Accolta dal Tribunale di Macerata la linea difensiva. Nella lingua italiana il termine “negra” non racchiude alcuna accezione negativa. Smontata l’accusa sostenuta dall’ex Ministro PD di diffamazione, per la quale erano stati chiesti 7 mesi
Benito MUSSOLINI spiega agli italiani il concetto di cultura.
La parola “negro” non ha in Italia l’accezione negativa che il termine possiede indiscutibilmente nei Paesi anglosassoni. A scoprire l’acqua calda, meglio tardi che mai, è giunta la dottoressa Daniela BELLESI, Presidente del collegio tribunalizio di Macerata, che ha mandato assolto il vice-Sindaco di Civitanova Marche Fausto TROIANI responsabile, tempo fa, su Facebook, di aver così definito l’ex Ministro per l’Integrazione del Governo LETTA, Cecile KYENGE KASHETU.
Bravo, molto bravo, l’avvocato difensore Gian Luigi BOSCHI, pure civitanovese, nell’evidenziare al collegio giudicante come il termine italiano non ha storicamente nulla a che vedere con l’odio razziale e l’insulto gratuito che l’accezione, nei Paesi di lingua anglosassone, invece attribuisce da sempre al termine e quindi ai malcapitati negri di oltre Oceano.
Ciò che non riusciamo a comprendere, pur nella sua linea vincente, è la necessità di saper o dover distinguere tra le cose di casa nostra e le libere interpretazioni inglesi… come se culturalmente l’Italia, indiscussa potenza culturale numero uno a livello mondiale, possa o addirittura debba prendere lezioni linguistiche americanizzate o da qualsiasi altro popolo balbettante parole in questo pianeta.
Non dovrebbe davvero esserci bisogno di ricorrere a Mussolini (vedi il discorso 1934 di Bari pronunciato contro la sorgente Germania) per andare tutti molto fieri del nostro antico idioma.
“Noi possiamo guardare con un sovrano disprezzo talune dottrine d’Oltralpe, di gente che ignorava la scrittura con la quale tramandare i documenti della propria vita, in un tempo in cui Roma aveva Cesare, Virgilio ed Augusto”.
Se noi, dunque, nel 2020, possiamo considerarci a ragione i legittimi eredi di quegli antichi fasti, per quale ragione rifarsi alla lingua inglese?
Basterebbe alla KYENGE KASHETU, alla dottoressa BELLESI, al Presidente del collegio di Disciplina numero 2 dei Giornalisti Marche Alessandro FELIZIANI (di cui vi diremo a breve) e a quanti fossero, in tutta onestà intellettuale, animati da seri dubbi semantici, scandagliare un banale dizionario alla voce “negro”.
Questa una banale spiegazione, largamente accettata in Italia, dell’incolpevole termine.
“In antropologia fisica dicesi “negro” colui che appartiene alle etnie, viventi per lo più in Africa e in poche regioni dell’Asia, comprese nel ceppo “negride”. Queste etnie sono: sudanese, nilotica, cafra, silvestre, batua, andamanese ed aetide”.
Ora, sarebbe da chiedersi, se queste banali nozioni distintive tra etnie umane erano note in Italia già 2.000 e più anni fa… perchè basare una tesi difensiva sulla differenza tra quanto intendiamo noi da sempre e cosa invece, di razzista, intendono altri popoli culturalmente non ancora pienamente sviluppati?
Forse sarà per il desiderio delle giovani generazioni di considerare i termini stranieri come positivi a prescindere… e quindi fare nostro termini come lockdown, ad esempio, come qualcosa da imitare, seguire, includere, scimmiottare.
Così per fortuna non è. Peccato che per urlarlo e scriverlo ad alta voce ci vogliono sempre più spesso sentenze… bastessero di primo grado!
Il sottoscritto, il 19 maggio 2017, per dare la notizia che il Comune di Offagna aderiva al piano nazionale, ideato e messo a punto dal Partito Democratico, cosiddetto Sprar – in pratica i famosi 38 euro al giorno a “clandestino”, altro termine che necessita di sentenze per poter tornare ad essere utilizzato – ha dovuto subire un autentico “processo” disciplinare. Finito bene solo per grazia di Dio.
“Incredibile, il Commissario Basilicata ordina allo Stato 6 neretti per Offagna”, questo il titolo costato l’addebito.
Dunque è stato sentenziato che la considerazione “Rimane negra”, come si leggeva nel post incriminato riferito all’ex europarlamentare di origini congolesi, non equivale a diffamare il destinatario del pensiero; e tantomeno che nessun aggravante per motivi di odio razziale può esservi letta. Almeno fino alla prossima, probabile, sentenza di Appello.
Per la cronaca la Procura della Repubblica di Macerata aveva chiesto per il vice Sindaco “citanò” una dura condanna a sette mesi.