L’accettazione delle numerose sentenze non è ancora un punto fermo da cui partire
AMOS, DOPO 20 ANNI OFFAGNA
RIVENDICA ANCORA LA NON COLPEVOLEZZA
In cassa non i 2.400.000 necessari ma solo soldi per gli avvocati.
Alla 6 parti civili Guzzini pagato neanche 1 euro! La soluzione con le elezioni di giugno?

L’accettazione delle numerose sentenze non è ancora un punto fermo da cui partire AMOS, DOPO 20 ANNI OFFAGNA RIVENDICA ANCORA LA NON COLPEVOLEZZA In cassa non i 2.400.000 necessari ma solo soldi per gli avvocati. Alla 6 parti civili Guzzini pagato neanche 1 euro! La soluzione con le elezioni di giugno?

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Un cantiere aperto che di fatto, nello stesso tempo, era anche area pubblica. Una posizione ibrida, mai chiarita dall’amministrazione di allora di Offagna, nonostante le proteste e i richiami dei cittadini. Una situazione su cui, sentenze a parte, Offagna non ha mai fatto i conti sul serio… al punto che per lunghissimi decenni, forse anche oggi, ad Offagna la comunità fa fatica ad accettare il verdetto maturato a tutti i livelli nelle aule dei Tribunali.

Domenico Galluzzo, giudice di primo grado che assolse Offagna

Insomma colpevoli per la legge ma innocenti in cuor proprio. Su queste basi difficile pensare a qualsiasi risarcimento; ancor più difficile se dei soldi, in cassa, non si dispone che di pochi spiccioli… altro che milioni!

Camminando a ritroso nel tempo, fino a quell’estate 1997, la situazione non può che peggiorare. La primissima sentenza, ad Osimo, diede addirittura ragione ad Offagna. Nessuno in Comune si preoccupò sul serio di accantonare qualsiasi somma a risarcimento, forte del fatto che non sarebbero emerse responsabilità.

Abbiamo fatto un lungo viaggio indietro di 20 anni cercando di comprendere le ragioni della situazioni attuale. Ecco quanto emerso.

“Ritenuta la sentenza non condivisibile nel merito, avendo il Comune di Offagna da sempre rappresentato la propria estraneità e dichiarato la propria “non colpevolezza” riguardo alle circostanze che provocarono l’incidente del minore Amos Guzzini…”.

Avete appena letto uno dei tanti passaggi, a firma Comune di Offagna (epoca 2015) che hanno contrappunto la linea difensiva adottata da tutte le Amministrazioni succedutesi nel tempo.

Si mette nero su bianco, apertamente, che le ripetute sentenze di condanna non sono condivisibili (!) e si sancisce la “non colpevolezza” del Comune di Offagna per la morte, ormai giusto 20 anni fa, del piccolo Amos Guzzini, 7 anni.

Ci siamo presi la briga di scartabellare la montagne di carte prodotta dagli atti penali (prescrizione per l’accusa di omicidio colposo) e civili – danno quantificato in 2.180.979,21 euro + spese varie per circa 2 milioni e 400.000 – del caso Guzzini-Offagna.

Amos Guzzini, morto nel 1997 dopo cinque giorni di agonia

L’impressione, ad ogni passaggio della vicenda, come una dolorosa via Crucis di cui non si intravede ancora la conclusione, è che il Comune di Offagna, confidando in una sorta di impunità, abbia sempre evitato – fin dal primo mandato del Sindaco pro tempore Giancarlo Santilli, passando per il Sindaco Stefano Balzani e fino alle recenti dimissioni (25 febbraio 2016) del Sindaco Stefano Gatto – di prendere coscienza che la non condivisione di una sentenza è una cosa, mentre la serena accettazione del verdetto – a cui tutti siamo chiamati – è altro.

Diversamente i processi non avrebbero senso.

Proprio da una sentenza di primo grado, ovvero quella emessa dall’allora Pretore di Osimo Domenico Galluzzo, la prima e unica assolutoria delle responsabilità di Offagna nei confronti della famiglia Guzzini, potrebbe essere nato e fatto strada il falso convincimento, si spera in buona fede, che l’imprudenza, l’imperizia e la negligenza riscontrati in tutti gli altri gradi di giudizio non appartengano agli amministratori del borgo medievale.

Per avvalorare questa tesi Offagna allora accettò di giocare anche sporco; insensibile al dolore toccato in sorte ad una famiglia che con la tragica e orribile morte di Amos iniziava un calvario umano, toccato in particolare alla mamma e ad una sorelline più grandi di Amos, da cui a tutto oggi non appare sollevata.

Era il pomeriggio di una bella giornata di giugno del lontano 1997. La famiglia Guzzini – originaria di Osimo e composta da Maria Grazia Lucarelli, all’epoca 40 anni, dal più piccolo di casa Amos e da Noemi e Ambra, due sorelline più grandi (il papà Sandro, in corso di separazione, aveva lasciato Offagna la mattina per recarsi a Milano) aveva appena scelto Offagna e quell’abitazione in via Martin Luther King, teatro dell tragedia.

Da circa tre settimane i Guzzini vivono nella nuova casa e davvero non sospettavano i pericoli che avrebbero cambiato per sempre la vita di ognuno di loro.

Per Amos, addirittura, quel pomeriggio era il primo trascorso fuori dì casa, a scorazzare in bicicletta con i nuovi amici. Sullo sfondo una lottizzazione ancora da terminare, un mucchietto di sabbia con cui giocare… davvero nulla lasciava immaginare che quella strada tranquilla potesse nascondere pericoli mortali.

Ad assistere con lo sguardo Amos c’è mamma Maria Cristina… fino a quell’ultima richiesta: “Mamma faccio l’ultimo giro…”. Uno degli amichetti aveva chiesto un’ultima pedalata insieme. “Va bene Amos, ti guardo dalla porta…”.

Solo qualche istante e un urlo terribile. Urla ripetute anche dalla madre e dalle sorelline una volta che, dietro le sterpaglie esplose il dramma di uno spuntone di ferro penetrato mortalmente nel volto di Amos, conficcato tra bocca ed occhi.

“Ricordo che al mattino c’era il sole – racconta papà Sandro – e che mentre uscivo di casa Amos mi disse: “Ciao papino!”. Ero andato a Milano per comprare un’auto di seconda mano. Al ritorno, quel pomeriggio, non avevo trovato posto sul treno. Ero seduto nel corridoio quando mi chiamò mia figlia grande al telefonino.

“Amos sta male, ha un ferro infilzato nelle testa”. Dietro di lei sentivo Maria Cristina, mia moglie, che urlava».

Dopo 20 anni quel figlio è come se non fosse mai staccato dalla mamma e dai suoi familiari.

“Amos merita il silenzio – spiega la donna, ancor oggi visibilmente scossa per quei fatti lontani – e spero che questa pagina, rimasta aperta troppo a lungo, trovasse la strada per essere definita nel modo più sereno. Io non ce l’ho – continua la donna, ormai 60enne – col Comune. Io voglio solo giustizia e pace per Amos… anche se gli offagnesi mi hanno ferita molto. Mi accusarono di non aver badato a mio figlio. Quell’incidente rovinò la mia vita e le malelingue acuirono il dolore ancora di più, tanto da allora ad Offagna non sono più voluta tornare”.

All’epoca la gente di Offagna non fu tenera con lei e i Guzzini. E – incredibile a dirsi – non sembra intenerirsi neanche ora. Anzi più i fatti dalla cronaca sembrano trasferirsi in quelli della storia del paesino, più una opinione pubblica costretta a ragionare sul default a cui il Comune rischia di approdare dopo le dimissioni del Sindaco Stefano Gatto, si fa quasi “cattiva” nei confronti di una famiglia “colpevole” di rivendicare diritti sanciti da ogni sentenza seguita.

“Ci additano come se fossimo noi – conferma Guzzini – la causa del dissesto del Comune di Offagna. E non è una cosa giusta. Anzichè trovare una soluzione, provare un serio tentativo di accordo, per tutti questi lunghi anni le Amministrazioni di Offagna hanno cercato in tutti i modi di uscirne puliti addossando le colpe alla madre che stava sulla porta ad aspettarlo. Sono stati bravi in questo. Anni di menzogne e insinuazioni, anche nei tribunali, affinchè passasse il concetto che quanto successo fosse anche colpa nostra. Chiediamo rispetto».

Anche l’ammontare record del risarcimento non aiuta. Nessuna somma potrà restituire Amos all’affetto dei suoi cari ma… insinuano in molti… certo non potranno farlo tanti soldi. Tanto se più se questo denaro – somma che il Comune di Offagna, con un bilancio annuale pari alla metà di quanto deciso dal giudice Maria Teresa Omenetti, non ha – rischia seriamente di decretare il dissesto del Comune.

Sei le parti civili a cui la somma, quale risulterà effettivamente essere, andrà destinata: i due genitori, le due sorelle e due nonni di Amos. Oltre, in gran parte, al pagamento delle spese e degli interessi sopportati dall’inizio di questa storia dai due legali rappresentati dalla parte lesa. Gli unici cui, se la storia conoscerà un lieto fine, andrà bene. Ogni spesa legale è stata finora anticipata dai due professionisti, rifocillati solo dalle trattenute sul quinto della pensione dell’ex Sindaco Santilli e del tecnico Favillo. E indubbio come proprio le spese legali, sommate all’abnorme peso degli interessi maturati in 20 anni, siano alla base del piatto milionario da risarcire.

“Vorrei chiudere questa storia, sono stanca, provata fisicamente e nell’animo. Mio figlio merita il silenzio dopo 20 anni – ha detto ancor recentemente la mamma – io accetterei l’ultima offerta del Comune (900.000 euro, comprensivi della quota di Fondiaria assicurazione per 260.000 euro, il tutto pagabile in 10 rate, NdR.); mi auguro che anche gli altri e i legali vogliano un accordo. Non ne posso più di questa storia. Ho detto agli avvocati che potremmo accettare… perché il dolore è tanto e si rinnova sempre parlando ancora di Amos in termini di soldi. Quantificare la sua vita è drammatico per una mamma”.

Uno spiraglio, quello di transare a rate, ritenuto troppo rischioso. Vista la situazione in cassa al Comune di Offagna la possibilità di ottenere una piccola parte per poi dichiarare il dissesto finanziario del Comune è stato valutato troppo alto da sostenere.

“In pratica – osserva papà Guzzini – c’era la possibilità concreta che, con le rate eventualmente pagate, si sarebbero definite le sole spese legali, lasciando alla famiglia le briciole. Insomma l’ennesima beffa. Mi chiedo: quante volte deve morire mio figlio? Una volta nel 1997, la seconda nel 2007 con la prescrizione delle responsabilità penali per omicidio colposo (nessuno ha mai fatto un solo giorno di carcere, NdR.) ed ora una terza volta? Noi, nonostante tutto, non vogliamo il male di Offagna… anche se sembra passato il messaggio che la colpa di quanto sta accadendo ai cittadini di Offagna sia causa nostra. Chiediamo solo giustizia per Amos! E il fatto che lo si chieda da 20 anni e non da ieri dovrebbe rendere urgenti le nostre urla”.

Per quanti anni ancora i cittadini di Offagna e la famiglia Guzzini dovranno fare i conti la realtà? C’è stata, da ultimo, una ulteriore sentenza che, ribadendo l’esecutività del risarcimento, pone il Comune nella posizione di liquidare ai Guzzini la metà di quanto ordinato e con il residuo da accontonare in cassa.

Su queste basi l’ex Sindaco Stefano Gatto, impossibilitato nei fatti a condurre a compimento il proprio mandato secondo il proprio progetto politico, ha rinunciato alla carica aprendo le porte al Commissario prefettizio Michele Basilicata.

Conti in profondo rosso che il rappresentante dello Stato, incamerato per legge il premio assicurativo pagato dalla Fondiaria per circa 260.000 euro, si appresta a riconsegnare, pari pari, al nuovo Sindaco, vincitore di elezioni a giugno quanto mai decisive nella storia del piccolo borgo.

Al nuovo primo cittadino, contando in un colpo di fortuna che porti gli offagnesi a premiare un uomo di capacità, la responsabilità di indicare, preso atto che la sentenza di colpevolezza è cosa diversa dagli auspici di innocenza, la difficile strada da percorrere.

“Io e la mia famiglia e i nostri avvocati, nonostante quanto emerso in questi anni – conclude Sandro Guzzini – siamo più che disponibili ad individuare un punto di incontro che, soddisfatta la parte lesa, possa consentire a Offagna di conservare la propria autonomia.

Confermiamo la disponibilità a giungere ad un punto di incontro che, una volta condiviso, ci consenta di definire finalmente la vicenda di mio figlio attraverso una soluzione unica”.

Una somma da individuare e che allo stato non riusciamo ad ipotizzare come, che colmi 20 anni di imprudenza, 20 anni di imperizia e 20 anni di negligenza.

20 anni, in particolare i primissimi, pieni zeppi di brutture amministrative e falsi convincimenti interessati, consegnando finalmente Amos all’oblio e al pianto privato della famiglia.

Alla sbarra anche il revisore contabile Ilaria Ballorini
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