dei tre occupanti posteriori, deceduti tutti sul colpo.
Nessuna particolare per lo stesso SPINSANTE e per l’ex amico LAMPA, parimenti sbalzati fuori dal troncone anteriore senza subire gli effetti devastanti principali della botta contro il vecchio albero.
Resta il ricordo di tre giovanissime vite spezzate, ragazzi avviati ad una brillante carriera universitaria e lavorativa, parenti tra loro e con quel giovane affetto, tra Emanuele e Lucilla, appena sbocciato.
Resta un conto pesantissimo da pagare, che certamente non verrà onorato che in minima parte, a monito di una prima parte di vita condotta pericolosamente, a scapito di innocenti.