Fabrizio Cataudella, il Vigile del Fuoco di Latina, recentemente premiato dal proprio Sindaco Coletta, per aver salvato per primo i piccoli Samuel, Edoardo e Ludovica dall’inferno di Rigopiano, su quel ritrovamento che sa di miracolo ha voluto scriverci una poesia in gergo, come per condurci tutti in quello stretto cunicolo di neve.
“Sentimo delle voci, sò lamenti,
dove nun speri, tu ritrovi vita,
allora n’è finita stà partita…
La voja de strappajele quell’anime,
a sta tera racchiusa su se stessa,
ce fà incoscenti,
nun pensi più ar pericolo
e avanzi come n’sorcio ner cunicolo…
‘Na cosa mai provata nella vita,
vede’ la gioia dentro a quell’occhietti,
occhi de ragazzini,
io me l’abbraccio come tre purcini”.
Fabrizio Cataudella è il primo essere umano entrato nella sala del biliardo dell’hotel Rigopiano dopo che la valanga ha travolto tutto. Quella dove stavano rannicchiati Edoardo, Samuel e Ludovica, i tre bimbi colti lì dallo tsunami di neve.
A distanza di un mese dai tragici fatti costati la vita a 29 persone, il Vigile del Fuoco si è sentito di raccontare quei momenti.
Con Fabrizio anche Lorenzo Botti, “l’uomo della telecamera” e Teresa Di Stefano, l’unica donna a far parte del team di salvataggio.
Entrata nel Corpo dei Vigili del Fuoco nel 2001, Teresa prima di fare il concorso si è fatta fare un orecchino a forma di scaletta. Le ha portato bene e oggi il monile è ancora al suo posto, sul lobo destro.
“La notizia che avevamo – racconta Fabrizio – era rintracciare un albergo di tre piani. Tu pensi di trovare dei punti di riferimento e invece l’unica cosa che vedi è il bianco della neve.
Ricordo bene la sensazione – aggiunge Lorenzo – cercavamo un hotel ma non riuscivamo a capire proprio dove fosse”.
Teresa è più precisa: “Dall’elicottero non vedevamo l’hotel, non vedevamo le macerie tant’è che ci giravamo intorno e abbiamo detto: “Ok, ma l’hotel dov’è?”.
Già, dov’è l’hotel. Dopo ore i soccorritori riescono a individuare alcuni punti. Comincia il lavoro con i cani, finalmente fiutano qualcosa.
Da quel punto usciranno le prime due persone estratte, la moglie di Giancarlo Parete, Adriana e suo figlio Gianfilippo. A prendere il piccolo c’è proprio Teresa.
“Era spaesato e mi è venuto da dirgli se era mai stato sul gatto delle nevi. Lui ha risposto di no e allora ho detto: “Dai, andiamo a fare un giro”.
Quel ritrovamento diede nuova energia a tutti i soccorritori. La macchina della Protezione civile riprende a scavare con più forza.
E inizia la lotta per liberare i bimbi. “Non possiamo abbattere la parete di cemento armato – racconta sempre Lorenzo – e non possiamo arrivare direttamente nella stanza. Guardo lo strato di detriti e vedo che c’è neve fresca: decido di scavare un tunnel. Cominciamo a togliere cose, continuiamo a scavare e facciamo il primo pezzo di tunnel”. Entra per primo lo stesso Fabrizio.
“Ero l’apripista. Sono più piccolo dei miei colleghi. Mi sono messo dei cuscini sotto la pancia per non bagnarmi e ho cominciato a scavare. Ma non trovavo quella porta, trovavo solamente neve. Continuavo ad avanzare, sentivo le voci più forti ma non li vedevo”.
All’esterno intanto gli altri Vigili del Fuoco trovano il solaio della stanza, fanno un buco e inseriscono la telecamera.
Gli occhi sono quelli di Lorenzo. “Entro e tutto il mondo si ferma per vedere cosa c’è all’interno. La prima cosa che vedo è il condizionatore; poi ruoto la telecamera e vedo un lampadario a tre luci, tipico delle sale biliardo.
All’improvviso arriva un ritorno di luce, due occhietti che si illuminano. Mi blocco. Il silenzio è totale. Dopo alcuni secondi riesco a vedere una faccina che esce dal buio e viene verso l’obiettivo!
La faccina si illumina e muove le mani. E’ Ludovica! Urlo. “Come stai?” e ancora: “Ci sono altre persone con te?”.
Lei esce dall’inquadratura; pochi secondi e ritorna tenendo per mano altri due bambini. Li fa muovere. Esplode una gioia incredibile tra tutti noi”.
Anche Teresa ricorda bene quegli istanti. “Sono corsi sotto la telecamera e si sono messi a ballare, la bimba specialmente. E lì tra noi c’era chi piangeva, chi urlava, ognuno con le sue emozioni”.
Nel tunnel, intanto, Fabrizio è riuscito finalmente ad arrivare all’ultimo ostacolo, una parete di legno, e a buttarla giù. E’ dentro!
“Ci siamo abbracciati, ci siamo messi a piangere tutti quanti insieme. E’ stato un pianto liberatorio. Lì è nata la promessa di portarli al cinema. Ci sono andati sabato scorso, a vedere Lego Batman, assieme a tutta la famiglia Parete”.
Intanto Lorenzo vede la scena dalla telecamera. “Vedo il lampo di luce che entra nella stanza, vedo Fabrizio che li abbraccia. E’ finita. Ci commuoviamo tutti. E’ finita”.
Una volta che i bimbi sono fuori, i pompieri si guardano, colmi di gioia.
“Non so se è stato per il desiderio di ricordare o semplicemente talmente tanta + stata la gioia di quegli istanti – dice Teresa – che abbiamo preso ognuno una palla da biliardo. Io ho la numero 5”.
Lorenzo invece sostiene che l’intervento all’hotel Rigopiano gli ha lasciato due cose “che mi porterò sempre appresso: “Lo sgomento, nel momento in cui sono arrivato. Mi aspettavo un albergo, un qualcosa ma non vedevo nulla, ero impotente di fronte alla forza della natura”.
E la seconda? “Il riflesso degli occhi di Ludovica che guardavano dritto verso la telecamera. Una luce inaspettata”.
Gli fa eco Teresa. “E’ stata la piccola ma grande riscossa dei Vigili del Fuoco perché troppo spesso ci capita di tirare fuori solo morti. Estrarre 9 persone vive ti dà la forza per i prossimi 30 anni”.
Conferma Fabrizio. “E’ vero. Samuel, Lodovica e Edoardo ci hanno ripagato di tante amarezze. Rigopiano è stata una esperienza che non mi cancellerà più nessuno… e quel contatto fisico con i bambini è stata una sensazione che porterò addosso per sempre”.
Tanto da scriverci un secondo verso che viene dal cuore.
L’amo sarvati
“Se sente come n’coro…
de’ntratto cento omini abbracciati,
sò stanchi ma sò stati ripagati
e penso dalla morte rispettati…
La dama nera sembra indispettita,
voleva vince puro stà partita,
stavorta s’è sbajata,
n’c’è riuscita”.