Silvia Romano, 24 anni, volontaria di una associazione di Fano, ha fatto rientro in Italia convertita all’Islam. La gioia di Pugnaloni!
Un euro per ciascun contribuente italiano! A circa 40 milioni – milione più, milione meno – ammonterebbe il sicuro riscatto pagato dallo Stato, attraverso i servizi segreti, per riportare a casa Silvia Romano.
Di questa montagna di denaro, quanto sia finito in tasca all’organizzazione terroristica somala Al Shabaab e quanto abbia fatto immediato ritorno in Italia – non allo Stato ma nelle capienti tasche dei solerti funzionari del “servizio esterno”, pure ringraziati dal Presidente Conte – non è ovviamente dato sapere.
Ne oggi, ne mai. A spanne è lecito supporre un democratico fifty fifty tra i terroristi cedenti e gli acquirenti rappresentanti dello Stato.
Tutto questo, poco ma sicuro, è bene che i cittadini italiani, paganti o meno, non lo sappiano; immersi come sono in una propaganda di regime, che per tre giorni porrà la notizia quale apertura positiva di ogni Tg, il popolo italiano tenderà a credere alla storiella della povera ragazza, rapita all’estero per 500 giorni e finalmente liberata dalla sapiente diplomazia italica.
Solo verso martedì-mercoledì qualche partito, in genere all’opposizione, inizierà a parlare dello “scandalo” di una poco eroica trattativa e del pagamento di un riscatto non quantificato. Un chiacchericcio politico tra addetti ai lavori, destinato fatalmente ad esaurirsi già da lunedì 18 e l’arrivo dei primi bagni in mare, finalmente liberalizzati dal Covid.
Affidato al gioco delle parti anche gli innumerevoli commenti di facciata, per lo più confinati al mondo della Sinistra politica, gruppi e gruppuscoli che dalla cooperazione internazionale traggono, non a caso, fondi vitali per la propria stessa esistenza.
Ecco così, nel nostro super piccolo, il Sindaco Pugnaloni postare in rete: “Silvia Romano è libera! Gioia immensa!”.
Cosa ci sia da festeggiare nello spendere in questo – tra l’altro in tempi dettati dalla più grave crisi economica attraversata dal Paese – i sempre più esigui fondi pubblici a disposizione, non è semplice da comprendere. Anche perchè i cooperanti italiani, tra i pochi rimasti operativi in territori ad alto rischio, figurano da sempre come le prede più ambite… quasi col cartellino del riscatto svolazzante al collo.
Fenomeno assente tra altre possibili prede occidentali i cui rispettivi Paesi non contemplano l’uso di arricchire terroristi per liberare cittadini. Anzi, se possibile, provano a sventare pagamenti e liberazioni altrui – vedi il caso Sgrena – il cui solo risultato, alla lunga, determina solo il potenziamento militare dei gruppuscoli legati alla jihad.
Appunto il caso della giornalista del “Manifesto” Giuliana Sgrena “liberata” il 4 marzo 2005 in Iraq dopo un sequestro lampo di appena un mese: liberazione costata la vita al funzionario dei servizi segreti Nicola Calipari, mitragliato dal fuoco amico americano… aperto per errore.
Convertita all’islam e in viaggio con tanto di abito alla musulmana (aspetti privati di una vicenda pubblica), Silvia Romano è così atterrata a Ciampino, ieri pomeriggio, scendendo dalla scaletta di un aereo dell’Aise (agenzia per l’informazione e la sicurezza esterna) volato appositamente a Mogadiscio (Somalia).
La cooperante milanese, 24 anni, è apparsa in buone condizioni e sorridente ai fotografi che l’attendevano sulla pista romana.
Volontaria dell’associazione onlus “Africa Milele” di Fano – fondata tra gli altri, nel settembre 2012, dalla moglie dell’onorevole grillino Roberto Rossini – la Romano venne rapita il 19 novembre 2018 in un centro commerciale di Chakama, nel sud del Kenya.
A prelevarla un gruppo di balordi locali che, come da collaudato copione, subito rivendettero la preda ad un gruppo terroristico legato ad Al Qaida in grado di pagare, gestire la prigionia e soprattutto sostenere una futura trattativa.
Secondo le prime indiscrezioni l’italiana è stata subito trasferita, dal Kenya alla Somalia, dopo un viaggio nella foresta durato settimane. Non è invece chiaro dove Al Shabaab (una casuale lunga storia di rapimenti di cittadini italiani) abbia realizzato una prigionia lunga 18 mesi.
Dopo nove mesi di silenzio, estate 2019, il primo abbozzo di trattativa tra lo Stato italiano e i miliziani; terroristi che a gennaio 2020 forniscono la prova, attraverso un filmato, per poter proseguire il negoziato: Silvia è dunque viva.
Ma è soltanto a metà aprile, grazie anche alla collaborazione interessata, sembrerebbe della Turchia (ascoltata tra le tribù somale), che si trova l’accordo sul prezzo: 82 milioni e affare fatto, con pizzo ovviamente anche per i mediatori della mezza luna.
Ovviamente, ad accordo raggiunto, l’Italia ha premuto per chiudere prima possibile. Le condizioni di sicurezza, leggi l’accidentale e sempre possibile intervento di qualche Paese amico, in quei luoghi non esistono. Tanto meno quando viaggia valuta pregiata.
Bisognava fare bene e fare subito, isolando il luogo dello scambio materiale da occhi interessati.
L’occasione giusta si è così materializzata di notte, fra venerdì e sabato, con una stretta di mano, Italia-Al Shabaab, poco ortodossa quanto efficace.
La notizia dell’avvenuto scambio se è stata rivenduta in pompa magna al popolo italiano, certamente ha fatto meno piacere, usiamo un eufemismo, alle potenze militari ed economiche occidentali a cui l’Italia è legata.
Un “meno piacere” da tradurre come l’ennesima conferma della assoluta inaffidabilità del nostro Paese, in fatto di politica estera, sia agli occhi dei gruppi terroristici che delle potenze europee ed americana. Come sempre.