Un intero gruppo di ragazzini 14enni hanno chiesto di passare da una casacca all’altra
BASKET E POLITICA ED ELEZIONI,
È GUERRA TRA ROBUR E ROBUR FAMILY!
Prima il si della Gallo, poi vedremo ed ora un secco no… “anche a costo di farli smettere di giocare!”
E’ guerra tra Robur family e vecchia Robur per accaparrarsi un nugolo di promettenti 14enni (esattamente quindici ragazzini classe 2003) cartellinati con la neonata società presieduta da Alessandra Gallo.
Sullo sfondo, tanto per cambiare, non motivazioni di rivalità sportiva ma piuttosto ripicche politiche (Robur family vicina a Pugnaloni e Robur vicina a Latini) che l’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale inevitabilmente acuiscono.
Certo nessuno poteva immaginare che la possibilità di accaparrarsi qualche voto in più potesse essere legato alla pelle sportiva di ragazzi e relative famiglie il cui obiettivo, nella fattispecie, è esclusivamente quello di crescere sereni, insieme ad amici con cui praticare lo sport più amato.
Ma tant’è. Restiamo ai fatti. Tutti i 15 componenti di una squadra giovanile della Robur family (società nata nel 2014, sulle rovine della gloriosa Robur, allo scopo di continuare a seguire il patrimonio di esperienze in fatto giovanile che la Robur basket aveva accumulato in mezzo secolo di attività) hanno chiesto prima ai genitori e poi alla societò della Gallo di poter passare la mano… ovvero essere “ceduti” alla Robur che in questo modo avrebbe la possibilità di innestare, sulla scia della prima squadra, un primo esempio giovanile da cui far ripartire la pallacanestro nel settore ragazzi.
Alla base della decisione del gruppo di cambiare casacca, a quanto pare, ripetuti dissidi tecnici e organizzativi registrati ultimamente con la Family.
La risposta della neo società giovanile alla richiesta, nell’arco del tempo, è stata tutto un campionario di possibile evenienze.
Si è andati dal si senza condizioni al trasferimento per poi passare ad un più prudenziale vedremo e infine concludere la parabola della decisione con un no secco; no addirittura sottolineato dal commento “qualunque cosa succede… anche a costo di obbligare i ragazzi a smettere di giocare!”.
Cosa abbia motivato questo dietrofront improvviso, politica a parte, riesce difficile da comprendere. Resta la reazione dei diretti interessati, attraverso i propri genitori, di rendere pubblica la mancata trattativa sperando, coinvolgendo l’opinione pubblica cittadina, di sensibilizzare la Presidentessa Gallo a sottoscrivere il cambio di casacca.
Anche perchè – si evidenzia – lo sport è la sana crescita dei ragazzi… non imporre una vita da caserma.
Anche perchè, rileviamo da umili cronisti, il temporeggiare oltre o addirittura impedire alla squadra di continuare – in futuro – a giocare con la casacca Robur, non porterebbe a Pugnaloni un solo voto in più… anzi!
Non certo i ragazzi che oggi hanno 14 anni, non e non possono votare (ma hanno una memoria di elefante) ma piuttosto per mamma e papà che si sono già legati al dito il dicktat presidenziale.
E dire che il manifesto del 28 ottobre 2014 in cui si sanciva la nascita della Robur Family mette nero su bianco quanto segue, sembrerebbe scritto a posta, per chiarire la vicenda in atto.
La finalità della costituzione della Robur Family… “è continuare ad assicurare ai ragazzi del territorio osimano e delle zone limitrofe, la possibilità di divertirsi giocando a pallacanestro e sviluppando quello spirito di squadra vincente, nello sport e non solo. La Robur Family si propone di amalgamare tutto il movimento cestistico osimano e fortificandone il senso di appartenenza…”.
Senso di appartenenza (ovviamente non forzata come gli eventi stanno facendo intendere) che di recente si è tradotta, proprio grazie al sostegno di Pugnaloni che ha segnalato la società al direttivo nazionale Conad, in un interessante contributo economico di 18.000 euro, da spalmare sul prossimi triennio, valevole quale atto a spronare a vivere al meglio la passione e lo sport giovanile, non certo – e qui diciamo la nostra – inseguire rivalse che lo sport non hanno nulla a che vedere.
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….effettivamente la politica direi che non c’entra niente, chi commenta è un genitore di un 14enne che in un anno a visto alcuni aspetti negativi nell’organizzazione pagando anche una retta. Si può dire che la società non è mai stata presente nel momento del bisogno.
Mi va di pensare che facciano solo gli interessi propri ma da dire “qualunque cosa succede… anche a costo di obbligare i ragazzi a smettere di giocare!” ce ne vuole se si vuol far credere nello sport per i ragazzi. Veramente rammaricato….