A marzo, aprile e maggio 2020 l’intera forza lavoro della ditta di Osimo Stazione – 15 operai – risultarono per l’Inps in Cig mentre invece continuavano a lavorare. Grazie alla Guardia di Finanza, emerso un danno per lo Stato di circa 52.000 euro, somma già posta sotto sequestro a Mauro Staffolani e signora
Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. Questa l’accusa che la Tenenza della Guardia di Finanza di Osimo ha mosso, nei giorni scorsi, agli azionisti – marito e moglie – della Ma.Pi impianti Srl di Osimo Stazione, azienda riconducibile a Mauro STAFFOLANI, presidente della Passatempese calcio.
La coppia, stando allo stato delle indagini della Procura della Repubblica di Ancona, è stata denunciata dalle Fiamme Gialle per la violazione dell’articolo 316 ter del Codice penale, norma che prevede la pena della reclusione da sei mesi a tre anni per quanti approfittano di somme o interventi di sostegno dello Stato ad imprese in difficoltà.
L’ammanco alle casse dello Stato, per un valore stimato di circa 52.000 euro, è stato interamente recuperato grazie ad un provvedimento del giudice per le indagini preliminari di sequestro preventivo e per l’intero valore percepito indebitamente; sequestro a valere sulle disponibilità finanziarie della coppia e su un immobile di proprietà, a Passatempo.
A mettere nei guai l’imprenditore e patron passatempese e signora proprio l’esplosione del Covid 19 nella primavera del 2020, allorquando la terribile novità della pandemia prese in contropiede il mondo intero e l’Italia in primis.
Erano i tempi dei canti patriottici sui balconi, della chiusura generalizzata in tutta Italia e della possibilità di uscire di casa solo per andare al lavoro, fare la spesa, portare il cane a fare pipì e una breve passeggiata rigidamente attorno casa e per sgranchire i muscoli.
E’ in questo quadro che matura, alla Ma.Pi. Srl, società di manuntenzioni impianti, l’idea di provarci, di tentare un piccolo extra finanziario, contando probabilmente sul fatto che nessuno, vista l’eccezionalità della contingenza, avrebbe sindacato troppo in controlli e riscontri incrociati.
Tanto più che quei soldi, magari duri ad arrivare, come migliaia di aziende italiane hanno lamentato nel corso della prima, durissima, ondata Covid, parevano davvero a portata di tutti, sparati a pioggia sulle imprese da uno Stato in grandissima difficoltà.
Peccato veniale o portato a compimento in piena coscienza (sarà il procedimento penale a dirlo) sta di fatto che alla Ma.Pi. Srl non si sono lasciati sfuggire quella che è sembrata essere una facile occasione… richiedere all’Inps l’apertura del procedimento di cassa integrazione, a valere per un trimestre – marzo, aprile e maggio 2020 – e per l’intera forza lavoro composta da 15 dipendenti!
In realtà, stando alle verifiche portate a termine dalla Guardia di Finanza, il lavoro alla Ma.Pi Srl non è mai mancato; di sicuro tutto è proceduto come sempre, almeno nel periodo incriminato e coperto dal primo Decreto Rilancio a firma CONTE.
La riprova sta nelle fatturazioni che la Ma.Pi. Srl ha continuato ad emettere nei confronti della propria clientela e per prestazioni erogate nel periodo di massima emergenza sanitaria; e soprattutto il riscontro della violazione è stato abilmente ricostruito dai finanzieri mettendo a confronto le dichiarazioni della coppia e i documenti contabili rinvenuti con le presenze effettive degli operai nei luoghi e nelle date di esecuzione dei lavori, oltre ad ulteriori riscontri incrociati con i fornitori della Ma.Pi Srl e – per finire ma non ultimo – dalle dichiarazioni del personale informato sui fatti.
In questo Mauro STAFFOLANI e consorte hanno trovato il modo, per l’intera primavera 2020, di non sostenere il costo del personale, riversando sull’Inps l’onere praticamente completo di mandare avanti la baracca per un danno di circa 18.000 euro al mese.
E si perchè – qui la chiusura del cerchio – sembra che nessuno dei 15 dipendenti dell’azienda di Osimo Stazione (specializzata nel settore della manuntenzione di impianti termoidraulici industriali, civili, pubblici e navali) sia mai risultato assente al lavoro nonostante la richiesta di integrazione dei guadagni girata dalla’azienda all’Inps per conto dei lavoratori.
Risultato? 52.000 euro circa, l’ammontare di 45 buste paga di un trimestre, sono rientrati in azienda “fatturando” un utile improprio di analogo importo.
Un sistema, tutto sommato, neanche troppo abile che, inevitabilmente, confidando solo sui mancati controlli, sarebbe venuto facilmente a galla; così come è stato.
Oltretutto un sistema che applicato ad una ditta sana e con clientela vera da soddisfare, non si comprende come mai possa essere stato soltanto pensato e poi attuato.
Di questa pessima idea di frodare lo Stato di risorse pubbliche attraverso cassa integrazione non dovuta, resta oggi la confisca di somme in contanti e dell’appartamento di proprietà a Passatempo; oltre ad una probabile multa da soddisfare e ad un processo penale da affrontare.