OMICIDIO PINCIAROLI
CHIESTI PER ANDREUCCI
18 ANNI DI CARCERE
Niente perizia psichiatrica ma sconto per il rito abbreviato. Il fantino agì per un debito di 3.000 euro
L’avrebbe ucciso con 15 fendenti di un coltellaccio lungo 30 centimetri, per non restituire un prestito di appena 3.000 euro. Soldi utilizzati per l’acquisto di droga e che ora potrebbero costargli 18 anni di carcere.
Rigettata dal giudice Paola Moscaroli la richiesta dei difensori di condizionare la sentenza all’esito di una perizia neuro psichiatrica atta a verificare le condizioni mentali al momento dei fatti.
La droga, dunque, secondo il Pubblico ministero Marco Pucilli, farebbe da sfondo al movente che il 21 maggio scorso ha armato la mano del fantino ascolano Valerio Andreucci, dipendente da appena tre mesi del veterinario Olindo Pinciaroli.
L’omicidio, che ha sempre e solo visto Andreucci tra i sospettati, si consumò casualmente ad Osimo, lungo la provinciale Chiaravallese, a pochi chilometri dall’ex Agrifan club di San Paterniano dove quella mattina la coppia era attesa per il possibile acquisto del maneggio.
Teatro del cruento crimine l’ambulanza veterinaria condotta dalla stessa vittima e uno spazio ombroso dove il veterinario aveva sostato il mezzo per fronteggiare meglio la discussione.
Offuscato dalla droga di cui il fantino aveva fatto uso anche la notte precedente, Andreucci si scagliò contro il datore di lavoro colpendolo a ripetizione sul posto di guida; riuscito poi, in qualche modo, a rotolare a terra per sfuggire alla furia del proprio assassino, il corpo di Pinciaroli, probabilmente già morto, subì anche l’ulteriore oltraggio di essere investito dal furgone.
Per unanime apprezzamento di chi lo conosceva, il veterinario maceratese Pinciaroli era una persona buona, innamorato della sua famiglia, della sua piccola bambina e del suo lavoro.
Per rispondere di questi è iniziato ieri, ad Ancona, il processo con rito abbreviato, ovvero con sconto di un terzo della pena, a carico di Valerio Andreucci, recluso a Montacuto dall’epoca dei fatti e presente in aula; imputato difeso dagli avvocati ascolani Massimino Luzi e Vittorio Palamenghi. Parti civili la vedova e le due sorelle di Pinciaroli.
L’udienza, iniziata alle 10.30, ha visto la requisitoria del Pubblico ministero con la richiesta di condanna a 18 anni, comprensiva del reato di calunnia quando, a caldo, il fantino – cercando di depistare le indagini – indicò un gruppo di banditi, capeggiati da un ignaro abruzzese responsabile dell’accaduto, gli autori dell’omicidio.
La difesa di Andreucci, definito in aula come consumatore abituale di sostanze stupefacenti, ha contestato il movente del prestito da restituire, accusa che obiettivamente fatica a stare in piedi in doppia considerazione del fatto che la cifra appare decisamente povera e soprattutto in forza del rapporto di lavoro in essere che garantiva, in ogni caso, Pinciaroli.
E’ più probabile che l’argomento, durante il tragitto in ambulanza veterinaria, possa aver costituito argomento di discussione e – viste le condizioni incontrollabili del ragazzo (sotto effetto di droga – abbia poi innescato il vortice di violenza.
Anche il fitto scambio di sms, la notte precedente, tra Andreucci e suoi amici, in cui si fa aperto riferimento a Pinciaroli, non rappresenterebbe per la difesa prova della chiara premeditazione imputata al fantino.
Decisione finale affidata al Gup Paola Moscaroli e attesa per il prossimo 12 aprile.