Sei mesi a Montacuto e tre ai domiciliari per un reato che prevede pene da 2 a 6 anni. Ora ne rischia almeno 12
Spinti dalla tempesta giustizialista che, in crescendo, pervade il popolo italiano da oltre un anno – nel linguaggio giornalistico dicesi giustizialismo la richiesta di una giustizia rapida, severa e talvolta sommaria nei confronti di chi si è reso colpevole, specie se straniero, di particolari reati nell’ambito della criminilità organizzata – abbiamo raccolto informazioni sui Gip e Gup (rispettivamente giudice per le indagini preliminari e giudice dell’udienza preliminare) a cui il dovere di ufficio ha toccato in sorte decidere il futuro del marocchino Marouane Farah, 34 anni.
Per intenderci l’extracomunitario nord africano che da uomo libero, sottoposto al solo obbligo quotidiano di firma per essere sospettato far parte di una organizzazione locale dedita al traffico di ben 225 chilogrammi di hashish, si è reso protagonista anche del frontale contromano costato due giovani vite ai fidardensi Gianluca Carotti ed Elisa Del Vicario.
Per triste esperienza di cronisti, dunque, tornando alla nostra inchiesta alla ricerca della verità, ci aspettavamo trovarci di fronte al solito provvedimento buonista del solito giudice svuota carceri.
Realtà amara della giustizia italiana 2.0 ma realtà, per dovere di cronaca, che nulla ha avuto da condividere con le usanze più che garantiste in uso in troppe patrie Procure.
Grazie alla ricostruzione della verità giudiziaria sin qui emersa, in collaborazione con gli avvocati Emanuele Senesi di Porto Recanati e Vando Scheggia di Macerata, siamo stati messi nelle condizioni di poter riconoscere al Gip Giovanni Maria Manzoni e al Gup Claudio Bonifazi l’adozione delle più ampie misure di sicurezza previste dal Codice nei confronti di terzi, ovviamente in relazione al caso specifico.
Insomma Marouane Farah, l’altra notte, a Porto Recanati, fino ad un istante dal drammatico frontale costato la vita alla coppia fidardense, aveva titolo di essere un cittadino in libertà, sottoposto al solo vincolo della firma, avendo già scontato, tra carcere e domiciliari, circa 9 mesi preventivi, ovvero addirittura più del periodo massimo di detenzione pre processuale prevista dallo specifico reato – spaccio sostanze stupefacenti – di cui il nord africano è accusato.
Marouane Farah venne arrestato il 12 aprile scorso dai Carabinieri del nucleo operativo di Macerata – insieme ad un fratello più piccolo e ad un terzo marocchino – in quanto fortemente sospettati di far parte di un banda internazionale con italiani e albanesi dedita all’import di grosse quantità di droga “leggera”, nella fattispecie hashish.
Grosse quantità non in grammi, etti o chilogrammi ma addirittura quintali (!) per 225 chilogrammi complessivi, ben oltre il doppio del peso del vostro Direttore, che assicuriamo, non è affatto leggerino.
Per questo raid, ispirato ad una analoga operazione di sei mesi prima, novembre 2017, costata la libertà ad altre quattro persone, Marouane Farah ha pagato con sei mesi di carcere preventivo a Montacuto, fino a metà ottobre 2018, sottoscritti dal Gip Giovanni Maria Manzoni e con ulteriori tre di domiciliari, fino a metà gennaio 2019, con tanto di braccialetto elettronico, nella propria abitazione di Monte San Giusto.
Del resto sette trolley pieni zeppi, due borsoni e uno scatolone contenenti tutti hashish a quintali (valore sul mercato circa 350.000 euro), non hanno consentito alcuna operazione buonista che, in effetti, confermiamo non esserci stata.
Solo la decisione dell’imputato italiano Dante Rossi – 23 anni, di Montegranaro, nel cui garage i Carabinieri hanno materialmente rinvenuto la droga – di accedere ai benefici del rito abbreviato, con sconto di un terzo della eventuale pena, ha indotto il marocchino a richiedere altrettanto e permesso al Gup Claudio Bonifazi, fissando l’udienza per il prossimo 26 marzo, di alleggerire la posizione di Farah rimettendolo in libertà attorno a fine gennaio, previo assolvimento della firma giornaliera in caserma.
Insomma tra l’Audi A6 che viaggiava contromano sulla Statale Adriatica e l’auto con la famigliola fidardense che stava rientrando a casa dopo il sabato di Carnevale, nessuna legge italiana avrebbe potuto far argine.
Si dirà? Ma come è possibile distinguere ancora tra droghe pesanti e leggere? Oppure a quale aggravante di ragionevole surplus pena può portare un carico di oltre due quintali? Perchè le pene per chi spaccia e utilizza la morte propria e altrui come fosse acqua fresca, non vengono soppesate all’allarme sociale vissuto dagli Italiani.
Le gente, sempre più numerosa, chiede di riempire le carceri e di buttare la chiave? Ha smania di sostituirsi a giudici troppo impegnati in sentenze politiche, anzichè lavorare per l’obiettivo verso il quale hanno sostenuto e vinto un pubblico concorso?
Tutto questo, se rispecchia il volere della maggioranza di chi lavora e si impegna in questo Paese chiamato Italia, deve essere portato a conseguenza.
Uno dei motivi che hanno portato il Gup Bonifazi ad “accontentarsi” della firma è stata la necessità, giusta ma non sacrosanta, di consentire all’uomo di tornare al lavoro, come operaio, presso la Nero Giardini del suo paese; ecco una simile motivazione, sia pur tra le righe, non dovrebbe più avere diritto di cittadinanza in decisioni future.
Nel frattempo, da qui a pochi mesi, Marouane Farah si gioca per intero il proprio futuro. Il 23 marzo, considerato che a Dante Rossi, imputato principale, sono stati inflitti 3 anni di reclusione, è probabile possa scattare una condanna simile o di poco inferiore; dopo di che avrà luogo il processo per il mortale sopraggiunto a tutta velocità, ubriaco (1,8 grammi di alcool in un litro di sangue), fatto di droga, senza assicurazione, con patente scaduta e contromano! Il nord africano rischia un cumulo di pena oscillante tra i 12 e 15 anni equivalente ad una vita buttata nel cestino.
Probabile udienza di convalida del fermo già domani, giorno previsto per i funerali a Castelfidardo di Gianluca ed Elisa, mentre le condizioni dei loro due bambini stanno lentamente migliorando.