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𝟮𝟭 𝗴𝗲𝗻𝗻𝗮𝗶𝗼 𝟮𝟬𝟮𝟱, 𝘂𝗻𝗮 𝗱𝗮𝘁𝗮 𝘀𝘁𝗼𝗿𝗶𝗰𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗕𝗙𝗖: 𝗮 𝟭𝟬𝟬 𝗮𝗻𝗻𝗶 𝗱𝗮𝗹 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗼 𝗦𝗰𝘂𝗱𝗲𝘁𝘁𝗼… 𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗮 𝘃𝗶𝘁𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮 𝗶𝗻 𝗖𝗵𝗮𝗺𝗽𝗶𝗼𝗻𝘀 𝗹𝗲𝗮𝗴𝘂𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝗶 𝘃𝗶𝗰𝗲 𝗰𝗮𝗺𝗽𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗲𝘂𝗿𝗼𝗽𝗲𝗶 𝗱𝗲𝗹 𝗕𝗼𝗿𝘂𝘀𝘀𝗶𝗮 𝗗𝗼𝗿𝘁𝗺𝘂𝗻𝗱. 𝗟’𝗼𝗰𝗰𝗮𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗽𝗿𝗲𝘇𝗶𝗼𝘀𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝘂𝗻𝗮 𝗿𝗶𝗳𝗹𝗲𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘀𝘂𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗰𝗮𝗹𝗰𝗶𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗳𝘂 𝗲 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗹𝗮 𝗽𝗮𝘀𝘀𝗼𝗻𝗲 𝘀𝗶 𝗲̀ 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮𝘁𝗮, 𝗶𝗻 𝟲𝟬 𝗮𝗻𝗻𝗶, 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗮 𝗴𝗶𝗼𝘃𝗶𝗻𝗲𝘇𝘇𝗮

di Sandro PANGRAZI

Daremmo volentieri, fosse possibile, un anno della nostra vita (anche qualche mese in più) per rivivere le emozioni della prima volta al Comunale di Bologna, circa 60 anni fa. Fu un Bologna-Juventus 1-1.

60 anni fa come, dopo 60 anni di attesa, ieri sera si è consumata la magia del primo successo Rosso-Blu in Champions League, al tempo la assai più super emozionante Coppa dei Campioni.

La Torre di Maratona che campeggia al Renato DALL’ARA, primo stadio di Italia per anzianità 1927

Da qui i ricordi da dedicare ai molti che purtroppo non ci sono più e ai ragazzi di oggi per comprendere il fenomeno di tifare Bologna.

Perché ci fu un tempo, una volta, che scegliere Bologna quale squadra del cuore, a 200 e più chilometri dal ribattezzato “Renato Dall’Ara”, era un fenomeno socialmente considerato abbastanza normale.

Il club, quanto a vittorie e palmares, dava del tu alle odiate “strisciate”; i conti sul piano sportivo tornavano e Bologna negli anni ’60 brillava come Capitale italiana per qualità di vita.

Insomma, anche sul piano sportivo, juventini, interisti e juventini potevano essere guardati tranquillamente negli occhi, certi di giocarsela da pari a pari sempre.

E anche chi non tifava Bologna mandava a memoria la mitica formazione dell’unico spareggio per lo Scudetto del calcio italiano: Negri; Furlanis, Pavinato; Tumburus, Janich, Fogli; Perani, Bulgarelli, Nielsen, Haller e Pascutti. Un mantra spedito letteralmente nella Storia dello sport e del costume italiano.

Si era nel pieno del miracolo italiano ma, purtuttavia, raggiungere Bologna (tutto sommato a ben pensare la città che conta geograficamente più vicina) non era semplice.

Secondo progetto ecco come sarà ristrutturato lo stadio entro il prossimo quadriennio

Si poteva pur fare ma con grande pazienza e solo dopo quattro ore abbondanti di viaggio! L’autostrada non era neanche nelle speranze (all’epoca iniziava a Rimini nord) e il capoluogo emiliano, pur il più vicino, raccontava pur sempre di una sorta di viaggio avventuroso.

Ricordo per filo e per segno la mia indelebile prima volta, domenica 23 febbraio 1969, regalo per i miei 11 anni.

Renato ORSOLINI, ascolano, unico calciatore marchigiano attualmente in rosa del Bologna

Partiti all’alba, con tutta la famiglia, a bordo della “Bianchina” nuova di zecca di papà (da cui ho ereditato questa meravigliosa passione); l’arrivo in centro città verso le 11 del mattino, la paura di mio padre per il traffico caotico di Bologna e poi… le due Torri, Piazza Maggiore… una aria di festa e di città che non avevo mai assaporato così intensa.

I bar, i locali, i ristoranti… tutti tappezzati da enormi bandieroni Rosso e Blu e ogni tanto, a scorrazzare per il centro storico, vocianti pullman stracarichi di tifosi juventini (Bologna e la Romagna purtroppo patiscono da sempre di questa malattia) visti comunque con un certo rispetto. Non per niente allora Bologna poteva vantare anche il pubblico calcistico più competente di Italia… l’unico stadio in cui un avversario, se capace di buone giocate, poteva godere degli applausi degli avversari!

Thijs DALLINGA, 24 anni, olandese, centravanti-bis del Bologna, a segno ieri sera in Champions.

I miei occhi di bambino, intanto, guardavano e assimilavano una realtà semplicemente fantastica. Come il nostro ingresso allo stadio, settore distinti, un paio di ore prima abbondanti, nonostante il posto numerato (un nudo gradone di cemento, anche stretto per un bambino).

Tutto era nuovo ed emozionante; a partire dal pubblico (ben oltre i 40.000 ufficiali), dalle curve colorate, dai cori delle opposte curve, dal verde accecante del manto erboso (pure questo il migliore di Italia) sino allo stile, inimitabile, dei giocatori in campo!

E infine l’urlo per i due gol. Più “cattivo”, autoritario, tipo padroni del giocattolo, quello di metà stadio juventino… decisamente ringhioso, liberatorio, trasudante passione quello per il pareggio Rosso-Blu.

In pieno gennaio, a torso nudo, i tifosi tedeschi del Borussia Dortmund, finalista Champions 2024

Tutto questo, ora, a distanza di 60 anni, sta magicamente ritornando, facendomi tornare bambino.

Grazie alla fortuna di essere capitati – dopo un ventennio di gestioni drammatiche che hanno portato il Bologna sino in Serie C, a giocare sul campetto, stile “Diana” di Palazzolo sull’Oglio (c’ero anche lì…) – nelle mani di un mecenate italo-canadese, Joey SAPUTO che dieci anni fa acquisì in B il Bologna profetizzando: “In 10 anni riporterò Bologna ai fasti che le sono storicamente consueti!”.

Promessa quasi mantenuta. A 100 anni dal primo Scudetto (1924-’25), ieri sera il Bologna ha conquistato, battendo 2-1 i vice campioni di Europa, la prima vittoria in Champions, festeggiata dal pubblico e dall’Italia calcistica come la vittoria della Coppa!

Tante parole ed emozioni per arrivare al dunque: ricordare quanto può essere bello tifare Bologna quasi in solitudine ma mai davvero soli.

Osimo ha avuto, nel tempo, molti tifosi illustri e molti altri anonimi, tutti ricompresi nella stessa passione verso una città, una cultura, un modo di vivere e tifare non imitabile.

A parte mio padre, già ricordato, come dimenticare “la bonarietà di tifosi come Biba” FIORANI e la bontà dei suoi splendidi gelati (per decenni autentica sciccheria per il palato), oppure del vice Sindaco Pasquale ROMAGNOLI (scopertosi inguaribile Rosso-Blu a causa di studio, frequentando l’università, altra eccellenza millenaria di Bologna) o il tifo a 360 gradi dell’avvocato Antonio OSIMANI e della sua famiglia (spesso presenti in tribuna) capace di incorniciare, come una reliquia da venerare, il biglietto di ingresso a Bologna-Juventus 3-0 del 29 novembre 1998, ultima vittoria casalinga, in campionato, sugli odiati “rubentini”.

Nei giorni che segnano il ritorno del Bologna nel gotha del Calcio, ci piace concludere con un dolce ricordo personale riguardante Bologna, il Bologna e mio padre.

Accadde di mercoledì per il recupero tra un Bologna in difficoltà economica e di classifica (società non in grado di onorare gli stipendi da mesi) e il Chievo. Era comunque un festivo, l’8 dicembre 2010

Mio padre Ennio, già scopertosi ammalato di cancro, aveva l’indomani fissato un delicato incontro al Sant’Orsola per definire meglio i contorni della malattia, purtroppo seria. E il fatto di rivolgersi a Bologna e alle sue strutture sanitarie la diceva già lunga sulla serietà del responso atteso.

Marco DI VAIO, oggi 48enne ds del BFC. Qui nel 2010 dopo il gol partita al 94* col Chievo

Decisi così di fargli un piccolo regalo organizzando due giorni a Bologna: uno piacevole, festivo, allo stadio e l’altro di dovere in ospedale dove andò come andò.

Hotel in super centro, sotto le Due Torri, ristorante di qualità e soprattutto la partita con i veronesi, tanto per cambiare delicata.

Il Bologna passò in vantaggio nel primo tempo e mantenne l’1-0 sino a pochi minuti dal termine quando il Chievo, accidenti, trovò un pareggio meritato ma vissuto ingiustamente.

Bene, minuto 93°, palla in angolo, ultima possibilità per il Bologna. Angolo calciato ai limiti dell’aria, triangolazione con DI VAIO e gol con marchio di fabbrica all’ultimissimo tuffo: 2-1.

Lo stadio esplose di gioia. Io credetti di scappare in avanti, urlando…. In realtà  mi ritrovai ad abbracciare mio padre, per la prima volta, come non mi era mai successo prima; e come mai più accadde negli ultimi due anni e mezzo vissuti da papà.

Grazie Bologna!

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